Cambiamenti climatici, rincari e pandemia: la crisi delle imprese agricole

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Inflazione, difficoltà determinate dalla pandemia, storture storiche dell’agro alimentare che, adesso, fanno sentire tutti i loro effetti negativi. A fare il punto sulla situazione, tra gli altri, ci hanno pensato i coltivatori diretti e, prima ancora, l’Istat. Secondo l’istituto di statistica, il prezzo al dettaglio della pasta è cresciuto del 10,8%: è il segnale più chiaro delle difficoltà di un mercato che interessa tutti. Dall’altro capo della filiera, quello della produzione, già da qualche settimana si sono registrati aumenti da capogiro dei prezzi dell’energia, del gasolio, di altre materie prime come i concimi.

Costi in salita che gli agricoltori ben difficilmente possono riversare sul resto della catena alimentare e che, invece, industria e distribuzione almeno in parte possono “girare” sui consumatori finali. Coldiretti parla di una “classifica che è il risultato dal mix esplosivo del rincaro dei costi energetici e dei cambiamenti climatici che impattano sull’offerta di un bene essenziale come il cibo sul quale con la pandemia da Covid si è aperto uno scenario di accaparramenti, speculazioni e incertezza che deve spingere il Paese a difendere la propria sovranità alimentare”.

Proprio sull’agricoltura e sull’agroalimentare, infatti, la crescita dei costi pare colpire con forza. E non basta ancora, perché accanto a tutto questo continuano ad esserci gli effetti delle condizioni strutturali della produzione agricola fatta, nella gran parte dei casi, in “fabbriche a cielo aperto” quali sono le imprese agricole. È un tema noto, che, tuttavia, non passa mai di attualità. I tecnici parlano di “vulnerabilità” del comparto. E hanno ragione. Gli andamenti climatici anomali hanno tagliato i raccolti con crolli che vanno dal 25% per il riso al 10 % per il grano, dal 15% per la frutta al 9% per il vino provocando danni per oltre 2 miliardi di euro nel 2021…

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