Il papa da rileggere: breve viaggio nelle parole di un pontificato senza confini

I gesti sono importanti, tanto. Ma anche le parole, perché creano storia, pensiero, suggeriscono conversioni e danno solide basi a scelte faticose. Papa Francesco ci ha proposto quattro encicliche (Lumen Fidei, Laudato sì, Fratelli tutti, Dilexit nos) e sette esortazioni apostoliche (Evangelii gaudium, Amoris Laetitia, Gaudete et Exsultate, Christus vivit, Querida Amazonia, Laudate Deum, C’est la confiance), un unico magistero che ha come filo rosso l’annuncio gioioso del Vangelo al mondo, con “parresia” e senza fuggire nessuna delle sue sfide: dalla secolarizzazione alla globalizzazione dell’indifferenza, dalla “cultura dello scarto” alle “colonizzazioni ideologiche”, dalla “terza guerra mondiale a pezzi” ai conflitti tra le religioni. In dodici anni di pontificato ha tracciato un percorso che, fin dall’Evangelii gaudium, il suo documento programmatico – che ogni diocesi dovrebbe ritirare fuori dai polverosi scaffali, dimenticata troppo in fretta – proprio per di “avviare processi, più che occupare spazi”, nell’ottica di una “Chiesa in uscita” raffigurata come “ospedale da campo” per le ferite, grandi e piccole, dei viandanti che incrociamo per strada.
Altro tema centrale del magistero di Bergoglio, quello della cura e del rispetto per il creato, oggetto della sua seconda enciclica, Laudato sì, che ha suscitato vasta eco anche in ambito non cattolico e ha lanciato un grido d’allarme – in anticipo rispetto alle agende delle organizzazioni internazionali e dei governi, anche perché stiamo assistendo a tutti i livelli ad una pericolosa inversione di marcia – su temi scottanti per la stessa sopravvivenza dell’uomo sul pianeta, come l’emergenza climatica e il riscaldamento globale, trattati poi nell’esortazione apostolica dedicata all’Amazzonia. Temi, questi, rilanciati nell’esortazione apostolica “Laudate deum”, dopo i fallimenti degli Accordi di Parigi e l’’immobilismo indifferente della comunità internazionale nei riguardi di un questione, il cambiamento.
Nella sua terza enciclica, Fratelli tutti, firmata ad Assisi, Papa Francesco propone la terapia della fraternità ad un mondo malato, mentre c’era il Covid, dimenticato in fretta anche questo: tra le richieste, una “governance globale” per le migrazioni, tema portante del pontificato, per affrontare il quale fin dai suoi primi documenti magisteriali aveva indicato un percorso molto esigente, formulata attraverso quattro verbi da declinare: “accogliere, proteggere, promuovere e integrare”. In quella dedicata alla famiglia, Amoris Laetitia, il Papa raccoglie invece i frutti del Sinodo indetto in due tempi su questo tema, preceduto da una consultazione che ha reso protagonista tutte le Chiese locali. “La società mondiale stia perdendo il cuore”, l’affermazione centrale della sua ultima enciclica, “Dilexit nos“.
Una “Magna Charta” della pastorale giovanile, esortata a cambiare – insieme alla Chiesa – partendo dalle critiche dei giovani, per diventare, da ora in poi, “pastorale giovanile popolare”. È Christus vivit, esortazione rivolta ai giovani a conclusione del Sinodo a loro dedicato. “La gioventù non esiste, esistono i giovani”, il punto di partenza per affrontare questioni come gli abusi, le migrazioni, la sessualità, la questione femminile, i pericoli della Rete, la famiglia, il lavoro. “Non aver paura” della “santità della porta accanto”, l’imperativo che fa da sfondo alla terza esortazione apostolica di Papa Francesco: i santi non sono solo quelli già beatificati e canonizzati, ma il “popolo” di Dio, cioè ognuno di noi, chiamato a vivere la santità come un itinerario fatto di “piccoli gesti” quotidiani. E alla “piccola via” di Santa Teresa di Lisieux, una delle sante più conosciute in tutto il mondo, dichiarata Dottore della Chiesa da San Giovanni Paolo II nel 1997, è dedicata l’esortazione apostolica “C’est la confiance”. La fiducia in Dio e nell’umanità più bella di cui abbiamo tutti un gran bisogno.
a cura di Laura Mandolini
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