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Tag: cristina bertuzzi

Giornata internazionale delle persone con disabilità, c’è tanto da fare

“Ancora oggi molti di voi vengono trattati come corpi estranei della società. Sentono di esistere senza appartenere e senza partecipare e ci sono ancora molte cose che vi impediscono una cittadinanza piena”. A lanciare il grido d’allarme, rivolgendosi direttamente alle persone con disabilità, è il Papa, nel messaggio per la Giornata internazionale delle persone con disabilità, che si celebra il 3 dicembre, e che quest’anno ha per tema: “Voi siete miei amici”. “La discriminazione è ancora troppo presente a vari livelli della vita sociale”, la denuncia di Francesco: “essa si nutre di pregiudizi, di ignoranza e di una cultura che fatica a comprendere il valore inestimabile di ogni persona”. “In particolare – l’analisi di Francesco – considerare ancora la disabilità – che è il risultato dell’interazione tra le barriere sociali e i limiti di ciascuno – come se fosse una malattia, contribuisce a mantenere separate le vostre esistenze e ad alimentare lo stigma nei vostri confronti”. “Per quel che concerne la vita della Chiesa – il “mea culpa” del Papa – la peggiore discriminazione è la mancanza di attenzione spirituale, che a volte si è manifestata nel diniego di accedere ai sacramenti, sperimentato purtroppo da alcuni di voi”. Il magistero, invece, “è molto chiaro in merito e di recente, il Direttorio per la Catechesi ha affermato in maniera esplicita che nessuno può rifiutare i sacramenti alle persone con disabilità”.

E’ una battaglia di civiltà che ancora chiede attenzioni, intelligenze e politiche strutturate. Ne è convinta Maria Cristina Bertuzzi, dell’associazione senigalliese ‘Amici disabili’: “Il 3 dicembre di ogni anno viene celebrata la giornata dei diritti delle persone con disabilità e ogni anno in quella giornata diverse realtà, in primis quelle istituzionali, si impegnano nel sottolineare quanto importante e giusto sia riconoscere e garantire i diritti alle persone che si trovavo a vivere una condizione di profondo disagio a causa delle più svariate disabilità psico fisiche. Ma il punto è che non basta concentrare gli sforzi in una sola giornata, se non si lavora tutto l’anno in tutti gli ambiti che coinvolgono la vita di una persona, per far sì che tutti, indipendentemente dalle loro abilità psico fisiche abbiano la possibilità di una libera progettualità di vita indipendente, allora lo sforzo fatto il 3 dicembre diventa vano.anche perché, verrebbe da dire, è costretto a farlo in quanto queste persone non godono di ottima salute…, ma tutto ciò che riguarda la quotidianità intesa come scelta di una vita sulla base delle proprie inclinazioni e desideri, rimane affidata alla sensibilità di pochi: ecco quindi che lo sport, le attività ricreative, le attività culturali sono praticamente pensate per le sole persone abili. Finché saremo concentrati a cercare da soli la nostra felicità, rimarremo sempre insoddisfatti, perché la vera gioia è sapere che nessun fratello, nessuna sorella rimangono indietro.

Quando è arrivata Teresa, una bambina speciale

Sono mamma da quasi 27 anni e ho cinque figli. Non si studia per essere madri, certo qualcuna può, per natura, essere particolarmente predisposta, ma la realtà è che si impara sul campo, si cresce con loro. Dopo il primo figlio ci si sente più sicure, più “esperte”, anche se ci si rende conto che c’è sempre qualcosa di diverso che ti fa aggiustare il tiro, ma dopo il quarto… beh dopo il quarto ormai ci si sente qualificate al pari di un professore universitario, la casistica delle variabilità che credi di aver affrontato è così ampia che sei sicura che il tuo sapere sulla questione è una garanzia per accogliere un altro figlio con serenità, competenza e abilità.

Ma ecco che arriva Teresa, imprevedibile e travolgente come uno tsunami e tutte le tue certezze si annientano in un secondo, nell’immediato momento in cui, dopo la prima mezz’ora di gioia infinita per la sua nascita, con la stessa modalità con cui puoi essere informata che la bimba ha i capelli scuri, ti viene annunciato che Teresa è nata con una grave disabilità.

La notizia ci ha annientato, non dal punto di vista affettivo perché l’amore che si prova per ogni figlio è infinito, unico e totale, ma immediatamente subentra un senso di impotenza che rischia di distruggerti le forze fisiche e mentali… cosa fare in questi casi? che futuro ci aspetta?  a chi dobbiamo rivolgerci? Domande a cui spesso nessuno riesce a dare una risposta, se non informazioni vaghe e confusionarie.

Cosa si desidera per un figlio? Che viva una vita serena, perché amato e accolto, che sia in salute e che possa esprimersi e vivere secondo le proprie attitudini: questo è il desiderio profondo di ogni genitore; questo è il desiderio profondo che ho per Teresa.

Qual è la differenza che si incontra nel cercare di realizzare questo desiderio per un figlio normodotato rispetto a un figlio speciale? Per un figlio normodotato le istruzioni sono tante e molto chiare, ci sono tanti percorsi già tracciati, già testati da molti, adattabili e facilmente individuabili, a partire dall’infanzia fino all’età adulta: attività prescolastiche, percorso di studio, percorso salute, lavoro, percorsi di fede… la maggior parte a portata di mano, il territorio ti offre quasi tutto quello che può essere utile.

Per un figlio con esigenze diverse da quelle della massa è tutto da costruire ex novo: le informazioni di partenza sono scarse o inesistenti, i percorsi sono pochi, spesso inadeguati e scarsamente personalizzabili, a volte fuori dal territorio in cui si vive e le comunità, civile e religiosa, sono ancora poco disposte all’accoglienza, perché inadeguatamente preparate.

Lo sconforto iniziale è scomparso quando ho preso consapevolezza che Teresa è figlia di Dio, amata infinitamente al pari degli altri suoi figli e, con un po’ di presunzione, oso pensare forse  un po’ di più degli altri, perché fragile: saperla affidata a Dioci dà la forza di affrontare la quotidianitàoltre alla carica per lottare nel pretendere ogni giorno che siano garantiti i suoi diritti, al pari di tutti gli altri. Teresa è una bimba fortunata perché è circondata da persone che le vogliono bene e si prendono cura di lei: i suoi fratelli, le sue educatrici e maestre, la sua pediatra; chi la incontra non può non volerle bene perché lei è specializzata nel dare amore; noi, da soli, non potremmo andare molto lontano, abbiamo bisogno del sostegno di tutti.

La salita è ripida da togliere, il fiato, ma se affrontata in cordata fa meno paura.

Maria Cristina Bertuzzi