Bolkestein, con l’estate è resa dei conti per il sistema balneare italiano – INTERVISTA AUDIO

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A sinistra Mauro Mandolini, presidente interprovinciale di Confartigianato Imprese Demaniali; a destra, il presidente nazionale Mauro Vanni
A sinistra Mauro Mandolini, presidente interprovinciale di Confartigianato Imprese Demaniali; a destra, il presidente nazionale Mauro Vanni

Sarà un’estate come le altre per quanto riguarda il settore turistico-balneare, con la solita spada di Damocle rappresentata dalla Bolkestein a limitare gli investimenti degli operatori e degli imprenditori. Anche rinnovare il parco ombrelloni o i lettini è un passo che in pochi sono disposti a compiere non sapendo ancora le reali condizioni sugli indennizzi di cui da tempo si parla ma sui quali ancora c’è incertezza. E senza garanzie di rientro, i soldi non vengono spesi se non per il minimo indispensabile. Questa la situazione nelle Marche, a detta del presidente interprovinciale Confartigianato Imprese Demaniali Mauro Mandolini, che non si limita a descrivere le preoccupazioni di titolari e gestori degli stabilimenti balneari o degli imprenditori che operano sul demanio pubblico (che può essere anche lungo i fiumi o laghi), ma lancia un appello a che ci sia chiarezza e parità di condizioni per tutti.

Da quanto tempo va avanti la discussione?
E’ dal 2006 che sono partiti i termini della direttiva Bolkestein, poi confermata nel 2009 e da lì a oggi siamo andati avanti a suon di proroghe. Adesso c’è un po’ una resa dei conti per la sentenza del Consiglio di Stato del 2022 che induceva i comuni a mettere mano alle evidenze pubbliche entro il 2023. Ora attendiamo che governo e commissione europea discutano sulla mappatura presentata per comprendere che non c’è la scarsità del bene, motivo per cui non servirebbe l’applicazione della Bolkestein.

Ma cosa prevede esattamente la direttiva Ue?
Che i beni demaniali non vengano assegnati in maniera automatica, ma abbiano una scadenza. 

E quindi? 
Serve l’evidenza pubblica per i beni che vengono dati in concessione e per i quali sussista la scarsità del bene, ovvero l’accesso sia limitato.

Come sono messe le imprese italiane?
Le imprese sono innanzitutto nate decenni fa, dopo aver visto le potenzialità del settore turistico balneare. Si è data importanza a queste attività fino a spronare gli imprenditori anche ad innovare i servizi offerti. Ormai siamo una tipicità Made in Italy ma non tutti sembrano averlo capito concretamente. Eppure è un sistema che va difeso proprio perché apprezzato in tutto il mondo.

Che rischi corre il sistema nostrano?
E’ il suolo demaniale che deve andare a evidenza pubblica, ciò che vi insiste sopra è l’impresa nostra. E noi chiediamo che rimanga lì dove è nata, non si possono delocalizzare. Anche perché grazie al nostro lavoro si è creato un valore in quel territorio lì, sono nate le località turistiche, sono arrivati gli alberghi e altre imprese, posti di lavoro. Quindi le nostre aziende hanno un valore commerciale che dev’essere riconosciuto, senza contare il fatto che tutti noi abbiamo investito il nostro futuro, i nostri beni e rischiamo di non rientrare degli investimenti fatti.

E adesso?
In attesa che si risolva la questione della mappatura sui beni demaniali fruibili e concessionabili, noi chiediamo che ci sia chiarezza sulle norme che devono valere per tutti a pari condizioni e certezza del rientro degli investimenti per i quali molti di noi hanno ipotecato i propri beni e averi. Siamo al momento in balìa delle onde in mezzo al mare, con una zattera che sta perdendo. Una totale incertezza, non sostenibile per una qualsiasi impresa.

Coon che spirito si affronta la stagione 2024?
Siamo delusi e stanchi perché non c’è una visione del futuro, nemmeno per il 2025 e 2026. Non sappiamo cosa ci aspetta. Le uniche certezze sono il nostro valore, la consapevolezza che il nostro lavoro ha portato benefici al territorio, la nostra importanza, accoglienza e tipicità. E le porteremo in ogni tavolo di discussione.

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