La psiche giovane messa a dura prova dal Covid

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Con il numero dei contagi che torna a salire, l’Italia si trova ad affrontare la tanto temuta “seconda ondata” di Coronavirus. L’Italia è divisa in tre zone: rossa, arancione e gialla. Ma cosa cambia per la scuola? Quali le sfide imposte dalla didattica a distanza? Quali i limiti organizzativi? Lo abbiamo chiesto a Ketti Chiappa psicologa, psicoterapeuta, Responsabile dell’Area Scuola dell’Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche, Gap e Cyberbullismo e da 7 anni di Consigliera membro del direttivo per l’Ordine Psicologi Marche.

“Come categoria professionale in questi mesi abbiamo spinto molto per poter entrare a far parte del Comitato Tecnico Scientifico e ci siamo riusciti. Questo ha portato lo sviluppo di un Protocollo Nazionale attraverso cui ogni scuola riceverà dei fondi per garantire supporto psicologico per studenti, insegnanti e genitori su tutto il territorio nazionale.Durante il primo lockdown, nella gestione dell’emergenza, il disagio psicologico non è stato assolutamente preso in considerazione e questo disinteresse è ricaduto soprattutto sulle fasce emotivamente più fragili della popolazione (bambini, adolescenti, anziani e persone con precedenti problematiche psicologiche). Come se nessuno fosse a conoscenza del fatto che per il buon funzionamento del nostro sistema immunitario è fondamentale mantenere il benessere psicologico. Nonostante questa mancanza da parte delle categorie politiche, dal mese di Marzo, gli psicologi di tutta italia si sono adoperati “gratuitamente” per fornire supporto psicologico online alla popolazione.

Con l’approvazione del protoccolo, ggi siamo ad una svolta molto importante per il nostro paese, che sembra iniziare a riconoscere finalmente il disagio psicologico come una problematica di salute da gestire al pari di qualsiasi malattia organica. Il ritorno alla DAD in questa situazione di semilockdown avrà molto probabilmente ripercussioni più gravi sugli adolescenti rispetto alla prima ondata di covid. Siamo di fronte ad un ripetersi del trauma già vissuto a marzo e gli effetti non potranno che sommarsi a quelli non ancora metabolizzati da molti di noi. Il trauma psicologico è una situazione in cui perdiamo il senso di sicurezza, un evento che ci destabilizza e disorienta, in cui siamo spaventati e senza punti di riferimento.Durante l’estate pensavamo di esserne fuori e invece ci ritroviamo nell’angoscia del non vederne la fine di questa situazione, con nessuna rassicurazione da parte del mondo della medicina.
Nemmeno gli adulti riescono più ad essere un punto di riferimento per gli adolescenti. Ormai è inutile dire cosa avremmo dovuto fare per arginare l’emergenza psicologica da covid, la nostra è una società che interviene sulla patologia già conclamata. Ci sono pochissimi investimenti sulla prevenzione e sulla ricerca. Spero che questa esperienza ci serva da insegnamento.

Gli adolescenti hanno bisogno di relazione, di mantenere punti di riferimento nel gruppo dei pari e negli adulti per loro significativi qual gli insegnanti. In un momento evolutivo, disorientato e confuso quale è l’adolescenza di tutto avevano bisogno, tranne che fossero privati della possibilità di frequentare la scuola in presenza.
La nostra società non si prende cura delle figure di riferimento; genitori, insegnati, educatori sono lasciati spesso da soli a svolgere una funzione complessa e sempre più faticosa. Prendersene cura sarebbe un buon modo per prevenire tante situazioni di disagio psicologico.

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