Liste di attesa, «la Regione Marche copi dall’Abruzzo il sistema per ridurle»

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Torna sulle liste di attesa il comitato cittadino a difesa dell’ospedale di Senigallia. Lo fa con un appello alla politica regionale perché percorra la stessa strada tracciata in Abruzzo. Nella vicina regione, infatti, è stato votato e approvato un emendamento con cui si dà priorità allo smaltimento delle liste di attesa e poi spazio alle prestazioni di libera professione, a pagamento, dentro gli ospedali pubblici.

«Nella vicina Regione Abruzzo è stata trovata una soluzione – sostiene il comitato senigalliese sulle liste di attesa – Un emendamento, votato a maggioranza, dice che qualora i tempi di esecuzione siano troppo lunghi e troppo distanti da quelli indicati dal codice di priorità della ricetta del medico di base della Asl (nelle Marche le Ast provinciali) si possono bloccare le attività libero professionali degli specialisti. E allora basta copiare! Vale a dire che vengono prima le prestazioni nell’ospedale in cui i sanitari lavorano e una volta azzerate le liste da’attesa si può ripristinare la libera professione intramoenia. E con l’aiuto delle strutture sanitarie private convenzionate».

Comitato che insiste: «Se le liste d’attesa sono troppo lunghe non deve essere possibile fare l’attività a pagamento dentro l’ospedale. Oltretutto sarebbe un vantaggio perché, dando spazio a prestazioni all’interno del servizio pubblico, la Regione vedrebbe ridotta, quasi azzerata, la mobilità passiva».

Dunque una soluzione che potrebbe risolvere sia il problema delle liste di attesa – l’obiettivo è quello – sia ridurre un conto economico molto pesante: sono infatti oltre 400 i milioni di euro sborsati da palazzo Raffaello in 10 anni. E sono finiti nelle casse di altre regioni che hanno accolto i pazienti marchigiani bisognosi di cure e che nelle Marche non trovavano spazio nel sistema sanitario regionale.

La soluzione sarebbe in grado di «soddisfare finalmente le esigenze dei pazienti – spiega ancora il comitato che conclude – una solidarietà nei confronti dei cittadini, a fatti e non a parole, che non rinuncerebbero più alle cure (il 10% dei marchigiani lo fa) e che potrebbero curarsi nella  propria provincia. I marchigiani si aspettano un emendamento simile dalla Regione Marche».

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