Mattarella e Libera: la parte migliore di un Paese che inaugura la primavera

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Un Paese, il nostro, che dimentica troppo in fretta i suoi martiri. Schiacciato in un presente infinito, impaurito da un futuro più incerto che mai, non ne vuole sapere di ricordare, cioè portare al cuore, ciò che lo rende grande proprio in mezzo alle sue contraddizioni più evidenti. Parlare di cittadinanza libera e democratica, legalità, lotta alla criminalità organizzata non è più di moda. Se non fosse per chi, con costanza, coraggio e creatività, riesce ad accendere le luci su su quanto dovrebbe starci molto più a cuore. Sergio Mattarella da una parte e Libera dall’altra sono stati i protagonisti più belli del primo giorno di primavera, il 21 marzo, in cui si ricordano le vittime innocenti delle mafie italiane.

«Sono venuto a portarvi l’apprezzamento e l’incoraggiamento della Repubblica. L’Italia guarda a voi con attenzione, solidarietà, simpatia, fiducia. Auguri». Così il presidente della Repubblica Sergio Mattarella si è congedato ieri mattina dai ragazzi dell’Itc Carli di Casal di Principe, salutato da un lungo e scrosciante applauso. Molti i punti del suo discorso che hanno scatenato l’entusiasmo di una platea prevalentemente di adolescenti. Specie quando Mattarella scandisce: «Dovete essere fieri di vivere in questa città che ha saputo avere questa rinascita. Ricordate sempre che siete la generazione della speranza quella cui don Diana ha passato testimone legalità». Prima di arrivare a scuola, Mattarella ha visitato il cimitero di Casal di Principe dove ha incontrato alla cappella della famiglia Diana, gli stretti congiunti del sacerdote ucciso dalla camorra, in particolare i fratelli Emilio e Marisa e consorti e figli; c’era pure Augusto Di Meo, testimone oculare del delitto don Diana.

Sono state circa 50mila, secondo gli organizzatori, le persone presenti al corteo per la XXVIII Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, organizzato a Milano da Libera e Avviso Pubblico. Dal palco allestito in piazza Duomo ha parlato don Luigi Ciotti, presidente e fondatore di Libera. «Le mafie sono diventate moderne imprese. Ricorrono meno alla violenza diretta perché possono contare su quella bianca del capitale economico. La convivenza è dovuta a connivenza e sottovalutazione, a letture antiche che si continuano a fare sulle mafie, letture inadeguate dei fenomeni criminali che si sono evoluti assumendo forme e metodi che richiedono nuovi sguardi e nuove strategie. Allora forse la saldatura tra mafie e capitale economico richiede oggi dei nuovi paradigmi».

Laura Mandolini

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