Disturbi alimentari, riflessi corporei di un disagio interiore – INTERVISTA

Il 15 marzo è una giornata importante, dedicata alla sensibilizzazione sui disturbi alimentari. In Italia è conosciuta anche come la “Giornata del Fiocchetto Lilla”, ed è stata istituita nel 2012 su stimolo di Stefano Tavilla, un padre che proprio il 15 marzo perse la figlia Giulia a causa della bulimia. La scelta del lilla, simbolo di questa lotta, è dovuta all’unione tra il colore blu che rappresenta la calma e il rosso della vitalità, riflettendo la complessità di questi disturbi che spesso nascondono una sofferenza interiore dietro un’apparente normalità.
Ne abbiamo parlato con la dottoressa Anna Maria Cester del centro Mosaico di Ancona. L’intervista, in onda sabato 15 marzo alle 13:10 e alle 20 e in replica domenica 16 a partire dalle ore 16:50 (il terzo di tre contributi audio molto interessanti), è disponibile in formato audio anche cliccando sul tasto play o riproduci del lettore multimediale che accompagna questo articolo.

Ma quali sono questi disturbi alimentari? Sicuramente tra i più noti troviamo l’anoressia e la bulimia, ma da anni ormai si sente parlare anche del binge eating (abbuffate incontrollate). A questi si aggiungono l’ortoressia (cioè l’ossessione per il cibo sano), la vigoressia (la sensazione di essere troppo giù di tono, il che porta a un costante sforzo per metter su massa muscolare) e la drunkoressia (la sostituzione del cibo con l’alcol). Sono patologie in aumento, soprattutto tra i giovani, e l’età media si sta abbassando sempre di più. Problematiche col cibo, ma ovviamente diverse rispetto all’età adolescenziale, si riscontrano anche nei bambini piccoli.
I disturbi legati all’alimentazione possono avere gravi conseguenze sulla salute fisica e mentale. Motivo per cui è fondamentale riconoscerne i segnali, che a volte partono dal corpo ma hanno origine nella psiche. Segnali spesso nascosti sotto traccia, altre volte più evidenti: la sfida per gli adulti e per i genitori è quella di affrontarli innanzitutto con empatia e consapevolezza verso chi è vittima di questi disturbi. In secondo luogo rivolgersi ai centri che applicano approcci multidisciplinari, coinvolgendo diverse figure professionali, come psicologi, psichiatri, pediatri e nutrizionisti.
Secondo l’esperta, i disturbi alimentari sono come una forma di comunicazione del disagio interiore. Nei bambini piccoli, attraverso il rifiuto del cibo o dello svezzamento, possono esprimere disagi relazionali o familiari. Nell’adolescenza, il corpo diventa un mezzo per esprimere sofferenze interiori, e per questo è fondamentale un approccio che sappia interpretare questi segnali.
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