“Il cielo in una stanza”. A Serra de’ Conti uno spazio per over 65, dentro e fuori casa

“Ho visto mamma illuminarsi negli occhi e nell’anima”, la prima, meravigliosa testimonianza scritta che certifica la bellezza del progetto. “Il cielo in una stanza” è più di un luogo. È uno di quegli spazi che rendono una comunità più umana, più all’altezza di questa esigente parola. Da qualche settimana, nell’ex asilo di Serra de’ Conti, sono stati attivati “Interventi per over 65 dentro e fuori casa”: così recita la definizione ufficiale del progetto che ha messo insieme, coordinati dall’Ambito territoriale sociale 8, l’Unione dei Comuni ‘Le Terre della Marca senone”, il Comune di Serra de’ Conti, le cooperative sociali HMuta e Polo9.
Hanno cominciato in tre a frequentare queste stanze. Nel giro di qualche giorno sono arrivati a nove, il positivo passaparola ha funzionato e la gioia di poter assaporare ancora giorni pieni di vita ha preso il posto del timore che ogni novità comporta. Ed era arrivato il momento di presentarsi al pubblico.
Venerdì 6 giugno scorso c’è stata la presentazione ufficiale ed in tanti hanno visto da vicino di cosa si tratta, in un pomeriggio denso di testimonianze e contenuti. È orgoglioso il Sindaco Silvano Simonetti: “Una struttura non solo per Serra de’ Conti, ma per l’intero territorio, animata e impreziosita da diversi volontari che in questa nostra realtà fortunatamente non mancano e a cui va il nostro grazie più sentito”. Perché accanto a istituzioni e professionisti della cura ci sono loro, Auser, Anteas, Alzheimer senza paura, in una collaborazione costante e preziosa che garantisce al contempo professionalità e familiarità.
Giuseppina Campolucci , coordinatrice dell’Ambito territoriale sociale 8, parla con emozione di un “percorso di ascolto e condivisione per dare risposte adeguate alla vita delle persone. Per far sentire le famiglie meno sole, per gli operatori la possibilità di individuare i servizi più adatti alle persone. L’amministrazione comunale ha messo a disposizione questo spazio e grazie ad un finanziamento di Fondazione ‘Cariverona’ di 290mila euro siamo qui a presentare questo servizio”. Gli interventi si susseguono, uno dietro l’altro; stavolta tocca a Massimo Mazzieri – Direttore del distretto sanitario di Senigallia: “Non dobbiamo occuparci soltanto di malattie, ma attivarci per affrontare la solitudine degli anziani, sempre più presente anche a causa della composizione delle famiglie, a volte con una sola persona. Questo spazio dà l’opportunità di poter entrare in contatto con altre persone, si vince anche così il rischio del sentirsi soli”.
C’è davvero il cielo dentro queste stanze, tanto sono articolati i percorsi ed i servizi ospitati. Emanuela Brocanelli, vicepresidente della Cooperativa sociale HMuta, li presenta cominciando dall’elemento più innovativo: la tecnologia! La domotica, internet delle cose, le tante possibilità del digitale fanno sempre di più la loro parte nel garantire sicurezza e salute. E sarà uno sportello Cad – Centro adattamento domestico, a collegare vari soggetti, fornire informazioni e programmare sopralluoghi nelle abitazioni per garantire il più possibile la permanenza a casa delle persone. Poi saranno i professionisti di “Tech 4 care” ad installare e monitorare i sorprendenti ‘aggeggi’ che rendono la quotidianità più serena. Fino al 31 dicembre 2026 saranno coinvolte 40 famiglie, attualmente hanno aderito 10 nuclei familiari.
Polo9 da tempo si occupa di anziani e demenze. Oltre trent’anni di formazione, sperimentazioni e progetti, iniziati con la ‘Progetto solidarietà’ e poi confluiti nella nuova cooperativa, che hanno fatto toccare con mano a tanti operatori la bellezza e la soddisfazione di lavorare con le persone rese fragili dalla demenza. Anna Gobbetti, vicepresidente di Polo9, non ha dubbi: “Vivere momenti di benessere, nella demenza, è fondamentale perché come dice un bellissimo motto a cui ci siamo sempre ispirati ‘preso sotto braccio l’Alzheimer fa meno paura’. Le persone malate sono adulte, devono essere messe in grado di poter scegliere ciò che possono e hanno voglia di fare. Ci concentriamo su ciò che non è perduto, non è vero che l’Alzheimer toglie tutto e quanto rimane è una risorsa preziosissima dalla quale partire ogni giorno”. Mentre parla, scorrono le immagini delle tante attività di animazione: giardinaggio, gioco a carte, disegno, quattro chiacchiere rese più gustose da una merenda condivisa. L’esperienza del Caffè Alzheimer di Senigallia è un notevole bagaglio a cui attingere e anche a Serra de’ Conti saranno garantite due giornate dedicate a questa socialità.
“A domande complesse bisogna dare risposte integrali”. Maurizio Mandolini, esperto in progettazione sociale, restituisce il quadro completo e articolato di un progetto del genere, finalizzato a garantire un welfare di prossimità. Vale a dire, più è corta la distanza tra bisogni e risposte, meglio è. E più è chiara la proposta, meglio stiamo. “I servizi sono poco conosciuti dai cittadini e dagli operatori – dice Mandolini – e in questo dobbiamo fare un’autocritica”. Entra nel tecnico, ma in realtà chiunque abbia avuto bisogno di aiuto, si rende conto della frammentazione dei servizi e della fatica di sapere come arrivarci, divisi tra sistema sociale, sanitario e socio sanitario. “I cittadini vi arrivano in modo diverso, invece l’accesso deve essere universalistico e più semplice possibile. In questo territorio è stato creato un punto unico di accesso, dove sanità e sociale sono insieme per accogliere la cittadinanza e reindirizzarla nei percorsi necessari. Per ora è solo a Senigallia, a breve saranno attivati in tutti i comuni dell’ambito”.

Fabio Izzicupo – Dirigente psicologo centro disturbi cognitivi e demenze – snocciola numeri per niente rassicuranti sull’impatto delle demenze: circ a il 10% della popolazione italiana, in un modo o nell’altro, è toccato da patologie cognitive e demenziali. “Nei nostri comuni sono circa 1400 le persone affette da demenza, ogni anno 243 nuove persone si ammalano”. E questo quadro sollecita monitoraggi, risposte, capacità innovativa per farvi fronte, in un mix sapiente di servizi, strutture, professionalità e risorse.
Arriva da Bologna il prof. Rabih Chattat. Ordinario del Dipartimento di Psicologia dell’invecchiamento, arricchisce il pomeriggio serrano con la sua profonda conoscenza del tema che lo ha fatto diventare un punto di riferimento fondamentale per quanti si occupano di invecchiamento. Insiste sul termine ‘comunità’, che preferisce al più neutro e tecnico ‘rete’: “Oggi potremmo ridurre il rischio di demenza del 45% circa, ma ci vuole una comunità per invecchiare bene. Salute fisica, cura della connettività, uso corretto del cervello (che incide tanto sulla aspettativa di vita) e relazioni sociali: il biologico e il sociale interagiscono, in un concetto di circolarità della persona”. L’essere umano è fatto di tante componenti, dice Chattat e spezzettarle non aiuta. Inoltre la tanto desiderata longevità dipende anche dall’idea che abbiamo della stessa vecchiaia. “Come la vediamo? Come la raccontiamo? La percezione soggettiva può fare la differenza sul benessere. Basta con il considerarla un problema! Può essere una risorsa, occorre cambiarne la narrazione. Ed i servizi devono proporre un buon bilanciamento tra ciò che viene offerto e ciò che viene richiesto”. In poche parole, l’ascolto delle esigenze vere della persone non può mai prescindere dai servizi ad essa destinati, non esistono risposte a taglia unica.
Per il professore, inoltre, nelle demenze ci viene più facile focalizzarci sulle mancanze anziché continuare a scommettere sulle possibilità da mettere in gioco: “Guardiamo le capacità piuttosto che le mancanze. Qual è l’esperienza della persona con demenza? Chi è stata, chi può continuare ad essere? Il nostro ruolo è comprendere qual è la difficoltà da affrontare e organizzare, pianificare una giornata o un’attività che può farla sentire utile. Quindi non tanto un servizio, ma un contesto nel quale saper leggere ogni persona e rispondere alle sue esigenze pecualiari. Si tratta di proporre attività che abbiano un significato e significanti. Non tutto va bene e a tutti. La demenza toglie, è vero, ma lascia vivere delle parti di noi, quelle più originali, dalle quali non si può prescindere”. E proprio su quelle occorre puntare, insieme ad un’attenzione costante alle famiglie, a rischio anch’esse in questo tipo di patologie: “La famiglia ha una duplice situazione da affrontare: la persona amata sta male, sta cambiando; ma cambia anche il familiare che ‘perde’ la persona così come l’aveva conosciuta e questo è fortemente stressante”. Ecco perché è importante offrire conoscenza, risorse per capire cosa sta succedendo. “C’è bisogno di accudire la competenza del prendersi cura. Occorre farlo prima che i familiari si esauriscano o che sovrappongano completamente la loro identità al solo prendersi cura”.
Bruno Massi, già sindaco di Serra de’ Conti, persona impegnata politicamente e socialmente in più fronti, prende la parola per chiudere l’evento. In questa occasione parla in veste di presidente dell’associazione alzheimer senza paura, nata anni fa a Senigallia per far sentire meno soli i familiari delle persone ammalate: “Spesso si fa fatica ad avere punti di riferimento in queste situazioni di fragilità; spesso si vive ancora con vergogna la demenza. Un progetto così continua invece a farci sperare, a farci sentire comunità”.

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