“Dolcenera”, l’alluvione del ’22

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Uno dei tanti mezzi travolti dall'alluvione nelle zone tra Barbara e Castelleone di Suasa
Uno dei tanti mezzi travolti dall’alluvione nelle zone tra Barbara e Castelleone di Suasa

Nera che porta via, che porta via la via
Nera che non si vedeva da una vita intera così dolcenera.
Nera che picchia forte, che butta giù le porte…

Così canta de André per l’alluvione che colpì Genova nel ‘70, altra città che conosce bene quanto la furia degli elementi può essere devastante, una mala sorte che ammazza e passa oltre.

L’acqua è dolcenera, fonte di vita e di morte, simbolo delle contraddizioni nelle quali siamo immersi e che fatichiamo a tenere insieme preferendo semplificare. Non vogliamo spendere per opere che chissà se mai serviranno e poi ci troviamo i danni incalcolabili di un evento come questo che ha distrutto la nostra valle.

Siamo convinti di poter imbrigliare un fiume e costringerlo a seguire la strada che gli tracciamo, ma lui si riprende il suo percorso.

Tragedie come questa ci fanno percepire nel profondo la fragilità del nostro territorio, ci fanno sperimentare cosa significhi la precarietà, perdere all’improvviso lavoro, casa, ricordi, persone care. In pochi minuti si sperimentano tutti i tipi di dolore possibili e per giunta il velo pietoso è steso da una colata di fango putrido.

Nella fragilità e nella precarietà siamo invitati a guardare in faccia la realtà e a non illuderci di…

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