Gaza e il “Giorno della Memoria” che in tanti vorrebbero ridimensionare

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Sinagoga di Senigallia, celebrazione ufficiale del Giorno della Memoria

Abolite il ‘Giorno della memoria’. Messaggio forte e chiaro, i più ‘moderati’ dicono sospendete le iniziative. Non sono in pochi a dichiararlo convinti, visto quello che combina Israele nella Striscia di Gaza. Con la relativa litania ‘Gli ebrei non si ricordano più quanto hanno subìto e fanno anche di peggio’. Giusto due anni fa, a Senigallia, Comune, Comunità ebraica, Scuola di Pace e Diocesi hanno istituito il Comitato ‘Giorno della memoria’, con tanto di regolamento votato all’unanimità dalla Giunta Olivetti. Tra gli scopi, l’attivarsi per vivere al meglio questa data, il 27 gennaio, che ogni anno ricorda l’apertura dei cancelli del campo di sterminio di Auschwitz. E fare in modo che quella pagina di storia, la nostra storia, non sia uno sbiadito ricordo di pochi e niente più.

Confesso che sono rimasta male nel sentire l’invito a bypassare il ‘Giorno’. Non lo pensavo possibile e provando a ribadirne la necessità è spesso scattata l’accusa di stare dalla parte sbagliata. Pensavo che, parlando di Shoah e dintorni, il problema più urgente fosse l’oblìo di quell’obbrobrio. Invece c’è qualcosa di più pericoloso, se possibile: la rimozione giustificata! Se nel primo caso, che non ci auguriamo, il movente sono il tempo che passa, i testimoni oculari che muoiono per naturali motivi anagrafici, la storia più vicina che scansa quella più datata, nella rimozione forzata è il significato profondo degli eventi ad essere violato, ridimensionato, strumentalizzato perché ‘le vittime fanno peggio dei carnefici di allora’.

Auschwitz è il simbolo assoluto del male. Lo abbiamo ‘eletto’ sintesi estrema di quanto l’essere umano può immaginare e realizzare per distruggere i suoi simili. Lì dentro, come nel mostruoso sistema concentrazionario nato nel cuore della civile Europa, c’è riassunto ed amplificato tutto. Tutto quanto è accaduto e tutto quanto lo ha consentito. Ricordare l’apertura dei cancelli è sì festeggiare, se così si può dire, la fine di un incubo divenuto realtà, ma è soprattutto assumersi la responsabilità, ognuno per quanto può e sa fare, di un mondo davvero a misura di tutti. Anche il nostro piccolo mondo, anche oggi.

Il ‘Giorno della memoria’ va oltre il rendere omaggio, più che doveroso, alle milioni di persone morte in quegli inferni sparsi nel cuore del continente ‘faro di civiltà’. È dirci ancora, possibilmente evitando retoriche stantìe e frasi fatte, coinvolgendo da protagoniste le giovani generazioni, che quella ‘roba’ lì parla ancora tanto. Parla anche del Medioriente insanguinato, delle migliaia di vite innocenti spezzate a Gaza, della truculenza del fanatismo assassino, dell’Ucraina stremata. Parla dei 170 conflitti in corso, non meritevoli, questi, della nostra attenzione, censiti dall’Uppsala Conflict Data Program (UCDP), in grande parte civili o con la partecipazione di stati stranieri, spesso in guerre su procura, su mandato di potenze interessate.

Auschwitz non è solo un affare degli ebrei. Aprire quei cancelli, anche quest’anno, è ancor più doveroso e necessario. Proprio mentre uomini, bambini e bambine, donne, persone anziane muoiono perché da qualche parte qualcuno ha deciso che le loro vite non valgono nulla. Proprio come ad Auschwitz.

Laura Mandolini

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