Se la salute del Papa ci dice come siamo messi.

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Ne possiamo parlare perché è una storia finita bene. Il Papa si è ripreso velocemente, ha iniziato serenamente la Settimana santa, presiederà alle celebrazioni dei giorni più importanti della liturgia cristiana. Che bella notizia! Eppure rimane un amaro in bocca per come è stata raccontata la sua fragilità, nei grandi media come nei discorsi ‘da bar’.

Sui siti delle testate italiane più diffuse è apparsa subito, impietosa, la fotografia che ritrae la sofferenza di Bergoglio alla fine dell’udienza in piazza San Pietro, mercoledì scorso. Stava male e si vedeva, ma la riproposizione ostinata di questa immagine conferma l’avvilente stile comunicativo dei nostri giornali: tutto ‘sparato’ a mille, specialmente quando il pezzo immortalato è da novanta. Non si tratta di omettere la realtà, ma di andare oltre, di rispettare la dignità del dolore altrui, di qualunque persona si tratti. Storia vecchia e a quanto pare sempre nuova, tanto più moltiplicata dalle centinaia piattaforme di diffusione mediatica.

Ma non basta. Grandi firme come anonimi commentatori, tutti a discorrere del dopo Francesco: i timori di chi lo apprezza nel chiedersi che fine farà la sua eredità pastorale, gli auspici di chi non vede l’ora che si faccia da parte, per non dire peggio, le valutazioni politiche di un conclave evocato, evidentemente, un po’ troppo di fretta. Ennesimo spettacolo avvilente del giornalismo e della comunicazione di massa! È come se proprio non ce la facciamo più a cogliere l’essenza di un fatto per quello che è, rispettandone tempi, spessore e volti.

Una sgrammaticatura. Ha usato questa definizione Giorgia Meloni commentando l’infelice ricostruzione storica della strage di Via Rasella, durante l’occupazione nazista di Roma, da parte del presidente del Senato La Russa. Una parola adatta alla continua manipolazione comunicativa, dove le regole della scrittura saltano bellamente e ci va bene così, tanto tutto si dimentica in fretta.

Mentre si parla di come usare l’intelligenza artificiale, conviene chiedersi che uso fare di quella naturale, quella senza aggettivi, quella che se ce l’hai la devi custodire e trafficare bene. Quella di cui avvertiamo un terribile, grande bisogno.

Laura Mandolini

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