Tornare a Camporege per festeggiare i 50 anni dei campiscuola dell’Acr di Senigallia

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Si torna volentieri a Camporege. Qui, alle porte di Fabriano e ad un passo dai sentieri che fanno godere della bellezza del nostro Appennino, da cinquant’anni migliaia di ragazze e ragazzi hanno vissuto giorni originali, impegnativi e pieni di sorprese. L’Acr – Azione cattolica dei ragazzi – diocesana aveva intuito tutto il valore di esperienze forti come può esserlo un camposcuola e su impulso del vescovo diocesano di allora, Odo Fusi – Pecci, si mise alla ricerca di una struttura capace di contenere tutta questa vivacità e scommessa educativa. Con Camporege, l’Acr fece ‘bingo’: vicina, ma non troppo, a Senigallia, capiente, circondata di verde, ad un passo da tanti luoghi verdi tutti da scoprire. E fino allo scorso agosto, continuano ad essere in tanti a decidere di passare qualche giorno in questo luogo, anche mezzo secolo dall’inizio, che più o meno significa vivere quasi in un altro pianeta.  

Una domenica di sole, lo scorso 17 settembre, ha richiamato i ragazzi e le ragazze di allora per festeggiare come si deve questo traguardo. Tanti con passeggini e biberon al seguito, più di un capello bianco in testa per altri, ma tutti emozionati nel calpestare di nuovo quel prato, rivedere la cameretta delle confidenze e della fatica nel prendere sonno, troppe le cose da raccontarsi. E la chiesina dei deserti belli e impegnativi, il refettorio del ‘guai a sprecare il cibo’ e della minestra serale, così sconosciuta a casa, prima guardata con sospetto, poi gustata allegramente. Camporege emoziona ancora, perché ha accolto talmente tanta vita, tanto impegno educativo, tanta spiritualità a misura di più piccoli che sì, fa venire una gran nostalgia. Non quella piagnucolosa di chi si ostina a dire ‘era meglio prima’, ma quella di chi ha toccato con mano che era – ed è – possibile fare alleanza educativa, mettersi a fianco dei più piccoli, accogliere ed accompagnare le loro vite. Avevamo – e ancora di più oggi – abbiamo un gran bisogno di adulti sensati, di una chiesa che parla la lingua delle persone in carne ed ossa, che non ha paura di proporre traguardi impegnativi e che se la smette o di voler piacere a tutti abbassando il tiro o per paura, di ritirarsi sicura nel piccolo gregge. Il Vangelo continua ad avere una carica liberatoria unica, tutto sta – si fa per dire – ad ascoltarlo sul serio, per poi non stancarsi di provare a viverlo autenticamente.

Nella Messa che ha concluso una colorata e partecipata giornata, vescovo Franco e assistenti diocesani (don Gesualdo Purziani, iniziatore dell’Acr e dei campiscuola e per tanti anni assistente unitario, don Andrea Franceschini, assistente unitario attuale, don Mauro Mattioli, assistente del settore Adulti, don Paolo Montesi, per tanti anni assistente diocesano Acr, don Francesco Savini, attuale vicario diocesano per la Pastorale e per tanti anni assistente diocesano dei Giovani di Ac) hanno raccolto il grazie corale, rilanciato con forza dal Presidente diocesano, Mattia Rossi Magi, dalla vicepresidente Adulti, Silvana Pellegrini. C’erano anche Ilaria Giancamilli, responsabile diocesana Acr, Alice Luzi, viceresponsabile Acr e Alessandro Minucci vicepresidente diocesano del settore Giovani, insieme ad alcuni consiglieri diocesani, tutti consapevoli che tanti percorsi ed esperienze hanno trovato casa proprio lì e contemporaneamente hanno nutrito un modo vivace e significativo dell’essere chiesa, una volta tornati a casa.

50 anni di Camporege, la casa in cui ragazze, ragazzi, educatori ed educatrici, preti, cuoche e cuochi, nel volontariato più autentico, hanno testimoniato che vale la pena mettersi in gioco perché, come hanno cantato a squarciagola nel canto finale della Messa, ‘Insieme c’è più festa’.

Laura Mandolini

Pe le fotografie, si ringrazia Daniele Cristiano.

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