L’omelia del vescovo Franco alla Messa nel primo anniversario della alluvione nel senigalliese

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Abbiamo camminato nel buio della sera, con nel cuore il buio del dolore per la perdita di persone care, un dolore che a distanza di un anno continua ad accompagnare la nostra vita; portandoil dolore per la devastazione di tante nostre case, di tanti luoghi di lavoro e del territorio. Abbiamo camminato nel buio della paura che irrompe nel nostro cuore a ogni segnalazione di un possibile pericoloso evento naturale; nel buio di un futuro incerto, un futuro che in tante persone non riesce ad alimentare speranzee a dare coraggio.

Se abbiamo camminato nel buio, questa sera, però, non abbiano camminato al buio, perché abbiamo camminato insieme, con la luce di fiaccole che hanno illuminato la sera e che hanno impedito al buio della sera di rendere incerti i nostri passi.

Un anno fa, nei giorni dolorosi e drammatici di una devastante alluvione, a impedire che quanto era accaduto avvolgesse la nostra vita e, come il buio della sera, bloccasse il cammino della nostra vita, è stata la luce di una generosa e operosa solidarietà, da parte di moltissime persone, soprattutto giovani, che senza alcuna convocazione, hanno raggiunto i nostri territori, sono entrate nelle  nostre case devastate, non hanno solo spalato fango, rimosso detriti, ma anche ascoltato i racconti del nostro dolore e dei nostri smarrimenti. Una solidarietà che ci ha sorpreso e consolato, che ha ridato ai nostri cuori la luce della fiducia e il coraggio della speranza.

È stata la luce delle nostre Chiese diocesane, delle nostre comunità, della società civile, che con i loro gruppi organizzati hanno affrontato con tempestività le molteplici emergenze provocate dall’alluvione.

E’ stata la luce della solidarietà tra le persone dei nostri territori, soprattutto dei territori più colpiti, che ci ha ricordato che non siamo un assemblamento d’individui, ma una comunità di persone, capaci di condivisione, che ci ha ridato coraggio e permesso tante ripartenze. Questa sera ci siamo ritrovati per onorare la memoria delle vittime di quella alluvione, per alimentare anche la luce della solidarietà, delle condivisione, del sentirci una comunità di persone, la sola luce che può impedire al buio delle tante prove della vita di presidiare il nostro cuore e oscurare il nostro cammino.

Stiamo celebrando l’Eucaristia, che per le persone credenti, non è un rito, come i tanti che compiamo nelle vita, ma rappresenta la Pasqua di Gesù, la sua vittoria sulla morte, che raggiunge la nostra vita e che ci consente questa sera di riaffidare a Lui le vittime dell’alluvione, perché le renda partecipi della sua vita risorta, non più minacciata dal male né sopraffatta dalla morte.

Il vangelo appena proclamato (Gv 19,25-27) ha parlato di Gesù, che, nel momento in sta per soccombere alla morte, ci affida a Maria, sua madre. Gesù ci affida a Lei, che, ai piedi della croce assiste alla morte violenta, devastante, di suo figlio, non solo perché è in grado comprende il dolore di chi ha perso una persona cara, ma anche e soprattutto, perché non abbandona la sua fiducia in Dio, il cui amore è più forte della morte, fiducia dichiarata tanti anni prima nel rendersi disponibile a essere la madre di Suo Figlio. Per questo riconosciamo Maria, madre della speranza, di quella speranza che, alimentata dalla fede in Gesù, impedisce alla morte di oscurare il cammino della nostra esistenza.

Permettetemi un’ultima parola, un invito. A tutti: non lasciamo venir meno la luce della solidarietà, della cura reciproca, soprattutto delle persone che fanno più fatica nel cammino della vita. Quella solidarietà che abbiamo sperimentato nei giorni dolorosi della prova, diventi lo stile abituale dei nostri rapporti, il clima che si respira nelle nostre comunità, ecclesiali e civili.

Ai responsabili della cosa pubblica: alimentate la luce della speranza, operando con tempestività, concretezza ed efficacia per la definitiva messa in sicurezza del territorio, perché, come ho ricordato nei giorni dell’alluvione, “non accada un’altra volta che l’acqua, bene prezioso e insostituibile per la nostra vita, porti morte e devastazione nelle nostre case, nella nostra vita e spenga le nostre speranze”.

+ vescovo Franco

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