Nella vita giovane

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L'impegno dei giovani nella vita pastorale: l'esempio del servizio alla Caritas di Senigallia
L’impegno dei giovani nella vita pastorale: l’esempio del servizio alla Caritas di Senigallia

I giovani, la fede, la chiesa: una triade che chiede un’intelligente attenzione alla vita reale perché mette in discussione il famigerato ‘si è sempre fatto così’, più volte sotto accusa da Papa Francesco ma anche da chi nelle parrocchie ci vive per davvero prendendo atto del progressivo allontanamento dei giovani dalla pratica religiosa. Ne abbiamo parlato con don Paolo Vagni, responsabile diocesano della Pastorale giovanile.

La Chiesa cattolica è alle prese con un profondo ripensamento del suo stare al mondo, a tutti i livelli: come tocca questo tempo così delicato il mondo giovanile?

La Chiesa che lo Spirito vuole in perenne Sinodo, attraverso il ministro di Papa Francesco, sta toccando anche la pastorale giovanile, è inevitabile. Uno dei temi più caldi, che emerge dal documento del Papa dopo il sinodo sui giovani, è la centralità di tutta la comunità cristiana nella trasmissione della fede ai giovani. Noi siamo troppo abituati a pensare che la pastorale giovanile la facciano i giovani, anzi, i preti giovani. Siamo anche certi che la questione della fede dei giovani non tocchi per niente la vita degli adulti ma in realtà è di tutta la comunità, attraverso la propria esistenza. Questo è il nodo, si è interrotto qualcosa. La cultura in cui siamo immersi non aiuta la relazione tra le generazioni.

Ci sono dei paradigmi ‘religiosi’ che proprio non funzionano più per rapportarsi ai giovani? Cosa invece crea relazione, ascolto, interesse?

Un “paradigma religioso” non funziona più neanche per gli adulti, o meglio, funziona ma non fa passare la vita di Dio, è un sistema chiuso di “sacra” autoaffermazione. E se non funziona per gli adulti, figuriamoci per i giovani. Un paradigma religioso prevede una relazione funzionale, cioè si dona per avere qualcosa o peggio si dona per paura di quello che succederà. È la religione di ogni tempo e di ogni cultura, di un uomo che si vuole innalzare verso Dio e che conduce a dividere sacro e profano, buoni e cattivi, vicini e lontani. La nostra fede è ben altro, un respiro totalmente nuovo, un Dio che scende e prende casa nella carne debole, imperfetta, immatura. I giovani (se si possono definire con precisione) sono ormai i portatori di una grande insofferenza alle relazioni funzionali, “ricevo amore perché l’ho meritato”. Sono dentro questa logica da quando sono nati e tutti i giorni combattono con le aspettative di chi hanno intorno.

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Intervista a cura di Laura Mandolini

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