Cronaca di una morte annunciata

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Federico Carboni, noto alle cronache come "Mario"
Federico Carboni, noto alle cronache come “Mario”

È morto Federico Carboni, conosciuto come “Mario”, il 44enne senigalliese, ex camionista, tetraplegico da 11 anni in seguito a un incidente stradale, al centro di un lungo ed articolato contenzioso tra l’Associazione radicale ‘Luca Coscioni’ – che lo assisteva sul piano giuridico e mediatico nell’ambito della sua campagna per l’eutanasia legale – e le istituzioni sanitarie della Regione Marche che non avevano assecondato la sua richiesta di ottenere il suicidio assistito. 

A causare il decesso di Carboni, alle 11.05, è stata l’autosomministrazione di un farmaco letale sotto la supervisione di Mario Riccio, 63enne anestesista e dirigente dell’Associazione, già protagonista nel distacco dei supporti vitali che portò alla morte Piergiorgio Welby. Non ci furono conseguenze penali né disciplinari per Riccio, che privatamente aveva assistito Welby assecondandone la richiesta di morire. Un caso del tutto analogo, dunque, quello di “Mario”-Federico Carboni, che l’Associazione Coscioni promuove come primo caso di suicidio assistito in Italia. È così? 

Il Comitato etico regionale aveva riconosciuto il ricorrere nel caso del paziente delle condizioni dettate dalla Corte costituzionale per poter accedere alla morte medicalmente assistita, secondo la sentenza 242 Cappato – dj Fabo del 2019 (tranne il decisivo «pre-requisito» del percorso di cure palliative effettivamente sperimentato e non solo proposto, com’è invece accaduto), ma aveva dovuto fermarsi davanti al fatto che la mancanza di una legge che traduca con precisione di principi e di procedure quel verdetto impedisce di praticare qualunque suicidio assistito con gli strumenti e il personale del Servizio sanitario. Dunque, la morte di Federico Carboni è un caso di suicidio con l’aiuto privato di un medico al di fuori dello stesso perimetro della Consulta: perché non c’è una legge con i relativi protocolli sanitari attuativi e perché il medico non ha agito come espressione del Ssn. Lo stesso macchinario che Carboni ha azionato per inocularsi il farmaco letale è stato acquistato a cura dell’Associazione che aveva promosso nei giorni scorsi una raccolta fondi dalla quale erano stati ottenuti 5mila euro. 

Le ultime parole di Federico, riferite dalla Coscioni, sono state queste: «Non nego che mi dispiace congedarmi dalla vita, sarei falso e bugiardo se dicessi il contrario perché la vita è fantastica e ne abbiamo una sola. Ma purtroppo è andata così. Ho fatto tutto il possibile per riuscire a vivere il meglio possibile e cercare di recuperare il massimo dalla mia disabilità, ma ormai sono allo stremo sia mentale sia fisico. Non ho un minimo di autonomia della vita quotidiana, sono in balìa degli eventi, dipendo dagli altri su tutto, sono come una barca alla deriva nell’oceano. Sono consapevole delle mie condizioni fisiche e delle prospettive future quindi sono totalmente sereno e tranquillo di quanto farò. Con l’Associazione Luca Coscioni ci siamo difesi attaccando e abbiamo attaccato difendendoci, abbiamo fatto giurisprudenza e un pezzetto di storia nel nostro paese e sono orgoglioso e onorato di essere stato al vostro fianco. Ora finalmente sono libero di volare dove voglio». 

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