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Lotta contro il cancro, intervista alla prof.ssa Rossana Berardi: «Con la prevenzione possiamo fare molto di più per la nostra salute»

Rossana Berardi

Si è celebrata recentemente la giornata mondiale per la lotta contro il cancro, che cade ogni anno il 4 febbraio. Un appuntamento per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della prevenzione ma anche per aggiornare su quelli che sono i passi in avanti più promettenti che la ricerca scientifica sta compiendo. Sono migliaia infatti le diagnosi tumorali che vengono certificate ogni giorno nella sola Italia, un dato spaventoso che però dev’essere accompagnato alcune buone notizie. Ne abbiamo bisogno. E a raccontarcele abbiamo chiamato la professoressa di Senigallia Rossana Berardi. Docente di oncologia all’Università Politecnica delle Marche, è direttrice della Clinica Oncologica e della Scuola di Specializzazione in Oncologia Medica e del Centro Regionale di Genetica Oncologica presso l’azienda ospedaliero universitaria delle Marche, ed è anche presidente di Women for Oncology, così come nel direttivo di altre associazioni che si occupano di oncologia in tutta Italia. L’intervista è andata in onda su Radio Duomo Senigallia nei giorni scorsi, ma l’audio è disponibile in questo articolo cliccando il tasto “riproduci” del lettore multimediale assieme alla sua trascrizione integrale.

Quali sono le patologie più diffuse nel nostro territorio.
Non abbiamo dati così solidi per poter dire se nella nostra regione ci siano delle patologie differenti rispetto alle altre regioni, le differenze sono sfumate, i registri tumori sono aggiornati ad alcuni anni fa. Quello che sappiamo oggi è che la nostra regione sostanzialmente riflette il dato epidemiologico nazionale e che globalmente mille sono le nuove diagnose di cancro in Italia al giorno. È un numero piuttosto alto, corrisponde a circa 390 mila nuovi casi. Sono dati sostanzialmente stabili negli ultimi anni, forse lieve incremento per alcune patologie, lieve riduzione per altre. C’è da dire però che quello che è importante l’oncologia al di là della diagnosi è anche lo stadio della diagnosi, cioè l’estensione della malattia, perché se riuscissimo a diagnosticare precocemente le malattie – è vero che chi più cerca trova, quindi facendo lo screening magari è più facile trovare – fare una diagnosi di malattia, ma la si può fare ad uno stadio più precoce con un obiettivo importante che è quello della guarigione delle persone.

Queste diagnosi derivano soprattutto dagli screening quando c’è un segnale che ci allarma…
Sì, molto spesso noi arriviamo alla diagnosi quando c’è un segno o un sintomo che fanno porre un sospetto di malattia e a quel punto facciamo quello che viene definito l’approfondimento diagnostico, quindi degli esami strumentali, degli esami di laboratorio che poi alla fine ci portano a fare una biopsia che è quella che conferma la diagnosi oncologica. Questo perché lo screening, ovvero la diagnosi precoce nella persona apparentemente sana, nel senso che non presenta sintomi e segni, in realtà è praticabile solo per alcune patologie. Ad oggi sappiamo che abbiamo tre/quattro programmi di screening: la mammografia, la ricerca del sangue occulto nelle feci per il tumore del colon retto negli uomini e nelle donne, il PAP test, la ricerca del papillomavirus nelle donne per i tumori della cerdice uterina e il nuovo programma che non è un vero e proprio screening, ma è un programma che ci permette di fare diagnosi precoci del tumore del polmone, che è la tac nei pazienti fumatori o ex forti fumatori che si vogliano sottoporre a questo monitoraggio.

Ancora la prevenzione non è sufficientemente praticata?
Senz’altro possiamo fare molto di più, sia in termini di prevenzione primaria, che è di fatto la riduzione dei fattori di rischio, quindi la modifica di quelli che possono essere stili di vita a rischio, la possibilità anche di vaccinarci per il papillomavirus, queste sono tutte forme di prevenzione primaria. Poi abbiamo la prevenzione secondaria che è lo screening propriamente detto e in questo certamente c’è da fare molto di più. I dati ci dicono che la mammografia è quello più praticato tra i vari screening disponibili, ma abbiamo percentuali di adesione allo screening che oscillano da poco più del 60 per cento al nord, con un gradiente che scende fino a poco più del 30 per cento al sud, con il centro che si attesta a valori intermedi. E lo stesso dica anche per gli altri programmi di screening disponibili, quindi indubbiamente potremmo davvero fare molto di più per la nostra salute.

Queste sono le tipologie di malattia che si verificano con più frequenza?
Queste sono tra le malattie che si verificano con più frequenza, noi sappiamo effettivamente che il tumore al seno, il tumore al colon, il tumore del polmone per cui esiste questo programma – che si chiama appunto RISP della rete italiana screening polmonare – effettivamente sono tra le patologie più frequenti. Abbiamo altre patologie però analogamente frequenti per esempio nell’uomo, il tumore della prostata e ovviamente poi ci sono patologie a minore frequenza ma comunque ad alta incidenza lo stesso, però per le quali non esistono programmi di screening codificati perché non ci sono esami che ci permettono effettivamente di fare una diagnosi precoce che abbia come obiettivo quello della riduzione della mortalità, che è l’obiettivo primario dello screening, cioè aiutare le persone appunto a non morire di quella patologia ma casomai a guarire o non ammalarsi addirittura.

Tra i dati positivi sulle diagnosi, c’è un tasso di mortalità inferiore rispetto agli anni precedenti per quanto riguarda le persone di giovani o di mezza età, ci può confermare che c’è una tendenza positiva in questo senso?
Sì, lo possiamo assolutamente confermare e più globalmente possiamo confermare che c’è un’aspettativa di vita di gran lunga superiore oggi rispetto già a pochi anni fa. Oggi le persone che vivono dopo una diagnosi di cancro, sono guarite o ne convivono con la malattia, sono oltre 3 milioni e 600 mila in Italia e consideriamo che erano 2 milioni e 440 mila appena 15-20 anni fa, ciò significa che davvero in poco tempo c’è stato un grande progresso ma certamente ancora di più e di meglio si può fare tenendo conto che molto possiamo agire in prevenzione, ma molto possiamo agire anche con una visione un pochino più olistica che è quella che noi chiamiamo della “One Health”, della salute globale che crea un’interconnessione, una maggiore consapevolezza di quanto l’ambito oncologico ,ma l’ambito della salute dell’uomo più in generale, sia connesso con l’ambiente in cui viviamo e il mondo animale con cui ci relazioniamo.

Cioè ci sono dei fattori ambientali di rischio importanti per la salute umana?
Assolutamente sì, in senso generale ma anche nello specifico dell’oncologia. Ne cito uno su tutti, per esempio abbiamo dati molto recenti pubblicati un paio di anni fa su una grande statistica di oltre 300 mila persone osservate in nove diverse nazioni che dimostrano che le polveri sottili aumentano il rischio di esorgenza di tumore polmonare nelle persone non fumatrici. Questo è un dato che per la prima volta è stato dimostrato ed è un dato estremamente importante: va da sé che l’ambiente impatta sulla nostra salute. Ci sono anche dati emergenti ma questi ancora in preclinica, quindi non ancora nell’uomo sono stati dimostrati ma nelle linee cellulari in particolare da tumore del colon retto rispetto alle microplastiche e le nanoplastiche, quindi è evidente che anche il nostro comportamento nei confronti dell’ambiente può rappresentare un’ulteriore forma di prevenzione.

Ci si riflette contro praticamente quello che noi apportiamo, i danni che apportiamo all’ambiente.
Sì, letta in questa chiave assolutamente sì, ma letta in senso contrario potremmo cercare di limitare ecco quello che può essere l’inquinamento ambientale e questo favorirebbe una maggiore probabilità di non ammalarsi.

Parlava prima di stili di vita: nel senso che alcune alcuni nostri comportamenti poi pregiudicano il nostro stato di salute.
Sì oggi potremmo dare anche dei numeri che sono un pochino diversi dal passato: prima avevamo la formula 0-5-30 oggi la formula è diventata 0-5-45 in cui 0 sta a rappresentare no alcol, no fumo possibilmente dieta a chilometri 0; 5 sta ad indicare le porzioni di frutta o verdura al giorno; 45 i minuti di attività fisica cui dovremmo tendere giornalmente. Erano 30 fino a pochi anni fa, oggi le linee guida ci dicono che dobbiamo effettivamente praticare attività fisica da 150 possibilmente fino a 300 minuti a settimana. In aggiunta a questa formula, diciamo magica, ci deve essere un’attenzione alla famiglia, un’attenzione al nucleo familiare inteso come anche albero genealogico. Se abbiamo una famiglia particolarmente colpita da patologie oncologiche, va discussa la situazione con il medico curante e se occorre anche va effettuata una consulenza genetica perché il caso di Bianca Balti e il caso di Angelina Jolie ci insegnano come sia importante identificare quelle sindrome eredo-familiari che possono esporre la persona ad un maggior rischio di sviluppare tumore e in queste famiglie, in queste persone davvero possiamo fare una prevenzione ancora più importante.

Ci sono degli studi come dire particolarmente promettenti che possano in qualche modo infondere un pochino più di fiducia nelle persone colpite da diagnosi tumorale?
Certamente, oggi abbiamo terapie talmente innovative che sono realtà penso ai farmaci intelligenti a bersaglio biomolecolare, tanto è vero che non si parla neanche più di oncologia in senso generale ma di oncologia di precisione o addirittura di oncologia mutazionale. Noi andiamo a identificare quelle mutazioni presenti nei geni espressi dai tumori che rappresentano un bersaglio terapeutico e usiamo un farmaco mirato contro quel bersaglio. Abbiamo anche l’immunoterapia che è già una realtà e che va a riattivare il sistema immunitario che è compromesso nei pazienti oncologici per reagire contro la malattia; e la realtà che sta diventando presente futuro, per cui ci sono studi che stanno uscendo continuamente nelle diverse patologie, è quella degli anticorpi farmaco-coniugati, ovvero farmaci che uniscono la vecchia tecnologia della chemioterapia alla nuova tecnologia degli anticorpi monoclonali che quindi arrivano direttamente alle cellule tumorali e iniettano il chemioterapico attraverso il farmaco intelligente al farmaco a bersaglio biomolecolare e iniettano la vecchia chemioterapia all’interno, in maniera mirata, delle cellule tumorali. All’orizzonte abbiamo anche terapie con vaccini per alcuni tipi di tumore che sono ancora in fase di studio ma avanzata, per cui è possibile che tra qualche anno lo scenario sia ancora più incoraggiante di quello che è già diciamo uno scenario importante in termini di ricerca ma anche di pratica clinica oggi.

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