Pandemia e ricostruzione: l’Italia che verrà

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ritratto, tristezza, depressione, ansia, paura, donna, solitudine

Il Censis nel suo annuale Rapporto sulla situazione del Paese certifica la conclusione del processo di spontanea evoluzione all’italiana. Per molti anni l’istituto di ricerca ha sottolineato una tendenza naturale della nostra società ad adattarsi alle trasformazioni senza essere guidata. C’era una vitalità insita nel tessuto delle comunità e nella capacità creativa delle persone che riusciva a rispondere in autonomia alle sfide che nel tempo i processi di innovazione culturale, tecnologica, economica lanciavano. Nel suo ultimo rapporto il Censis non intercetta più questo humus che garantiva – a parere dei ricercatori – la sostenibilità del sistema. Serve allora una progettualità.

Si rileva “un’aspirazione collettiva e condivisa di risalita, se non di ricostruzione”. Il contraccolpo subito con l’arrivo della pandemia è stato talmente duro che sembrerebbe essersi diffusa la consapevolezza che non ci sono vie di uscita solitarie e autonome. Sicuramente i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza hanno dato l’opportunità di scorgere una possibilità di percorso unitario, per questo il Censis parla di transizioni da considerare. Alcune veicolate dalle proposte della progettazione, come l’economia green e la digitalizzazione; alcune causate da processi di lunga durata, come la crisi demografica che ci sta portando a una popolazione sempre più anziana e meno numerosa, oppure la trasformazione dei processi lavorativi, che scombina il rapporto tra competenze richieste e competenze esistenti e tende a disperdere le opportunità.

Dentro questo contesto si inserisce l’inquietudine cresciuta a causa delle aspettative irrealizzate. Il Censis parla di rendimenti decrescenti degli investimenti sociali. L’81% degli italiani sostiene…

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