Dante Alighieri, dal Palazzo Ducale di Urbino al Museo del Louvre di Parigi

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Il 25 marzo 2021, oltre alle celebrazioni per il Dantedì, ovvero il giorno scelto per omaggiare la figura di Dante Alighieri, sono cominciate anche una serie di iniziative in occasione dei 700 anni dalla morte del Sommo Poeta, padre delle lingua italiana (1265-1321).

Per ricordare l’autore della Divina Commedia ho pensato di trattare un’opera, una tempera su tavola, realizzata tra il 1473 e il 1476 circa dal fiammingo Giusto di Gand, in cui è appunto ritratto Durante di Alighiero degli Alighieri.

Il dipinto, alto poco più di un metro, per la cui realizzazione alcune fonti indicano anche la collaborazione dell’artista spagnolo Pedro Berruguete, appartiene a una serie di 28 ritratti, detti degli “Uomini Illustri”, voluta da Federico da Montefeltro per decorare il suo studiolo presso il Palazzo Ducale di Urbino.

Lo studiolo del Duca, celebre per le tarsie lignee attribuite a Baccio Pontelli, l’architetto che diede alla Rocca Roveresca di Senigallia l’aspetto che possiamo ammirare noi oggi, è il solo ambiente interno del palazzo a essere rimasto pressoché integro e che ci permette di apprezzare il gusto fastoso della corte di Federico.

In origine le pareti del piccolo studio, che sembra all’occhio più grande grazie ai giochi di prospettiva del Pontelli, erano decorate nella parte superiore da un fregio contenente i 28 ritratti, disposti su due registri, degli uomini illustri del passato e del presente.
Oggi quattordici di questi dipinti sono nella loro collocazione originaria all’interno della Galleria Nazionale delle Marche, mentre gli altri quattordici, e fra questi anche il ritratto di Dante Alighieri, sono al Museo del Louvre di Parigi.

Dopo il 1631, con la fine della dinastia dei Della Rovere e il passaggio del ducato di Urbino allo stato pontificio, i dipinti furono acquisiti e portati a Roma dal Cardinale Antonio Barberini. Le tavole passarono quindi nella collezione romana dei Barberini e rimasero insieme fino al 1812, quando quattordici di esse andarono alla famiglia Colonna di Sciarra che le vendette al Marchese Campana. Nel 1861 vennero infine acquistate da Napoleone III, per approdare nel 1863 al Museo del Louvre. I quattordici dipinti rimasti in Italia furono invece acquistati dallo Stato italiano nel 1934, grazie a un accordo con i Barberini, e tornarono a Urbino nella loro locazione all’interno del Palazzo Ducale.

Nel dipinto in questione Dante Alighieri viene ritratto di profilo, seduto in un ambiente interno, con in mano un libro, elemento che viene introdotto per la prima volta nella versione di Giotto – e ripreso successivamente anche da altri artisti, come Andrea del Castagno – a ricordare la sua illustre fama di scrittore.

Giusto di Gand, Ritratto di Dante Alighieri (1460-1475), tempera su tavola, Museo del Louvre, Parigi

Altri elementi distintivi del poeta sono, sicuramente recuperati dall’antecedente giottesco, l’espressione seria, la cuffia bianca e l’abito rosso carminio come il morbido copricapo sul quale spicca la corona di alloro, simbolo di quella gloria poetica a cui Dante aspira nella prima terzina del proemio che apre la Cantica del Paradiso.

O buono Appollo, a l’ultimo lavoro
fammi del tuo valor sì fatto vaso,
come dimandi a dar l’amato alloro…

Marco Pettinari

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