L’Ucraina non è mai stata così vicina: la raccolta degli aiuti umanitari, anche a Senigallia

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Raccolta viveri nei locali di San Martino – Senigallia

Tra uno scatolone e l’altro, tra una busta di indumenti e una di medicinali o cibo, c’è poco tempo per fare pausa o mangiare un boccone. Sono giornate piene quelle che si stanno vivendo alla parrocchia San Martino, in pieno centro storico, dove la Comunità Ucraina delle Marche e i cittadini senigalliesi di origini ucraine si stanno dando da fare per poter fare arrivare aiuti umanitari al proprio paese invaso dalle milizie russe. Un lavoro senza sosta, complice anche l’importante risposta solidale che l’intera città di Senigallia – lo stesso dicasi per i comuni limitrofi – ha voluto far sentire ai volontari. Già è stato fatto partire un primo carico di aiuti, un altro è in preparazione mentre sono in corso contatti con le istituzioni e le associazioni locali per ampliare la mobilitazione e ottimizzare le risorse. In via Fratelli Bandiera, nella palestra a fianco della chiesa di San Martino, c’è un via vai di persone con buste, bustoni, scatoloni e beni di ogni genere. Affisso alla porta interna c’è un cartello, aggiornato continuamente, con scritto tutto ciò che può servire a chi deve resistere alla potenza di fuoco delle milizie di Putin e al freddo. In Ucraina la temperatura d’inverno scende ben al di sotto dello zero: la popolazione è costretta a rifugiarsi in scantinati, metro e locali interrati per cercare di sfuggire ai bombardamenti che da cinque giorni stanno colpendo le varie città ucraine. La resistenza – perché in questo caso, la difesa contro un nemico militarmente più forte è resistenza – significa sopravvivere in condizioni precarie, quasi estreme.

«Abbiamo prima creato delle chat tra gli ucraini che vivono a Senigallia e dintorni – ci spiega Olena, 54 anni, da 27 a Senigallia e referente per la spiaggia di velluto e zona valliva – e siamo riusciti a contattare circa 200 persone. Molte di queste, come me, vivono da tanti anni a Senigallia o nei comuni qui vicino e hanno già figli nati qui in Italia; altri sono arrivati da poco con i ricongiungimenti familiari, ma tutti abbiamo parenti, cugini e amici che sono rimasti in Ucraina, perciò tutti sono mobilitati. In realtà lo siamo da tempo perché la Comunità ucraina delle Marche già dal 2014 sta aiutando la nostra popolazione e i nostri militari contro i gruppi di separatisti che si sono insediati nel Donbass e nelle aree orientali». Qui i combattimenti sono una novità ma certamente nessuno si immaginava che decine di missili e bombe potessero essere sganciate sulle città in pieno orario notturno, nonostante qualche monito fosse già arrivato dai partner strategici. «Dagli Stati Uniti erano state svelate quelle che erano le mire di Putin, poi finite sui principali media internazionali – spiega Andriy, 47enne e da 20 anni a Senigallia – quindi le forze di resistenza locali, i civili che imbracciano le armi, erano in qualche modo organizzate. Si pensava però a un’invasione mirata: non ci si aspettava che alle 4:40 di notte fossero bombardati i vari aeroporti, nessuno si aspettava un’azione che in cinque giorni ha visto oltre 130 missili a lunga gittata. Ora siamo più organizzati e forti, anche militarmente, ma la risposta della comunità internazionale e quella locale serve per darci una mano a resistere». Tra i materiali più richiesti ci sono medicinali come antidolorifici, antinfiammatori, antibiotici e prodotti sanitari come garze, bende, siringhe, cerotti, ma servono anche cibo inscatolato e pronto da mangiare perché non ci sono cucine, così come vestiti invernali, giacconi, scarponi, coperte, sciarpe, guanti per combattere l’altro nemico, il freddo, anche questo impietoso come chi aggredisce.

Carlo Leone

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