Polveri sottili e inquinamento, appello di Legambiente Marche: «Servono azioni incisive»

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Il traffico nella zona di ponte Portone a Senigallia

PM10, PM2.5, NO2. E ancora: TPL, ZTL, LEZ e ZEZ. No, non siamo impazziti: anzi, magari conoscete già qualche acronimo e sarebbe una cosa buona ma se così non fosse, non preoccupatevi perché ci pensa Legambiente a tradurli per noi. I primi tre acronimi sono infatti le sigle utilizzate da tempo per definire le sostanze dannose e, di conseguenza, la qualità dell’aria che respiriamo; gli altri sono invece gli strumenti per migliorarla, e che troviamo anche nel nuovo report di Legambiente dal suggestivo titolo “Mal’Aria di città 2024“, redatto nell’ambito della Clean Cities Campaign. 

Ma conosciamo meglio queste sigle. Stando alle definizioni usate dal Ministero dell’ambiente e da quello della salute, il termine PM10 identifica le particelle di diametro aerodinamico inferiore o uguale ai 10 µm. Rimangono per lunghi tempi nell’atmosfera, possono essere trasportate anche a grande distanza dal punto di emissione, hanno una natura chimica particolarmente complessa e variabile, ma soprattutto sono in grado di penetrare nell’apparato respiratorio umano e quindi avere effetti negativi sulla salute. PM2.5 indica particelle ancora più piccole e, pertanto, con capacità ancora maggiore di penetrare nel nostro organismo. Causando danni sul lungo periodo. Il biossido di azoto (NO2) è invece un gas tossico, con forte potere irritante. Una delle principali fonti di emissione è il traffico veicolare ma possiamo citare anche gli impianti di riscaldamento civili e industriali, e i processi industriali.

Bene dal report di Legambiente emerge con chiarezza che in Italia e anche nelle Marche ci sono e ci saranno parecchie difficoltà a ridurre le concentrazioni di tali sostanze nell’aria; di conseguenza sarà difficile adeguarsi agli obiettivi sulle emissioni prefissati dall’Unione europea per il 2030 o ai valori limite suggeriti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Insomma la salute delle persone – da perseguirsi attraverso politiche di riduzione dell’inquinamento da smog – non sembra ancora essere al primo posto tra le priorità della politica globale, nazionale, regionale e locale. Eppure dovrebbe.

Secondo l’associazione del cigno verde, nonostante una riduzione dei livelli di inquinanti atmosferici nel 2023, le città faticano ad accelerare il passo verso un miglioramento sostanziale della qualità dell’aria. Nelle Marche va un pochino meglio perché le normative sembrano essere rispettate con i loro limiti sugli inquinanti ma di fatto siamo lontanissimi dai valori per il 2030 e nessun comune capoluogo di provincia della regione Marche raggiungerebbe oggi i nuovi obiettivi previsti dalla Commissione europea.

«Le fonti di inquinamento sono ormai ben note, così come conosciamo molte delle azioni che potrebbero ridurne le concentrazioni – dichiara Marco Ciarulli, presidente di Legambiente Marche – ma continuiamo a registrare ritardi non più giustificabili nel promuovere soluzioni trasversali».

Tra le azioni proposte da Legambiente per uscire dalla morsa dell’inquinamento, ovviamente tenendo conto delle diverse realtà territoriali, ci sono:

  • il potenziamento del TPL, il trasporto pubblico locale, a cui dovrebbero seguire anche incentivi all’uso di treni, tram, metropolitane e autobus. Anche istituire ZTL (zone a traffico limitato), LEZ (Low emission zone, zone a basse emissioni) e ZEZ (Zero emission Zone, zone senza emissioni) va in questa direzione, così come lo sviluppo di reti ciclo-pedonali, sfruttando anche la mobilità elettrica.
  • Riscaldarsi bene e meglio. Bisogna vietare progressivamente le caldaie e generatori di calore a biomassa nei territori più inquinati; negli altri invece supportare l’installazione di tecnologie a emissioni “quasi zero”, con sistemi di filtrazione integrati o esterni, o soluzioni ibride. 
  • ridurre le emissioni agricole che possono superare quelle industriali o urbane. Come? Con lo spandimento e rapido interramento dei liquami, con la promozione di investimenti agricoli verso pratiche che riducano le emissioni ammoniacali, con la copertura delle vasche di liquami e la creazione di sistemi di trattamento, soprattutto per la produzione di biometano.
  • Infine aumentare il numero di centraline di monitoraggio sull’inquinamento e sulle emissioni, in modo da garantire una copertura di tutte le aree, anche con sistemi a basso costo per una verifica costante e puntuale, quanto mai necessaria, su cui poi calibrare le politiche ambientali.

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