Incontri per il Sinodo, bolle di ossigeno per sognare la Chiesa

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Facciata della chiesa del Portone

Laici che si mettono in gioco per il Sinodo. Tra questi, Lucia Liotti, dell’Unità pastorale ‘Buon Pastore’ di Senigallia che abbiamo raggiunto per farci raccontare come questa grande mobilitazione ecclesiale raggiunge anche le nostre realtà.

Come si vive nella vostra Unità pastorale il Sinodo, come è stata accolta questa proposta che mobilita ‘dal basso’ la chiesa?

Siamo tutti dentro un tempo nuovo, imprevedibile solo qualche anno fa, un tempo di fratture e di desideri. Ognuno è arrivato qui a modo suo, portando le proprie perdite e le proprie urgenze. Vivere il Sinodo proprio ora è restare svegli insieme, è con-vivere uno vicino all’altro cercando nuove parole, nuovi occhi, nuove mani aderenti a questa realtà. Siamo da sempre abituati ad accogliere proposte già pronte, meravigliose nei dettagli, da vestire in taglia unica nelle nostre realtà parrocchiali. Questo non era sbagliato, ha funzionato per tanto tempo, ma non ora, non più. Dal “basso” si riparte perchè dal basso è nata la Chiesa, dal fondo del cuore di gente comune che ha incontrato Gesù ed ha raccontato che la vita, dopo, non può rimanere uguale. Nella nostra Unità Pastorale l’invito è stato semplice e concreto: cinque incontri in gruppi di 8 – 10 persone, piccole bolle di ossigeno per sognare la Chiesa, per partire almeno una volta da quello che funziona e non dall’elenco delle mancanze, per sperimentare strade aperte che lasciano spazio a tutti.

Cosa chiedono le persone alla parrocchia, cosa si aspettano maggiormente da una comunità cristiana?

Per provare a rispondere a questa domanda bisogna darsi tempo per entrare in relazione. Se si comincia sempre dai bisogni si finisce per trovare solo soluzioni usa e getta, spesso imposte dalla contingenza delle situazioni. Noi siamo voluti partire dal desiderio che ci muove il cuore e dà ritmo alle cose; dal desiderio di bellezza, di speranza, di comunità ed in questo abbiamo riconosciuto l’impronta dello Spirito santo nella nostra storia. Scegliere di ascoltarci è stato il primo passo importante, per questo ci vuole un tempo dedicato che richiede cura, non è solo un fatto di luoghi e orari. Dai primi due incontri è emerso che il modello di una parrocchia che offre servizi, anche belli e ben strutturati, oggi traballa; la pandemia si è portata via riunioni e gruppi più o meno vivi. Tutti sentiamo che non basta un piccolo restyling di facciata, ci serve uno stile nuovo per stare insieme, per non lasciare indietro chi si affaccia alla soglia della Chiesa, per vivere delle celebrazioni calde e credibili dove tutti i sensi ci mettano in comunione con il Padre e tra di noi. Cura, accoglienza, relazione risuonano nel gruppo e tra gruppi diversi, come un tam-tam per non lasciar morire i germogli nati in questo tempo.

Avete in programma alcune iniziative per le persone che vivono nel vostro territorio?

È strano come in un tempo di grandi assenze e vuoti pochi sono quelli che chiedono cose da fare o grandi proposte. Si sente molto forte la ricerca di senso, il desiderio di cose autentiche, magari anche semplici, che sappiano tenerci l’uno vicino all’altro e ci diano la possibilità di conoscerci e raccontarci. “Less is more”, più che aggiungere dobbiamo cominciare a togliere, come fa uno scultore con il suo pezzo di marmo. Sicuramente questo percorso sinodale è una occasione concreta, vede coinvolte più di 100 persone della nostra Unità pastorale e ci fa toccare con mano un’amicizia di fede possibile, in crescita; questa è una vera novità. Nel ripensarci come Chiesa siamo tornati alle origini delle prime comunità cristiane: sono in programma quattro lunedì di preghiera ed ascolto per scoprire come lo Spirito ha segnato il passo di quel tempo e magari ritrovarci anche noi in quelle storie. Molto bella è anche la proposta di una Chiesa aperta, ogni sabato mattina, per una chiacchierata con il sacerdote, un momento di sosta personale, magari per una preghiera con un’amica dopo aver fatto insieme colazione. Tutte piccole cose per una Chiesa dentro le nostre giornate.

Cosa vi aspettate dal Sinodo, quali cambiamenti più urgenti dovrebbe vivere la Chiesa cattolica?

Forse la più grande urgenza è quella di non avere fretta. Il nostro percorso sinodale si chiama ‘Camminare insieme’. Un nome forse scontato ma non banale,che porta in di sé tante aspettative: tenere lo stesso passo, ascoltare il respiro del vicino, non lasciare indietro nessuno, cercare una mappa autentica, non correre, non perdersi, tenere nel cuore il sogno della vetta.

a cura di Laura Mandolini

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