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Tag: casa della gioventù

Casa della Gioventù, da quasi 40 anni a fianco delle persone fragili – INTERVISTA alla presidente Morena Maori

Casa della Gioventù

Da educatrice a presidente della cooperativa Casa della Gioventù. Il percorso di Morena Maori all’interno di una delle realtà più importanti del territorio diocesano inizia 34 anni fa e, nel tempo, si è arricchito di molteplici esperienze e ruoli che l’hanno portata nel consiglio direttivo già da anni, fino ad assumerne la guida. Una persona che conosce bene dunque la realtà socio assistenziale che da quasi 40 anni opera per il benessere e l’educazione delle persone fragili. E allora come potevamo non intervistarla? Ecco dunque l’audio della nostra chiacchierata che sarà in onda anche lunedì 29 luglio alle ore 20, martedì 30 alle ore 13:10 e alle 20 e infine domenica 4 agosto alle 16:50, sempre su Radio Duomo Senigallia – In Blu sulla frequenza 95.2 FM. Ma un estratto è disponibile qui in versione testuale per chi ama la lettura.

Quando nasce la cooperativa?
Nel 1985, da un gruppo di volontari che si sono messi insieme per dare delle piccole risposte a dei ragazzi che frequentavano il centro sociale Casa della Gioventù. Erano degli obiettori di coscienza. Il primo servizio è stato il centro diurno per disabili a Senigallia, nei locali di via Testaferrata. Poi le attività sono cresciute.

Quante ne offrite e dove?
Nel tempo sono stati avviati tanti servizi grazie ai suoi 180 dipendenti che lavorano nel settore della disabilità nei centri diurni a Senigallia, Ostra e Mondavio e nella comunità alloggio per disabili sempre a Senigallia; con i minori stranieri non accompagnati tramite due comunità a Ostra e Trecastelli; negli asili nido a Senigallia, Ostra, Mondavio, San Marcello e Filottrano. Da diversi anni lavoriamo anche con le diocesi, con i privati, con le famiglie che hanno bisogno di servizi specifici come per la disabilità lieve, una disabilità che definiamo invisibile.

Cioè?
Si tratta di ragazzi e ragazze che non hanno una certificazione di disabilità ma che presentano delle fragilità e che hanno bisogno di un tutor o di un aiuto nella gestione della propria vita. Alcuni di loro hanno un lavoro, ma non hanno magari tutte le capacità di rapportarsi con i pari.  E’ un servizio nato come centro per il tempo libero, per cercare di mettere insieme i ragazzi con fragilità e creare un gruppo. Poi si sono create amicizie, a tal punto che abbiamo pensato di affittare un appartamento e a rotazione farli convivere insieme. Ecco questa è una risposta che diamo alle famiglie con particolari esigenze.

Quanti utenti seguite?
Sono 95 ragazzi con disabilità nei centri diurni, il gruppo di persone con disabilità lieve è di circa 20 ragazzi; negli asili nido sono circa 300 bambini; nelle comunità alloggio sono 10, poi ci sono gli utenti del servizio di salute mentale che ha numeri variabili; nelle comunità per minori sono 22. Numeri importanti. 

Sempre da soli o avete qualche collaborazione?
In alcuni casi lavoriamo in ATI, un’associazione temporanea di imprese, con realtà del territorio ma non solo perché il valore di più realtà che svolgono lo stesso servizio può aumentare se ci si mette in rete invece di competere. Poi a monte ci sono i servizi sociali del Comune, l’Ast (l’azienda sanitaria territoriale), l’Umea (unità multidisciplinare dell’età adulta) e l’Umee (unità multidisciplinare dell’età evolutiva) che seguono i vari progetti e a cui noi rispondiamo.

C’è attenzione o sensibilità verso la disabilità e le fragilità? C’è coinvolgimento da parte della cittadinanza?
E’ sempre maggiore. All’inizio ci sono state delle resistenze, ma essendo gli utenti collocati all’interno del proprio territorio, c’è comunque una rete di persone e conoscenze, e poi le attività coinvolgono comunque la comunità. Molte attività sono all’esterno delle strutture, come in biblioteca, in palestra, al mare.

Spieghiamo quali attività portate avanti: saranno mille…
Sì e sono tutte volte al mantenimento o al miglioramento delle abilità e delle autonomie dei ragazzi. Quando un utente viene inserito nel centro, insieme all’équipe vengono valutate le potenzialità della persona e noi formuliamo delle attività specifiche. Ognuno ha delle figure di riferimento, così come i minori in assistenza scolastica o domiciliare: da qualche anno abbiamo un laboratorio che non fa solo aiuto compiti ma anche logopedia, neuropsicomotricità, psicoterapia. Siamo nella forbice tra pubblico e privato: un cuscinetto quando c’è una lista di attesa molto lunga. Perché non si perda tempo prezioso, soprattutto nell’età infantile.

Morena Maori
Morena Maori

Quali sono le fragilità più diffuse?
In questo momento si lavora molto con le scuole per dare attenzione agli adolescenti. Da tre o quattro anni si sono moltiplicati i progetti nelle scuole perché sta diventando molto diffuso il fatto che molti giovani hanno bisogno di punti fermi. L’adolescente fragile può incappare in situazioni a rischio: noi lavoriamo con le psicoterapeute nelle scuole, soprattutto sulle emozioni, sui sentimenti, in modo da fornire loro gli strumenti per poi riconoscere che quella intrapresa può non essere la strada giusta o essere proprio quella sbagliata. Queste esigenze c’erano anche prima del covid, ma dopo il 2020 sono esplose. Si sta cercando di colmare i gap.

E l’inclusione?
La portiamo avanti quotidianamente, con tutti i nostri servizi e attività: cerchiamo di sensibilizzare la cittadinanza e devo dire che la comunità è molto attiva, ma non solo: abbiamo una rete di volontari che davvero fanno a gara per cercare di dare una mano e coinvolgere gli utenti. Più difficoltà le riscontriamo con i minori stranieri non accompagnati: a volte perché arrivano a 17 anni e dopo un anno devono andare via dalla comunità, a volte perché invece il vissuto è talmente delicato che è difficile che si aprano o che si fidino. Le loro storie arrivano dritte al cuore. Anche gli educatori hanno una formazione e un’attenzione continua perché devono reggere l’urto di certe situazioni ma rimanere professionali per essere utili all’integrazione dell’utente nella comunità in cui vive.

E chi è Morena Maori (in FOTO a destra)?
Sono nata come educatrice, e sono da 34 anni in cooperativa; ho iniziato alla casa protetta di Corinaldo, poi il ruolo mi è stato un po’ stretto e via via ho preso degli incarichi di coordinamento del personale o dei servizi. Nel 2000, anziché andare in maternità anticipata, mi sono trasferita in ufficio e poi da lì varie esperienze mi hanno portato, un anno fa, a divenire presidente.

Maggiori informazioni, anche sulle modalità per sostenere i progetti della CdG, sono disponibili su: Casadellagioventu.it.

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Le cooperative sociali dopo la pandemia

Venerdì 11 giugno si terrà un webinar dal titolo “Servizi socialità comunità”, il welfare dopo la pandemia. A tal proposito abbiamo raggiunto Nicoletta Bani, presidente della Cooperativa “Casa della Gioventù”.

Nicoletta, di cosa tratterà l’incontro e come la pandemia ha inciso sulle attività della Cooperativa?

Una bella occasione di riflessione e ascolto quella organizzata dal CNCA – Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza, Federazione delle Marche di cui la Cooperativa Casa della Gioventù è socia. Un webinar dal tema attuale con la partecipazione della sociologa CHIARA SARACENO e le testimonianze delle cooperative Polo9 e Centro Papa Giovanni e della Associazione Yukers, anch’esse aderenti al CNCA Marche. La pandemia ha inciso sui servizi e attività della Cooperativa in maniera forte. La maggior parte di essi l’anno scorso sono stati chiusi per 3/5 mesi, durante i quali abbiamo mantenuto il contatto, relazioni e legami con gli utenti e le loro famiglie attraverso attività a distanza.

Come vi siete organizzati dopo la riapertura?

Nel momento della riapertura i servizi si sono riorganizzati completamente tenendo conto delle normative, protocolli e linee guida della Regione, ma comunque tenendo sempre presente i beneficiari e le loro esigenze, nel nostro caso le persone con disabilità, i bambini, i ragazzi, i giovani e le loro famiglie. Riadattarsi non è stato facile, tenete conto delle difficoltà ad esempio per un giovane che frequentava il centro diurno per disabili, di ritornare al centro e uscire di casa, oppure di mantenere le distanze e tenere la mascherina. Piano piano si è tornati alla normalità, anche grazie al lavoro e alla professionalità degli operatori, coordinatori e responsabili dei servizi anche per loro le difficoltà a riadattarsi, in stretto contatto e buona collaborazione con gli enti pubblici, i Comuni con cui siamo convenzionati. Senza questa sinergia il ritorno alla normalità sarebbe stato ancora più difficile.

Avete attività in programma?

Per l’estate ripartono i centri estivi a Senigallia e nei comuni dell’Unione delle Terre della Marca Senone tutti organizzati secondo le linee guida con anche attività all’aperto. Invito a partecipare numerosi al webinar di venerdì 11 per ascoltare altre esperienze. Iscrizioni gratuite al link indicato e diretta Fb sulla pagina del CNCA.

a cura di Barbara Fioravanti

Persone con disabilità a prova di pandemia

Attività con il gruppo ‘Se. po. fa’

Di pandemia si sta male. Nel corpo, quando il virus infetta, nelle relazioni, quando ogni altro essere umano è un potenziale untore. E quando la vita, più fragile per tanti motivi e bisognosa di qualche attenzione in più, è messa sottosopra da una quotidianità scossa nelle sue routine più belle e rassicuranti, le cose sembrano complicarsi ulteriormente. Con Anna Streccioni, educatrice e responsabile pedagogica nei Servizi per la disabilità all’interno della cooperativa sociale “Casa della gioventù” di Senigallia, ci siamo chiesti come vivono le persone con disabilità questo strano tempo.

Che periodo è per voi, questo?
Un periodo difficile! L’isolamento della scorsa primavera ci ha messo di fronte ad una lontananza a cui non eravamo abituati. Noi stiamo insieme quasi tutto il giorno, con alcuni per molte ore della giornata, con altri meno: il non poter vederci più da un giorno all’altro, il perdere i ritmi della quotidianità è stato un trauma per tutte le persone accolte nei nostri servizi. E anche per gli operatori stessi. Oggi abbiamo superato questo momento di lontananza e abbiamo dovuto imparare a reinventarci nei modi, nei tempi, negli spazi, nelle relazioni, in tutto quello che era il nostro vivere quotidiano. Un percorso non privo di difficoltà, anzitutto la nostalgia per le persone che non vedevamo. Con tanta fatica e con tanta fantasia ci siamo riprese le nostre abitudini e le giornate a cui eravamo abituati.
In cosa consiste il tuo lavoro e quello di altre persone che con te condividono la progettazione e la realizzazione di servizi e opportunità a misura di persone con disabilità?
La nostra cooperativa offre una serie di servizi rivolti a persone con disabilità, da quelle che hanno difficoltà importanti fino a giovani con limitazioni più lievi. Offriamo sia centri diurni, servizi per il lavoro, servizi per il tempo libero e per la vita indipendente. In ognuno di questi ambiti cerchiamo di costruire percorsi ad hoc che possano corrispondere alle esigenze di ciascuno, perché tutti hanno diritto di avere una vita piena, ricca di esperienze e di persone significative vicine. Ed è giusto che ognuno abbia questo proprio sentiero da intraprendere con la propria unicità e dignità. Ecco perché abbiamo sempre differenziato le nostre proposte per rispondere al meglio alle esigenze di ogni persona e questo momento di crisi generale è stato difficile, perché quanto ci caratterizza maggiormente sono le tante proposte socializzanti nelle quali ci incontriamo tra noi e con tante persone. Adesso la difficoltà di mantenersi su questo standard è notevole.
Come avete dovuto ridisegnare e riproporre le routine quotidiane collaudate da tempo?
Se parliamo ad esempio dei centri diurni, eravamo abituati ad avere dei gruppi di persone dal mattino (dalle 9) fino alle al pomeriggio (17.30); adesso ognuno di loro frequenta le stesse strutture per la metà del tempo e se prima avevano un impegno giornaliero, in questo momento questa possibilità si è dimezzata. Abbiamo dovuto ridisegnare spazi, ridefinire le stanze per garantire la sicurezza, capire quali erano i contatti di ciascuno. Se prima avevamo una programmazione variegata che andava dalla palestra, alla piscina al mare, al trekking, alle bocce, il negozio di bomboniere, ecc. ad un certo punto ci sono ci siamo ritrovati a non poter fare più le stesse cose e quindi ci siamo reinventati sulle proposte: tutto quello che potevamo l’abbiamo fatto all’aperto o in modalità compatibili con la sicurezza. Nel il progetto di ‘vita indipendente’ con i giovani più lievi, abituati a vivere per 24 ore in un appartamento in semiautonomia perché l’educatore stava in appartamento solo 3-4 al giorno al massimo, ci siamo ritrovati a dover stare con loro molte più ore, a non poter più farli dormire nella stessa casa; in questo modo la parte di autonomia li coinvolge soltanto durante il giorno. Tutto questo naturalmente ci ha messo in gioco anche come educatori, come responsabili.
Quali sono le risorse che le persone con disabilità inserite nei vostri percorsi hanno messo più in moto per affrontare con coraggio la pandemia?
Come sempre ci sorprendono, forse a noi meno perché vedendoli tutti i giorni crediamo profondamente nelle loro potenzialità. All’inizio molti dicevano “non porteranno mai la mascherina e non riusciranno mai a rispettare le regole”, invece niente di tutto questo. Abbiamo chiesto la collaborazione dei familiari, abbiamo spiegato come stanno le cose e loro hanno semplicemente aderito alle regole, come chiunque di noi – forse anche meglio di qualcuno di noi -; hanno reagito bene e se come noi hanno accusato il colpo, hanno preso dimestichezza in questa nuova modalità di vivere, di relazionarci. A volte ci stanno un po’ più stretti e fanno un po’ più fatica, però si va avanti. Come sempre, quando è il momento, tirano fuori delle risorse che ci sorprendono!

a cura di Laura Mandolini