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Tag: don Luigi Imperio

Le spoglie di S. Maria Goretti a Corinaldo: intervista al parroco don Luigi Imperio

Le spoglie di santa Maria Goretti (1890-1902) tornano per una settimana nel suo paese natale, Corinaldo e per l’occasione è stata organizzata una settimana di eventi. Dal 27 gennaio al 2 febbraio 2025 vari appuntamenti religiosi e culturali permetteranno a visitatori, pellegrini e fedeli, in occasione dell’anno giubilare appena aperto da papa Francesco, di ricordare la storia della santa bambina e di riflettere sulle sua vita, la sua profonda spiritualità. Per l’occasione, abbiamo incontrato il parroco di Corinaldo, don Luigi Imperio.

Don Luigi, cosa significa per la comunità corinaldese e diocesana avere per qualche giorno le spoglie di S. Maria Goretti?
Penso che significhi avere l’occasione andare a imparare qualcosa da una grande testimone di Cristo. La vita di Marietta è stata una vita breve ma riempita dalla presenza del Signore, tramite una fede semplice e quotidiana appresa in famiglia, Marietta è testimone della Grazia di Dio. Ci sono cose che impariamo perché studiamo e ci applichiamo e ci sono cose che impariamo perché toccati nel cuore, nell’intimo. La fede scatta quando la Grazia raggiunge il cuore dell’uomo: il cuore che è come il terreno che se viene raggiunto dalla giusta quantità di acqua permette i semi contenuti in esso di germogliare, ecco i giorni del Giubileo e della presenza della Santa tra noi sono giorni di ‘irrigazione’ da parte dello Spirito santo.

La sua breve e intensa vita parla di tanto: quale sua testimonianza è particolarmente capace di parlare al mondo odierno?
Conoscendo più da vicino la vicenda di Santa Maria Goretti sono rimasto colpito dalla luce e dalla forza del messaggio di questa piccola martire. Dalla luce: perché in un mondo dove sembra sia calata una nebbia che rende tutto indistinguibile e lattiginoso Marietta fa vedere il bene di una fede semplice che sostiene nella durezza della vita quotidiana, pensiamo alla fatica della vita in campagna della fine del ‘800 che non risparmiava nemmeno i bambini; di una operosità umile e paziente anche quando la convivenza è con persone moleste come furono i Serenelli. Dalla forza: nel momento della perdita dell’amato padre Marietta si rimbocca le maniche (dice a mamma Assunta: ’io penserò alla casa e voi penserete al lavoro nei campi), e incoraggia la madre a non disperare che ‘Dio non farà mancare il suo aiuto’; di fronte alle insistenze di Alessandre Serenelli il no di Marietta è fermo e convinto, nel momento della morte ha la forza di perdonare e di chiedere il paradiso per il suo uccisore.

Nel tempo del Giubileo, come la santità della piccola corinaldese ci rafforza nella Speranza?
La santità di Maria Goretti ha a che fare con la Speranza: Marietta muore perdonando Alessandro Serenelli, il padre Passionista che la confessa il letto di morte le chiede esplicitamente se vuole perdonare il suo uccisore e Marietta risponde sì lo perdono e lo voglio con me in paradiso, sono parole che sanno di Speranza; speranza come riscatto di una vita nuova per Alessandra Serenelli, di Speranza per questa piccola grande martire che muore con il cuore rivolto al paradiso. E questo perdono raggiungerà Alessandro Serenelli otto anni dopo. Serenelli è disperato, la vita del carcerato è dura, Alessandro non vede futuro per sé, quello che ha fatto gli appare sempre più chiaramente come un delitto terribile, che non ha possibilità di redenzione alcuna. In una di quelle notti drammatiche Alessandro racconta di aver avuto un sogno in cui Marietta gli va incontro sorridente, offrendogli dei fiori; Alessandro capisce di essere stato perdonato e questa idea gli fa scattare il desiderio di redimersi, c’è ancora un futuro per lui, il carcere sarà un tempo di espiazione. Questo percorso culminerà nel 1934 con la decisione di andare a Corinaldo a chiedere a mamma Assunta il perdono, e Assunta a questa richiesta risponde: ‘Dio ti ha perdonato, Marietta ti ha perdonato, ti perdono anch’io’; e così il 25 dicembre 1934 parteciperanno alla Messa di Natale insieme, facendo la comunione tutti e due. 

Scorrendo il calendario, cosa c’è in programma per valorizzare questo evento?
Al centro dell’evento ci sarà la celebrazione penitenziale diocesana giubilare presieduta dal Vescovo Franco, una liturgia per aprire il nostro cuore alla grazia per l’intercessione di Santa Maria Goretti. Poi ci sarà il racconto di una famiglia libanese che ha perdonato l’assassino della figlia e il racconto della storia di Serenelli per bocca di padre Alberti,  un’altra sera le testimonianze di giovani ‘risorti’ da dipendenze varie della Comunità cenacolo, e una catechesi sul perdono di madre Rosaria fondatrice dei Figli del divino amore, sabato sera un concerto di musica classica con musicisti d’eccezione, e a concludere un concerto testimonianza di un gruppo di rock cristiano. Durante il giorno, mattina e pomeriggio, c’è tempo per la celebrazione della riconciliazione, sacerdoti saranno disponibili per offrire il perdono di Dio a quanti lo chiederanno.

Il programma completo delle iniziative è consultabile sul sito www.santamariagoretti.it

a cura di Laura Mandolini

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Don Luigi: “Costretti ad andare all’essenziale”

don Luigi Imperio

Don Luigi Imperio, dallo scorso settembre, è parroco a Monte San Vito e Borghetto, la prima, storica comunità parrocchiale che vanta una chiesa molto bella; la seconda, popolosa frazione ‘in basso’ dove vivono tante giovani famiglie, con nuove abitazioni e dinamiche sociali tanto diverse. Lo abbiamo raggiunto per farci raccontare come sono andati questi primi mesi di servizio pastorale.

“Provo a fare un piccolo bilancio di questi primi mesi nelle due nuove comunità, nella parrocchia di Monte San Vito e di Borghetto, in cui sono arrivato il primo settembre. Devo dire che non erano parrocchie totalmente a me sconosciute. Dal 2008 al 2010, infatti, sono stato collaboratore di don Pietro e don Mario, due parroci storici per queste comunità. E quindi sono arrivato in una situazione è vero di pandemia, di tante restrizioni ma con persone già un po’ conosciute, parte della comunità già conosciuta: è un punto di forza perché almeno affrontiamo insieme questo momento. Vedo che c’è una grossa spinta a fare quello che si è sempre fatto da parte degli operatori pastorali, e da parte della gente di chiedere quello che si è sempre chiesto.

C’è questa difficoltà di provare a fare o a chiedere qualcosa di diverso. Invece mi sembra che la pandemia ci chieda proprio questo: accanto alla prudenza, l’attenzione nell’uso della mascherina, lo stare a distanza, forse la pandemia ci chiede di osare in altri ambiti, non in quello sanitario ma in quello pastorale. Non nelle cose da fare ma nel come fare le cose.

Potrebbe essere proprio questo della pandemia un evento che ci costringe ad andare all’essenziale anche come comunità parrocchiali. Mi chiedo quante delle cose che venivano chieste alla parrocchia veramente erano essenziali o riuscivamo a far sì che fossero integrate nella pastorale, cioè vie per giungere alle persone e per portare poi le persone al Signore. Questa condizione spinge noi parroci, catechisti, operatori Caritas, operatori della liturgia, tutte le varie entità che si muovono all’interno della parrocchia a chiederci qual è veramente l’essenziale per la comunità e cos’è che posso offrire anche in questo tempo difficile alle persone”.