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Sinodo della Chiesa italiana: votato il documento, ora la parola passa all’assemblea della Cei

Mons. Erio Castellucci, arcivescovo di Modena-Nonantola e presidente del Comitato nazionale del Cammino sinodale, guarda avanti con realismo e fiducia: la sinodalità, afferma, non è solo una parentesi, ma uno stile da rendere stabile. Il vescovo affronta anche il tema più discusso, quello dell’omoaffettività, chiarendo che “riconoscimento” non significa legittimazione morale, ma rispetto della persona. E rilancia: serve trasparenza, protagonismo laicale e il coraggio di non temere il confronto.

Lei ha definito questi quattro anni “belli”. In che cosa consiste, oggi, la vera bellezza ecclesiale del Cammino sinodale? E come trasformarla in un orientamento stabile, e non solo nel ricordo di una stagione significativa?
Sono stati anni intensi e belli perché, come ho detto, la bellezza secondo il Vangelo non coincide con l’armonia o l’estetica, ma con il dono, la dedizione, talvolta anche con la fatica. Gesù si presenta come “il pastore bello”, cioè colui che offre la vita. È questa la bellezza che ho potuto riconoscere: la gioia di camminare insieme, di trovare convergenze, anche nel confronto tra sensibilità differenti.
Quali strumenti possono rendere duraturo questo stile sinodale?
La sfida ora è radicare questo atteggiamento in modalità permanenti: Rinnovare gli organismi di partecipazione, promuovere i ministeri laicali e attribuire un ruolo più definito e significativo alle donne nella vita ecclesiale. La corresponsabilità, in particolare, è emersa come chiave per dare continuità a un processo condiviso.
Il voto ha segnato la conclusione di un tratto di strada, ma apre la delicata fase della recezione. Tradurre le proposte nel concreto delle diocesi sarà complesso?
Sarà un passaggio impegnativo. Le proposte approvate sono oltre cento, molte delle quali mantengono un carattere aperto. Alcune risulteranno più adatte a determinati contesti locali, altre sono già operative. C’è una varietà di percorsi e di ritmi tra le Chiese locali, per cui non tutto potrà essere deciso a livello centrale.
Quali azioni concrete saranno messe in campo?
Sarà importante individuare alcune mete comuni, che possano essere orientate da linee guida o testi condivisi. Le diocesi dovranno poi proseguire il lavoro: auspichiamo che équipe, delegati e referenti sinodali possano restare attivi nel processo. È un cammino che riprende subito: la Presidenza della Cei si riunirà per predisporre alcune proposte in vista dell’Assemblea di novembre. Ma servirà tempo: la sinodalità non si improvvisa, richiede maturazione e costanza.
Alcuni temi, come la formazione, hanno trovato largo consenso. Altri, come il ruolo delle donne, hanno incontrato più resistenze. Come interpreta questa varietà di risposte?
La considero un segnale positivo. Mi avrebbe preoccupato una votazione completamente unanime: sarebbe indice di conformismo. Invece circa il 15-17% dei votanti ha espresso dubbi su alcuni passaggi.
Come affrontare queste divergenze?
È importante capire se alcune proposte sono apparse troppo innovative o, al contrario, insufficientemente coraggiose. Il messaggio che riceviamo è: “riflettiamo ancora”. Alcuni nodi richiedono ulteriori approfondimenti. La Cei dovrà ordinare le priorità: ci sono decisioni che aprono la strada ad altre.
Ad esempio, senza rafforzare la corresponsabilità, sarà difficile avviare una vera riforma dell’iniziazione cristiana.
La pubblicazione dei risultati del voto è una novità. Si tratta di una scelta metodologica o di una visione ecclesiale?
È entrambe le cose. Papa Francesco già nei Sinodi romani ha voluto rendere noti gli esiti delle votazioni. Inizialmente, anche nel nostro percorso, si discuteva se rendere pubbliche le sintesi. Col tempo, ci siamo convinti che la trasparenza favorisce il dialogo e abbatte i sospetti.
È un cambiamento significativo rispetto al passato?
Dopo la seconda Assemblea, dove il testo non era stato diffuso, abbiamo compreso quanto la condivisione rafforzi la comunione. E poi, mi consento una battuta, tanto i documenti finiscono comunque in circolazione: meglio allora pubblicarli in modo ordinato e completo.
Il riferimento all’omosessualità nel Documento ha suscitato interpretazioni controverse. Può chiarire il significato dei termini “riconoscimento” e “accompagnamento”?
È un tema presente sin dalle prime fasi, per la sua attualità e per il significato simbolico che riveste oggi.
Molti, specialmente i giovani, guardano all’atteggiamento della Chiesa verso le persone omoaffettive come a un segnale decisivo di apertura o chiusura.
Come va compreso il linguaggio utilizzato?
Le espressioni “riconoscimento” e “accompagnamento” sono state ponderate con attenzione. “Riconoscere” non vuol dire approvare moralmente, ma partire dalla realtà della persona, con la sua dignità. “Accompagnare” significa camminare insieme, accogliere senza semplificazioni, come ci invita a fare Papa Francesco. È un atteggiamento esigente, ma profondamente evangelico. Come già accaduto per le coppie di divorziati risposati dopo Amoris laetitia, è un percorso che richiederà ulteriori passi.
Un passaggio del testo ha generato confusione, in particolare sulla partecipazione della Cei a “giornate promosse dalla società civile”. Di cosa si tratta?
Alcuni hanno equivocato, leggendo un riferimento implicito ai Pride. In realtà, si fa menzione di giornate già presenti nel calendario civile – come quella contro l’omotransfobia o contro gli abusi – in cui alcune diocesi promuovono momenti di preghiera o riflessione. L’intento non è aderire a logiche ideologiche, ma testimoniare rispetto e custodia della dignità umana.
Cosa si attende ora dalle prossime Assemblee della Cei, in calendario a novembre e a maggio?
Sono appuntamenti cruciali. L’Assemblea di novembre dovrà dare una prima forma definitiva agli orientamenti emersi. A maggio, invece, la Cei approverà un testo che guiderà la fase di recezione nei prossimi cinque anni.
Sarà un documento simile agli Orientamenti pastorali del passato?
Con una differenza sostanziale: questa volta, le indicazioni non nascono da un’analisi teorica, ma da un cammino reale, condiviso dalle comunità. Non è ancora definita la forma – potrebbe trattarsi di Linee guida o fascicoli tematici – ma è fondamentale che il processo sinodale non venga disperso, e che le Chiese possano interiorizzarlo con gradualità e continuità.

a cura di Riccardo Benotti

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2 febbraio, Giornata nazionale per la vita 2025: “Trasmettere la vita, speranza per il mondo”

Domenica 2 febbraio 2025 si celebra la 47ª “Giornata nazionale per la vita”, un appuntamento che si rinnova dal 1978 per decisione di San Paolo VI. Il messaggio di questa edizione della Giornata per la Vita è «Trasmettere la vita, speranza per il mondo. “Tu sei indulgente con tutte le cose, perché sono tue, Signore, amante della vita” (Sap 11, 26)». La Chiesa italiana lancia un appello urgente a ritrovare la speranza in un futuro segnato da sfide come le guerre, le migrazioni e il declino demografico. Il messaggio, pubblicato nel contesto del Giubileo, invita a riflettere sul valore della vita e sulla necessità di trasmettere ai giovani una visione positiva del futuro. Ispirato dalla bolla “Spes non confundit”, sottolinea l’importanza della speranza come forza trainante per affrontare le sfide del presente e costruire un futuro migliore.

Scrivono i vescovi italiani: «La «strage degli innocenti» di tanti bambini – «che perdono la vita nei teatri di guerra; che muoiono nelle migrazioni per mare o per terra; che sono vittime delle malattie o della fame nei Paesi più poveri; a quelli cui è impedito di nascere» – induca soprattutto i giovani «a guardare al futuro con preoccupazione e a impegnarsi per rendere il mondo migliore» mettendo al mondo dei figli. L’Italia «ha pochi figli e troppi “pets”» (animali domestici): «Da anni c’è un costante calo delle nascite, che preoccupa per le ricadute sociali ed economiche a lungo termine e c’è un vistoso calo del desiderio di paternità e maternità nelle giovani generazioni, propense a immaginare il proprio futuro di coppia a prescindere dalla procreazione di figli e c’è un preoccupante processo di “sostituzione”: l’aumento esponenziale degli animali domestici».

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Assemblea dei vescovi, card. Zuppi: “Non vogliamo vivere una cultura del declino”

“Non vogliamo vivere una cultura del declino”. Nella sua introduzione ai lavori della 79ª Assemblea generale dei vescovi italiani, in corso in Vaticano fino al 23 maggio, il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, ha tracciato l’indicazione di rotta per affrontare i problemi del Paese, il cui “stato di salute” desta “particolare preoccupazione”. La povertà divenuta “fenomeno strutturale”, l’inverno demografico, il dovere dell’accoglienza messo in pericolo da possibili abusi e mancanza di legalità, la necessità di un rapporto più proficuo con il mondo della cultura, i temi segnalati sul versante interno. L’immagine usata dal presidente della Cei per lo scenario internazionale è quella di una
Babele “segnata da tanta sofferenza, dalle ombre di guerre che non si fermano e paralizzano nella paura”.
Nell’ultima fase del Cammino sinodale, dedicata alla profezia, particolare spazio – ha annunciato il presidente della Cei – verrà dato alla domanda spirituale dei giovani, tra i protagonisti anche della prossima Settimana sociale dei cattolici italiani, in programma a Trieste dal 3 al 7 luglio, con la presenza di Papa Francesco e del presidente Mattarella.

Il “grazie” del Papa. Papa Francesco “ci ha ringraziati del nostro affetto e della preghiera per lui”, ha esordito Zuppi: “Parlare dei problemi con realismo, senza negatività, sempre pieni dello Spirito che libera dalla paura e dalla tentazione di fidarsi più di se stessi che della grazia”, una delle consegne del Pontefice alla Cei: per il cardinale è questa “la prospettiva da assumere, quando guardiamo all’Italia, alla vigilia del Giubileo, che ci vuole pellegrini nella speranza e capaci di considerare, con amore, le tante difficoltà e sofferenze del nostro amato Paese”.

Il Cammino sinodale. “Continuate a camminare; fate Chiesa insieme; siate una Chiesa aperta”. Sono le tre indicazioni del Papa per il Cammino sinodale della Chiesa italiana. “Camminare ci fa incrociare da vicino la realtà, a volte confusa, tanto da sembrare impermeabile, distante, solo materialista”, l’analisi di Zuppi: “Invece è sempre piena di sofferenze, di fragilità, di domande spirituali da riconoscere, di desideri di verità”. La terza tappa del Cammino sinodale, caratterizzato dalla “vivacità” della Chiese locali, è dedicata alla profezia. “I profeti vivono nel tempo, leggendolo con attenzione”, ha sottolineato il cardinale: “Cerchiamo di tradurre in scelte e decisioni evangeliche quanto raccolto in questi anni, sentendo la responsabilità delle decisioni che ci attendono, e che vanno anche prese”.

Povertà e inverno demografico. “In Italia, il 9,8% della popolazione, circa un italiano su dieci, vive in condizioni di povertà assoluta”, ha ricordato il presidente della Cei a proposito del preoccupante stato di salute del nostro Paese, in cui la povertà è diventata “un fenomeno strutturale”, con 5 milioni 752mila residenti nello stato di povertà assoluta, per un totale di oltre 2 milioni 234mila famiglie. A loro si aggiungono le storie di chi vive in una condizione di rischio di povertà e/o esclusione sociale: si tratta complessivamente di oltre 13 milioni di persone, pari al 22,8% della popolazione, dato al di sopra della media europea. Senza contare le povertà croniche e intermittenti e il divario generazionale che si rafforza.
“Non vogliamo vivere una cultura del declino, che ci fa stare dentro i nostri recinti, non ci fa essere audaci e ci priva della speranza”, l’appello contro la rassegnazione: l’inverno demografico “chiede interventi lungimiranti”, perché “non bisogna chiudersi alla vita”.
Accoglienza e aree interne. Sul versante dell’accoglienza, “è necessario promuovere azioni solidali e definire, con urgenza, soluzioni inclusive e realmente incisive, in grado di rafforzare il senso di comunità e di reciproca cura, affinché nessuno sia tagliato fuori o venga lasciato indietro”. “Questi problemi aumentano sensibilmente nelle aree interne del Paese, che restano oggetto di tanta preoccupazione della Chiesa”, ha proseguito il cardinale, secondo il quale invece tali aree, “se opportunamente aiutate in una visione strategica, possono diventare luoghi di accoglienza per tutti, anche in riferimento all’emigrazione che deve rappresentare un’opportunità oltre che una necessità”. “È l’accoglienza che allarga anche il cuore e diventa testimonianza di una rinnovata cultura di pace”, la tesi di Zuppi: “in questo senso accoglieremo i minori provenienti dall’Ucraina per un’estate di solidarietà. Sette nostre Chiese locali hanno dato disponibilità, insieme alle aggregazioni laicali, ad ospitare 700 minori”. “Abbiamo poi bisogno di una legalità certa ed efficace che combatta gli abusi, garantendo diritti e doveri e che permetta, tra l’altro, anche di rispondere ad una domanda di mano d’opera che diventa in alcuni casi una vera emergenza”, la ricetta del presidente della Cei.

Fede e cultura. Alla fine dell’introduzione, un un monito preciso: “Senza rapporti con il mondo della cultura, la Chiesa perde anche il contatto con il mondo sociale, oggi molto più estesamente scolarizzato e acculturato di quanto fosse nella prima metà del secolo scorso”. “Nonostante l’originalità e la determinazione di Papa Francesco, dobbiamo chiederci se non pecchiamo di timidezza e di mancanza di fantasia creativa in ambito culturale”, l’invito di Zuppi, secondo il quale “una Chiesa che non sia militanza e immaginazione culturale soffre di una colpevole, grave mancanza e omissione: non rende vivo e attuale il messaggio cristiano”. “La Chiesa deve aiutare la discussione critica delle ideologie, dei miti, degli stili di vita, dell’etica e dell’estetica dominanti”, la proposta del presidente della Cei: “Se è vero che la Chiesa ha bisogno di cultura, aggiungerei che è anche la cultura ad avere bisogno del punto di vista cristiano”.

M. Michela Nicolais

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La Chiesa italiana promuove una colletta per le popolazioni colpite dalla guerra in Terra Santa

La Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana indice per domenica 18 febbraio 2024 (I di Quaresima) una colletta nazionale, da tenersi in tutte le chiese italiane, quale segno concreto di solidarietà e partecipazione dei credenti ai bisogni, materiali e spirituali, delle popolazioni colpite dal conflitto in Terra Santa. Le offerte raccolte, da inviare a Caritas Italiana entro il 3 maggio prossimo, renderanno possibile una progettazione unitaria degli interventi anche grazie al coordinamento con la rete delle Caritas internazionali impegnate sul campo.

“Caritas Italiana – spiega il direttore, don Marco Pagniello – è in costante contatto con la Chiesa locale: dopo aver sostenuto, nella fase iniziale dell’emergenza, gli interventi di Caritas Gerusalemme, continua a seguire l’evolversi della situazione, accompagnando le Chiese locali nell’organizzazione delle diverse iniziative per far fronte ai bisogni dei più poveri e favorire un clima di pace e riconciliazione”. La colletta del 18 febbraio rappresenta, inoltre, una preziosa occasione di sensibilizzazione e animazione delle comunità parrocchiali italiane.

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Insegnanti di religione: Cei, firmata l’Intesa sul concorso con il Ministero dell’istruzione

È stata firmata ieri, martedì 9 gennaio 2024, dal presidente della Cei, card. Matteo Zuppi e dal ministro dell’istruzione e del merito, Giuseppe Valditara (nella fotografia del Ministero Istruzione), l’Intesa riguardante il concorso ordinario per la copertura del 30% dei posti per l’insegnamento della religione cattolica vacanti, previsto dall’articolo 1-bis della legge 159/19. Il restante 70% dei posti disponibili sarà coperto grazie a una procedura straordinaria, riservata ai docenti con almeno 36 mesi di servizio. Complessivamente si tratta di circa 6.400 insegnanti. L’Intesa firmata oggi, che sostituisce integralmente quella sottoscritta il 14 dicembre 2020, ricorda che la procedura concorsuale “è bandita, nel rispetto dell’Accordo di revisione del Concordato lateranense stipulato tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana il 18 febbraio 1984, ratificato con legge 25 marzo 1985, n. 121 e dell’Intesa tra il Presidente della Conferenza episcopale italiana e il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca sottoscritta il 28 giugno 2012, cui è stata data esecuzione con decreto del Presidente della Repubblica 20 agosto 2012, n. 175”.

I titoli di qualificazione professionale per partecipare al concorso sono quelli indicati al punto 4 dell’Intesa del 28 giugno 2012, rilasciati da Facoltà e Istituti elencati dal decreto del Ministro dell’Istruzione il 24 luglio 2020 (n. 70). Tra i requisiti è prevista la certificazione dell’idoneità diocesana all’insegnamento della religione cattolica “di cui all’articolo 3, comma 4, della legge 18 luglio 2003, n. 186, rilasciata dal Responsabile dell’Ufficio diocesano competente, nei novanta giorni antecedenti alla data di presentazione della domanda di partecipazione”. Il concorso, si legge nel testo, “si articola in una prova scritta e una orale” e “accerta la preparazione dei candidati con riferimento alle materie ed alle competenze indicate dalla normativa vigente e dalle intese richiamate in premessa. L’articolazione, il punteggio ed i criteri delle prove concorsuali e della valutazione dei titoli sono determinate dal bando di concorso, tenendo presente che tutti i candidati sono già in possesso dell’idoneità diocesana, che è condizione per l’insegnamento della religione cattolica”.

R.B.

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Cei, oltre 13 milioni di euro per 72 progetti caritativi in tanti paesi del mondo

Il Comitato della Conferenza episcopale italiana per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli, nella riunione del 7 e dell’8 luglio, ha approvato 72 nuovi progetti, per i quali saranno stanziati 13.564.698 euro così suddivisi: 5.273.407 euro per 27 progetti in Africa, 5.429.915 euro per 30 progetti in America Latina; 2.810.454 euro per 14 progetti in Asia; 50.922 euro per un progetto nell’Est Europa.

Tra i 27 interventi nel Continente africano, assume particolare rilevanza quello promosso dai Missionari Oblati di Maria Immacolata che a Belmonte, in Angola, costruiranno nuove aule per l’Istituto scolastico “Padre Mathuni”, che permetterà di ampliare l’offerta formativa, aggiungendo alle sezioni di primaria e secondaria anche quelle tecnico-professionali di sartoria e informatica, e di organizzare corsi pomeridiani di alfabetizzazione per le donne del quartiere. In Kenya, le Piccole Ancelle del Sacro Cuore ingrandiranno la struttura che ospita la scuola primaria “Sacred Heart” a Banana Hill dando la possibilità ad altri 400 bambini appartenenti a famiglie povere di frequentare le lezioni. In Costa d’Avorio, l’arcidiocesi di Gagnoa amplierà il Centro Emaús per garantire corsi gratuiti e attività socioculturali e sportive a circa 700 persone di età compresa tra i 18 e i 30 anni. Nella Repubblica Democratica del Congo, le suore della Divina Provvidenza potenzieranno e attrezzeranno il Centro di riabilitazione “Guy Homery”, nella città di Kahemba a Sukisa, che offre assistenza a giovani disabili, in particolare quelli affetti da Konzo, una grave malattia che provoca paralisi; attualmente il Centro ne ha in carico più di 160, di età compresa tra 1 e 25 anni.

Tra gli interventi più significativi, 5 sono nel Continente latino-americano. Ad Ampére, in Brasile, gli Agostiniani Scalzi, attraverso l’Associaçâo Social Agostiniana, realizzeranno una fattoria agricola dove coltivare foraggio e insegnare a produrre latte a basso costo alle famiglie più bisognose del territorio. In Messico, la diocesi di Tarahumara, mediante l’Associazione “Todos hermanos”, allestirà un laboratorio di cucito per le donne indigene. In Venezuela la Fondazione Sofia onlus (Salvatorian Office for International Aid) doterà di nuove attrezzature il Centro “Padre Jordan” che, ogni mese, offre assistenza sanitaria a 900 persone. In Costa Rica, l’Universidad Católica ristrutturerà alcuni spazi della sede di San Carlos, colpiti dal sisma, costruendone di nuovi, mentre ad Haiti la diocesi di Les Gonaives ricostruirà un collegio scolastico nel comune di Petit Riviere, fortemente lesionato dai terremoti.

Nel Continente Asiatico, 2 dei progetti vedranno la luce in India. Il primo quello della Hyderabad Archidiocese Social Service Society che promuoverà un programma di agricoltura sostenibile, fornendo sementi, materiali e corsi di formazione e rendendo gli abitanti della zona protagonisti del loro sviluppo. L’altro a Koduppunna, dove le Suore Piccole Operaie dei Sacri Cuori ristruttureranno e amplieranno la “Vijamata Public School”, una scuola ancora segnata dall’alluvione del 2018, facilitando così l’inserimento scolastico di 180 bambini, tra cui piccoli con disabilità motoria o ritardo cognitivo, emarginati e poveri. Nell’Europa dell’Est, la diocesi di Rrëshen in Albania acquisterà computer e materiale informatico per la scuola “San Giuseppe Operaio”, che offre corsi professionalizzanti ai giovani della regione.

M.C.

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La Bibbia a portata di mano: la nuova app della Bibbia Cei, completamente rinnovata

“Ogni nostra iniziativa, legata alla comunicazione, è sempre attraversata dalla linfa vitale dell’annuncio e dell’evangelizzazione. In caso contrario perderebbe la sua specificità. La tecnologia, dunque, può essere a servizio dell’annuncio”. Così Vincenzo Corrado, direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Cei, presenta la nuova app Bibbia Cei: uno strumento di consultazione dei testi biblici adatto ai dispositivi di ultima generazione disponibile su Apple Store e Google Play.

La tecnologia a servizio dell’annuncio?
Nel ventaglio delle possibilità, che certamente hanno a che fare con l’uso sapiente dell’evoluzione tecnica, va annoverato l’impegno per la diffusione della Parola nel digitale. Un’esperienza che risale ormai al 2000 è quella del sito BibbiaEdu.it, che permette di “incontrare e navigare” la versione Cei della Bibbia del 2008 e da cui ha preso forma la App Bibbia Cei, ora completamente rinnovata.

Quali sono le principali novità?
L’app offre tutti i servizi del sito www.bibbiaedu.it consentendo così di accedere e mettere a confronto la traduzione della versione della Bibbia Cei del 2008 con tutti gli altri testi ufficiali in italiano, ebraico e greco. A differenza del passato, può essere utilizzata anche in modalità offline. È accessibile dai dispositivi di ultima generazione, permettendo di personalizzare il contrasto e le dimensioni del carattere per le persone con difficoltà visive. App e sito BibbiaEdu.it contengono i testi della Bibbia Cei (2008 e 1974), della Bibbia Interconfessionale, dell’Antico Testamento in ebraico e greco, del Nuovo Testamento in greco e della Nova Vulgata.

La Chiesa italiana prosegue nella presenza digitale?
In poche settimane abbiamo avuto migliaia di riscontri; complessivamente, tra vecchi e nuovi download, siamo a oltre 106.000 per la versione Apple e quasi 30.000 per la versione Android. Questa nuova app ha infatti aggiornato la precedente. E i numeri confermano la bontà del progetto e sono anche stimolo ad andare avanti con altre novità. Non dimenticando peraltro che il sito BibbiaEdu.it mette a disposizione anche alcuni audio dei testi: è un progetto in via di sviluppo che vorremmo integrare sulle piattaforme podcast. La presenza digitale continua con quella motivazione all’origine del sito e dell’app: strumenti per “visionare, scomporre, richiamare, studiare la Parola che sta a fondamento della fede e della vita della comunità cristiana, patrimonio culturale e spirituale dell’umanità intera”.

Al progetto della nuova app ha partecipato anche l’Ufficio catechistico nazionale. Don Dionisio Candido, responsabile del Settore dell’apostolato biblico: perché una Bibbia digitale?
La Bibbia nasce come raccolta di libri che contengono la Parola di Dio. In altri termini, il Dio della Bibbia è un Dio che desidera comunicare, entrare in dialogo, relazionarsi con l’uomo. Nell’era digitale non si può non pensare ad un approdo della Parola orale e scritta anche nella sfera del digitale. È un grande servizio per rendere ancora più accessibile la fonte della fede cristiana e per apprezzare con facilità i testi e le traduzioni che nel tempo sono stati prodotti.

Cosa rappresenta questa iniziativa per la catechesi e l’apostolato?
Se la catechesi è “l’eco della Parola di Dio” mettere questi testi gratuitamente a disposizione del pubblico più ampio significa favorire il ritorno alle radici. Non esiste catechesi e apostolato biblico appunto senza Bibbia. Le grandi narrazioni bibliche come quelle di Abramo, di Mosè, di Pietro, di Maria sono state le prime catechesi: erano i racconti delle esperienze di fede dei primi credenti, che illuminano e sostengono i credenti di ogni tempo.

Per chi è pensata l’app Bibbia Cei?
Questa app è una risposta concreta all’invito del Concilio di rendere la Sacra Scrittura accessibile e familiare a tutti. Per far questo non basta “caricare” dei testi su una piattaforma digitale. Bisogna vigilare che i testi siano corretti, che le corrispondenze siano effettive, che ogni elemento (dal testo alle note) sia in ordine. E poi è necessario trovare le soluzioni migliori per le persone ad esempio con disabilità visiva, attraverso accorgimenti nel settaggio delle lettere. Anche i non vedenti hanno a disposizione adesso una serie di libri, sempre più nutrita, letti da professionisti. Ed infine non vanno trascurati gli esperti, che adesso possono consultare sul palmo di una mano anche i testi ebraico, greco e latino della Bibbia.

a cura di Riccardo Benotti

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Un anno di guerra in Europa: in piazza, anche a Senigallia, per gridare la pace

Non ci dobbiamo abituare alla guerra e alla violenza. Non dobbiamo mai rinunciare alla ricerca della pace. L’abitudine porta alla rassegnazione e si accetta la guerra come unica via possibile. Ma la vera vittoria è sempre la pace. Lo sforzo da compiere è aprire tutti gli spazi possibili per interrompere la logica della guerra, iniziata da un aggressore. Dialogo e giustizia, pace e giustizia devono andare d’accordo. Chi cerca la pace, trova anche la giustizia. Con l’insistenza della povera vedova, bisogna cercare la via della pace. E cercare la pace non è mai complicità con il male o arrendevolezza”. Lo dichiara il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, in un’intervista in occasione del primo anniversario della guerra in Ucraina e in vista del decimo anniversario dall’elezione di Papa Francesco. Di fronte ai milioni di profughi che scappano in tutto il mondo dalle guerre, il cardinale ricorda che “l’accoglienza è l’unico messaggio possibile”: “Chi non ha casa, va accolto. Dobbiamo metterci sempre nei panni degli altri. Chi ha perduto tutto e deve scappare, deve trovare accoglienza. Non ci sono alternative. Quello all’emigrazione – spiega – era un diritto garantito per tutti gli uomini, prima che sorgessero muri e nascessero paure. Tanto più per chi scappa da guerra, violenza o fame. Mettere in contrapposizione questo con il nostro futuro, significa non volere il futuro. L’accoglienza apre al futuro, la chiusura fa perdere anche il presente”.

A un anno dall’invasione dell’Ucrainada parte dell’esercito russo la ‘Scuola di pace’ del Comune di Senigallia e la “Rete per la pace subito” vogliono testimoniare la vicinanza al popolo ucraino organizzando a Senigallia una marcia il pomeriggio di domenica 26 febbraio 2023. Il corteo si snoderà lungo le vie del centro storico a partire da piazza Saffi, ormai luogo simbolo del Presidio che ogni sabato pomeriggio manifesta il proprio desiderio di pace.

Sotto lo slogan “L’unica vittoria di cui abbiamo bisogno è la pace”, la marcia partirà alle ore 17.00 da piazza Saffi e terminerà in piazza Roma. Si richiede ai partecipanti di indossare abiti scuri, perché l’intento della marcia è quello di celebrare unlutto collettivoperquesta guerra e per tutte le altre guerredimenticate, che stanno creando migliaia di morti tra civili e soldati, distruzione e disperazione. Si camminerà in silenzio, con le bandiere della pace e quelle di tutti i paesi vittime di conflitti armati.Solo durante le varietappe la marcia sarà accompagnata da versi e musiche. Anche le parrocchie della città suoneranno le campane a lutto.

a cura di L.M.

Terremoto in Turchia e Siria: Cei, il 26 marzo colletta nazionale per le popolazioni colpite

“Il mio pensiero va, in questo momento, alle popolazioni della Turchia e della Siria duramente colpite dal terremoto, che ha causato migliaia di morti e di feriti. Con commozione prego per loro ed esprimo la mia vicinanza a questi popoli, ai familiari delle vittime e a tutti coloro che soffrono per questa devastante calamità. Ringrazio quanti si stanno impegnando per portare soccorso e incoraggio tutti alla solidarietà con quei territori, in parte già martoriati da una lunga guerra”.

Stimolata da queste parole di papa Francesco e “consapevole della gravità della situazione”, la presidenza della Cei ha deciso di indire una colletta nazionale, da tenersi in tutte le chiese italiane domenica 26 marzo 2023 (V di Quaresima): “sarà un segno concreto di solidarietà e partecipazione di tutti i credenti ai bisogni, materiali e spirituali, delle popolazioni terremotate – si legge in una nota. Sarà anche un’occasione importante per esprimere nella preghiera unitaria la nostra vicinanza alle persone colpite”. Le offerte dovranno essere integralmente inviate a Caritas Italiana entro 30 aprile 2023.

Facendo proprio l’appello di Papa Francesco, al termine dell’udienza generale di mercoledì 8 febbraio, la presidenza della Cei, a nome dei vescovi italiani, rinnova “profonda partecipazione alle sofferenze e ai problemi delle popolazioni di Turchia e Siria provate dal terremoto”. Per far fronte alle prime urgenze e ai bisogni essenziali di chi è stato colpito da questa calamità, la Cei ha disposto un primo stanziamento di 500.000 euro dai fondi dell’8xmille per iniziative di carità di rilievo nazionale. Tale somma sarà erogata tramite Caritas Italiana, già attiva per alleviare i disagi causati dal sisma e a cui è affidato il coordinamento degli interventi locali. Continua a crescere, infatti, il numero delle vittime accertate, mentre sono ancora diverse migliaia le persone disperse e quelle ferite. Drammatica anche la condizione dei sopravvissuti, che hanno bisogno di tutto, stretti tra le difficoltà del reperimento di cibo e acqua e le rigide condizioni climatiche.

Andrea Regimenti

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La Cei e i progetti per il terzo mondo

terzo mondo, povertà, educazione, istruzione, scuola, libri, solidarietà, progetti umanitari

Nella riunione del 25 e del 26 novembre, scorsi il Comitato per gli interventi caritativi a favore del Terzo Mondo della Cei ha approvato 73 nuovi progetti, per i quali saranno stanziati 9.837.800 euro così suddivisi: 4.422.196 euro per 26 progetti in Africa, 3.499.455 euro per 35 progetti in America Latina; 1.274.644 euro per 11 progetti in Asia; 641.505 euro per 1 progetto in Medio Oriente.

In Angola, la Caritas diocesana di Menongue organizzerà per le ragazze e le donne di 26 villaggi un programma di formazione itinerante, articolato in corsi di alfabetizzazione, economia domestica, educazione alla dignità, alla salute, all’alimentazione, all’igiene. In Burkina Faso, l’associazione “La Goccia onlus” realizzerà una scuola primaria a Ziniarè, a 35 Km dalla capitale, che potrà accogliere 240 alunni, in gran parte orfani. In Ciad, la diocesi di Sarh costruirà a Koumra un edificio e acquisterà nuove attrezzature per il Liceo “College P. Marcel Durand” con l’obiettivo di rafforzare l’insegnamento secondario di qualità, promuovere gli studi commerciali e offrire formazione informatica.

In Etiopia, i Fratelli delle Scuole Cristiane restaureranno e amplieranno la scuola “St. Joseph” di Adama, mentre in Mauritania la diocesi di Nouakchott ammodernerà la biblioteca aggiungendo testi nuovi e più aggiornati e rilanciando corsi di formazione, iniziative culturali e di sostegno scolastico. Nella Repubblica Democratica del Congo, le Suore delle Poverelle ristruttureranno il Liceo Palazzolo a Kingasani e avvieranno una campagna di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne e sull’importanza dell’emancipazione femminile.

In Colombia, il vicariato apostolico di Puyo costruirà un centro per la raccolta…

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Abusi su minori: primo rapporto italiano Cei, nel biennio 2020-2021 segnalati 89 casi

Nel biennio 2020-2021, i casi di abusi segnalati, anche per fatti riferiti al passato, riguardano 89 persone, di cui 61 nella fascia di età 10-18 anni, 16 over 18 anni (adulto vulnerabile) e 12 under 10 anni. È quanto risulta dal primo Report nazionale della Cei sulla tutela dei minori nelle diocesi italiane, presentato oggi a Roma. Circa la tipologia dei casi segnalati, è emersa la prevalenza di “comportamenti e linguaggi inappropriati” (24), seguiti da “toccamenti” (21); “molestie sessuali” (13); “rapporti sessuali” (9); “esibizione di pornografia” (4); “adescamento online” (3); “atti di esibizionismo” (2). Le segnalazioni fanno riferimento a casi recenti e/o attuali (52,8%) e a casi del passato (47,2%). Il profilo dei 68 presunti autori di reato evidenzia soggetti di età compresa tra i 40 e i 60 anni all’epoca dei fatti, in oltre la metà dei casi. Il ruolo ecclesiale ricoperto al momento dei fatti è quello di chierici (30), a seguire di laici (23), infine di religiosi (15).

Tra i laici emergono i ruoli di insegnante di religione; sagrestano; animatore di oratorio o grest; catechista; responsabile di associazione. Il contesto nel quale i presunti reati sono avvenuti è quasi esclusivamente un luogo fisico (94,4%), in prevalenza in ambito parrocchiale (33,3%) o nella sede di un movimento o di una associazione (21,4%) o in una casa di formazione o seminario (11,9%). A seguito della trasmissione della segnalazione all’Autorità ecclesiastica da parte dei Centri di ascolto, tra le azioni poste in essere sono risultati prevalenti i “provvedimenti disciplinari”, seguiti da “indagine previa” e “trasmissione al Dicastero per la Dottrina della Fede”. Tra le azioni di accompagnamento delle presunte vittime, i Centri forniscono informazioni e aggiornamenti sull’iter della pratica (43,9%), organizzano incontri con l’Ordinario (24,6%), offrono un percorso di sostegno psicoterapeutico (14,0%) e di accompagnamento spirituale (12,3%).

I Servizi per la tutela dei minori sono presenti in tutte le 226 diocesi italiane (presente anche nella diocesi di Senigallia, ndr). È quanto risulta dal primo Report nazionale che ha raccolto 158 risposte su 166 diocesi coinvolte: 8 Servizi sono infatti a carattere interdiocesano. La rappresentatività statistica del campione di indagine è pari al 73,4% (166 diocesi sulle 226 totali in Italia e, ad oggi, sono in corso ulteriori accorpamenti).

M.N.

Verifiche in tutte le chiese della regione Marche, alcune lesioni alle strutture dopo il terremoto

Danni nelle chiese di Senigallia dopo il terremoto del 9 novembre
Danni nelle chiese di Senigallia dopo il terremoto del 9 novembre

Subito dopo le scosse di terremoto i vescovi marchigiani si sono sentiti telefonicamente per un primo report sui danni. Di concerto con le Prefetture, i sacerdoti stanno svolgendo le prime verifiche in tutte le chiese aperte e segnalano ai vigili del fuoco eventuali problemi. Al momento si lamentano distacchi di stucchi e lesioni in alcune chiese nella zona di Senigallia e Pesaro. Anche le Caritas sono in preallarme e collaborano alle verifiche sulle loro strutture e su eventuali necessità di assistenza alla popolazione.

Questo l’annuncio di Nazzareno Marconi, presidente della Conferenza episcopale marchigiana, che aggiunge: «Il segretario generale della Cei, monsignor Giuseppe Baturi, mi ha già contattato e ha raccolto un primo bilancio della situazione, tenendo i contatti con il Commissario del terremoto e la Protezione civile. In mattinata anche il Santo Padre ha chiesto notizie e garantito la Sua vicinanza alla popolazione colpita prima dall’alluvione ed ora dal terremoto».