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Tag: cardinale zuppi

Lettera di Matteo Zuppi a chi manifesta per la pace. Liberi insieme dalla guerra.

Cara amica e caro amico,
sono contento che ti metti in marcia per la pace. Qualunque sia la tua età e condizione, permettimi di darti del “tu”. Le guerre iniziano sempre perché non si riesce più a parlarsi in modo amichevole tra le persone, come accadde ai fratelli di Giuseppe che provavano invidia verso uno di loro, Giuseppe, invece di gustare la gioia di averlo come fratello. Così Caino vide nel fratello Abele solo un nemico.

Ti do del “tu” perché da fratelli siamo spaventati da un mondo sempre più violento e guerriero. Per questo non possiamo rimanere fermi. Alcuni diranno che manifestare è inutile, che ci sono problemi più grandi e spiegheranno che c’è sempre qualcosa di più decisivo da fare. Desidero dirti, chiunque tu sia – perché la pace è di tutti e ha bisogno di tutti – che invece è importante che tutti vedano quanto è grande la nostra voglia di pace. Poi ognuno farà i conti con se stesso. Noi non vogliamo la violenza e la guerra. E ricorda che manifesti anche per i tanti che non possono farlo. Pensa: ancora nel mondo ci sono posti in cui parlare di pace è reato e se si manifesta si viene arrestati! Grida la pace anche per loro!

Quanti muoiono drammaticamente a causa della guerra. I morti non sono statistiche, ma persone. Non vogliamo abituarci alla guerra e a vedere immagini strazianti. E poi quanta violenza resta invisibile nelle tante guerre davvero dimenticate. Ecco, per questo chiediamo con tutta la forza di cui siamo capaci: “Aiuto! Stanno male! Stanno morendo! Facciamo qualcosa! Non c’è tempo da perdere perché il tempo significa altre morti!” Il dolore diventa un grido di pace.

La pace mette in movimento. È un cammino. « E, per giunta, cammino in salita», sottolineava don Tonino Bello, che aggiungeva: «Occorre una rivoluzione di mentalità per capire che la pace non è un dato, ma una conquista. Non un bene di consumo, ma il prodotto di un impegno.

Non un nastro di partenza, ma uno striscione di arrivo». Le strade della pace esistono davvero, perché il mondo non può vivere senza pace. Adesso sono nascoste, ma ci sono. Non aspettiamo una tragedia peggiore. Cerchiamo di percorrerle noi per primi, perché altri abbiamo il coraggio di farlo. Facciamo capire da che parte vogliamo stare e dove bisogna andare. E questo è importante perché nessuno dica che lo sapevamo, ma non abbiamo detto o fatto niente.

Non sei un ingenuo. Non è realista chi scrolla le spalle e dice che tanto è tutto inutile. Noi vogliamo dire che la pace è possibile, indispensabile, perché è come l’aria per respirare. E in questi mesi ne manca tanta. È proprio vero che uccidere un uomo significa uccidere un mondo intero. E allora quanti mondi dobbiamo vedere uccisi per fermarci?

«Quante volte devono volare le palle di cannone prima che siano bandite per sempre? ». «Quante orecchie deve avere un uomo prima che possa sentire la gente piangere?». «Quante morti ci vorranno finché non lo saprà che troppe persone sono morte? ». «Quando sarà che l’uomo potrà imparare a vivere senza ammazzare? ». Io, te e tanti non vogliamo lutti peggiori, forse definitivi per il mondo, prima di fermare queste guerre, quella dell’Ucraina e tutti gli altri pezzi dell’unica guerra mondiale. Le morti sono già troppe per non capire! E se continua, non sarà sempre peggio? Chi lotta per la pace è realista, anzi è il vero realista perché sa che non c’è futuro se non insieme.

È la lezione che abbiamo imparato dalla pandemia. Non vogliamo dimenticarla. L’unica strada è quella di riscoprirci “Fratelli tutti”. Fai bene a non portare nessuna bandiera, solo te stesso: la pace raccoglie e accende tutti i colori. Chiedere pace non significa dimenticare che c’è un aggressore e un aggredito e quindi riconoscere una responsabilità precisa. Papa Francesco con tanta insistenza ha chiesto di fermare la guerra.

Poco tempo fa ha detto: «Chiediamo al Presidente della Federazione Russa, di fermare, anche per amore del suo popolo, questa spirale di violenza e di morte e chiediamo al Presidente dell’Ucraina perché sia aperto a serie proposte di pace ». Chiedi quindi la pace e con essa la giustizia. L’umanità ed il pianeta devono liberarsi dalla guerra. Chiediamo al Segretario Generale delle Nazioni Unite di convocare urgentemente una Conferenza Internazionale per la pace, per ristabilire il rispetto del diritto internazionale, per garantire la sicurezza reciproca e impegnare tutti gli Stati ad eliminare le armi nucleari, ridurre la spesa militare in favore di investimenti che combattano le povertà.

E chiediamo all’Italia di ratificare il Trattato Onu di proibizione delle armi nucleari non solo per impedire la logica del riarmo, ma perché siamo consapevoli che l’umanità può essere distrutta. Dio, il cui nome è sempre quello della pace, liberi i cuori dall’odio e ispiri scelte di pace, soprattutto in chi ha la responsabilità di quanto sta accadendo. Nulla è perduto con la pace. L’uomo di pace è sempre benedetto e diventa una benedizione per gli altri. Ti abbraccio fraternamente.

Matteo Zuppi
Cardinale arcivescovo di Bologna e presidente della Cei

Zuppi presidente della Cei: “Il cristiano deve diventare un artigiano di pace”

Il cardinale Zuppi, presidente dei vescovi italiani

“La chiesa nella città non è un fortino distante dalla strada, ma è una presenza prossima, oserei dire materna, che si unisce al cammino, a volte tanto faticoso per molti in questi tempi di crisi e di paura”. In queste parole, pronunciate nel saluto rivolto alla città di Bologna subito dopo la sua nomina ad arcivescovo, sta la cifra del “sentire ecclesiale” che appartiene al card. Matteo Maria Zuppi, nominato dal Papa nuovo presidente della Cei, durante la 76ma Assemblea generale dei vescovi italiani, in corso a Roma fino al 27 maggio. “Io cerco di trovarne uno che voglia fare un bel cambiamento. Preferisco che sia un cardinale, che sia autorevole”, aveva detto Papa Francesco alcune settimane fa tracciando una sorta di identikit della nuova guida dell’episcopato italiano, pur chiedendo ai vescovi di sentirsi liberi nell’indicazione della terna per il successore del card. Gualtiero Bassetti. “Il pericolo è l’indifferenza, il pensarsi isole, il guardare la realtà da spettatori, magari raffinati critici e attenti giudiconi”, le parole di Zuppi perfettamente in linea con la “Chiesa in uscita” auspicata da Francesco e delineata in particolare in occasione del Convegno ecclesiale nazionale di Firenze 2015: “Chiudersi, per proteggersi o per banale egoismo, fa male a tutti, alla chiesa, alle singole persone e anche a questa casa comune che è la città!

Chiudendoci nelle case o nei palazzi o in noi stessi ci ammaliamo! E camminare assieme è una straordinaria e appassionante avventura!”. Poi le parole dedicate specificamente al rapporto tra Chiesa e città, che da Bologna possono essere “esportate” anche in chiave nazionale: “Nel rispetto dei ruoli, con lo specifico dell’essere discepolo di Gesù, e nel comune impegno alla solidarietà, tra istituzioni e tra persone, tra religioni, tra sensibilità diverse, ecco con tutta la Chiesa di Bologna collaboreremo con le autorità e con quanti hanno a cuore questa piazza grande che è la città intera”. In quell’occasione, il neonominato presidente della Cei aveva proposto di sostituire il termine “stranieri” con “nuovi italiani”. Sono “i compagni di classe che crescono con noi”, aveva ammonito:

“Cominciamo da loro, dai nuovi italiani, da chi non ha casa, da chi è vittima della tortura della solitudine, da chi è smarrito nel mondo della disoccupazione, specialmente i più giovani, da chi cerca futuro e protezione perché scappa dalla guerra”.

E proprio al dramma della guerra, o meglio al suo contrario, sono dedicati gli interventi più recenti di Zuppi, nel deflagrare del conflitto in Ucraina. “Il cristiano deve diventare un artigiano di pace”,

ha detto ad esempio il 22 maggio scorso, nella cattedrale di San Pietro gremita di folla per il pellegrinaggio annuale in città della Madonna di San Luca. “Dobbiamo chiedere a Maria il dono della pace e che ci insegni a vivere da ‘Fratelli Tutti’, perché lo siamo davvero”, ha scandito presiedendo la veglia di preghiera. In un’intervista sulla visita dell’Immagine della Beata Vergine di San Luca alla città e all’arcidiocesi di Bologna, in programma dal 21 al 29 maggio, Zuppi è tornato ancora una volta sulla tragedia della guerra e sull’interpretazione che ne dà il Santo Padre.

“Esiste – sostiene Zuppi – questo demone imprevedibile della guerra che contagia e spaventa tutti. Abbiamo capito quell’espressione di Papa Francesco della guerra mondiale a pezzi. Pensavamo, in fondo, che questi conflitti fossero soltanto problemi locali che non ci riguardavano, mentre la guerra in Ucraina ci fa capire che sempre, e questa in particolare, è un pezzo importantissimo del nostro futuro”.

E parla di pace anche il messaggio inviato alla comunità islamica a conclusione del Ramadan, con l’invito a “continuare a pregare per la pace, per disarmare i nostri cuori e le nostre mani, per avere nel cuore e sulla bocca quel ramoscello d’ulivo che dopo il diluvio della guerra rappresenta la pace tra le persone e i popoli. In un’ora del mondo segnata da grande dolore abbiamo bisogno di stringere più forti legami di amicizia, come segno tangibile della nostra volontà di pace.

Proprio mentre ci sembrava di uscire da una prova terribile, quella della pandemia, eccoci di fronte a una guerra sanguinosa, che bussa alle nostre porte e fa appello alle nostre coscienze, così come a quelle dei responsabili della politica. Dobbiamo unirci per chiedere con forza la cessazione dei combattimenti tra Russia e Ucraina e una soluzione pacifica delle controversie, nella ricerca del bene comune”.

Torna in mente la memorabile omelia presieduta dal card. Zuppi per i funerali dell’amico David Sassoli, durante la quale il 14 gennaio scorso aveva attualizzato il messaggio delle beatitudini: “Beati sono gli operatori di pace, gli artigiani, cioè che non rinunciano a ‘fare la pace’ iniziando dai piccoli e possibili gesti di cura, sporcando le mani con la vita, con le contraddizioni del prossimo, con la fatica a stringere quella del nemico che se lo fai si trasformerà in fratello”.

M. Michela Nicolais

Il cardinale di Bologna, Matteo Maria Zuppi, è il nuovo presidente della Cei

Il cardinale Zuppi

Papa Francesco ha nominato il card. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna, presidente della Conferenza episcopale italiana. A dare l’annuncio ai vescovi è stato il Card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, che ha dato lettura della comunicazione del Santo Padre. Nella mattinata di martedì 24 maggio – informa l’Ufficio nazionale della Cei per le comunicazioni sociali – i vescovi riuniti per la loro 76ª Assemblea generale hanno proceduto all’elezione della terna per la nomina del Presidente, secondo quanto previsto dallo Statuto (art. 26, § 1). Il card. Matteo Maria Zuppi nasce a Roma l’11 ottobre 1955, quinto di sei figli. Nel 1973, studente al liceo Virgilio, conosce Andrea Riccardi, il fondatore di Sant’Egidio, iniziando a frequentare la Comunità e collaborando alle attività al servizio degli ultimi da essa promosse: dalle scuole popolari per i bambini emarginati delle baraccopoli romane, alle iniziative per anziani soli e non autosufficienti, per gli immigrati e i senza fissa dimora, i malati terminali e i nomadi, i disabili e i tossicodipendenti, i carcerati e le vittime dei conflitti; da quelle ecumeniche per l’unità tra i cristiani a quelle per il dialogo interreligioso, concretizzatesi negli Incontri di Assisi.
A ventidue anni, dopo la laurea in Lettere e Filosofia all’Università La Sapienza, con una tesi in Storia del cristianesimo, entra nel seminario della diocesi suburbicaria di Palestrina, seguendo i corsi di preparazione al sacerdozio alla Pontificia Università Lateranense, dove consegue il baccellierato in Teologia. Ordinato presbitero per il clero di Palestrina il 9 maggio 1981 dal Vescovo Renato Spallanzani, subito dopo viene nominato vicario del parroco della Basilica romana di Santa Maria in Trastevere, mons. Vincenzo Paglia, succedendogli nel 2000 per dieci anni. Incardinato a Roma il 15 novembre 1988, dal 1983 al 2012 è anche rettore della chiesa di Santa Croce alla Lungara e membro del consiglio presbiterale diocesano dal 1995 al 2012. Nel secondo quinquennio come parroco a Trastevere, dal 2005 al 2010, è prefetto della terza prefettura di Roma e dal 2000 al 2012 assistente ecclesiastico generale della Comunità di Sant’Egidio, per conto della quale è stato mediatore in Mozambico nel processo che porta alla pace dopo oltre diciassette anni di sanguinosa guerra civile. Nel 2010 viene chiamato a guidare la parrocchia dei Santi Simone e Giuda Taddeo a Torre Angela, nella periferia orientale della città; e nel 2011 è prefetto della diciassettesima prefettura di Roma. Poco dopo, il 31 gennaio 2012 Benedetto XVI lo nomina Vescovo titolare di Villanova e Ausiliare di Roma (per il Settore Centro). Riceve l’ordinazione episcopale il successivo 14 aprile per le mani dell’allora cardinale vicario Agostino Vallini e sceglie come motto “Gaudium Domini fortitudo vestra”. Il 27 ottobre 2015 Papa Francesco lo nomina alla sede metropolitana di Bologna e il 5 ottobre 2019 lo crea cardinale con il Titolo di Sant’Egidio. È membro del Dicastro per il Servizio dello Sviluppo umano integrale e dell’Ufficio dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica.