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Tag: don Paolo Gasperini

Gioco d’azzardo, numeri in crescita: l’allarme di Libera

Un fenomeno in costante crescita che rovina vite, famiglie e relazioni. Il gioco d’azzardo patologico è il tema al centro dell’iniziativa organizzata a Senigallia dall’associazione Libera, di cui è referente don Paolo Gasperini. Con l’evento “Liberarci: due giorni insieme per non giocare con la vita”, l’associazione intende sensibilizzare la comunità su una problematica che ha raggiunto proporzioni allarmanti, con un volume d’affari che ha superato i 155 miliardi di euro nel 2024 solo nel gioco legale. E’ possibile ascoltare l’intervista sia su Radio Duomo Senigallia venerdì 29 e sabato 30 agosto (ore 13:10 e ore 20) e domenica 31 (ore 17:15 circa), sia cliccare sul lettore multimediale che accompagna questo articolo.

Gioco d’azzardo: una trappola che isola e distrugge

Il gioco d’azzardo ha la funzione terribile di isolare, strappare e deturpare le relazioni. Il parroco senigalliese sottolinea come la dipendenza da gioco sia analoga a quella da alcol o droga, con le classiche dinamiche di autoinganno, bugie e la riluttanza a chiedere aiuto. Il fenomeno colpisce trasversalmente tutte le fasce d’età e i ceti sociali, ma si sta diffondendo in modo preoccupante anche tra gli over 65. La portata economica è impressionante: secondo i dati citati, ogni italiano maggiorenne spende in media 2.000 euro all’anno in gioco d’azzardo legale. La situazione si aggrava considerando il vasto mondo del gioco illegale, un “mondo parallelo” dove si scommette su qualsiasi cosa, dallo sport all’elezione del Papa. 

Prevenzione e legislazione, un quadro a tinte fosche

L’incontro organizzato da Libera, in collaborazione con esperti del servizio dipendenze patologiche dell’AST di Senigallia, ha l’obiettivo di aprire gli occhi sulla realtà circostante. Più che ai giocatori dipendenti, che spesso non riconoscono il problema, l’iniziativa si rivolge a chi vive al loro fianco e alla società civile, affinché possa riconoscere i segnali e intervenire in maniera preventiva o quando la situazione può essere ancora recuperata.
La legislazione regionale e locale, invece di contrastare il fenomeno, sembra quasi incentivarlo. Don Gasperini critica alcune misure normative che hanno di fatto ridotto le distanze minime tra i luoghi di gioco e i centri sensibili, e aumentato gli orari di apertura, giustificando l’intervento con l’esistenza del gioco online. Una scelta che ignora la “funzione educativa” della legge e dimostra una crescente permissività.

Gli appuntamenti a Senigallia per approfondire il tema sono due: sabato 30 agosto alle 22, durante il concerto dei Musaico a Borgo Bicchia, e giovedì 4 settembre alle 21 al Circolo Arci di Borgo Molino, con un dibattito che vedrà la partecipazione di specialisti del settore.

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Sinodo di Roma, la speranza di una Chiesa sempre più inclusiva

Che aria si respira a Roma in questi giorni di assemblea sinodale? Quella di un confronto acceso e sincero, messo in moto dalla Chiesa italiana che si è riunita per interrogarsi sul proprio futuro, per capire come affrontare le sfide di un mondo in continua trasformazione e per riscoprire la propria missione. Come nostro solito, abbiamo voluto approfondire la questione con don Paolo Gasperini e Daniela Giuliani, rappresentanti della Diocesi di Senigallia insieme al vescovo Franco Manenti. L’intervista è in onda mercoledì 2 e giovedì 3 aprile alle ore 13:10 e alle ore 20, oltre che in replica alle 16:50 di domenica 6. L’audio è disponibile anche qui insieme a un breve testo.

C’è un desiderio palpabile di rinnovamento, di un approccio più concreto ai problemi, di una Chiesa che sappia parlare il linguaggio del nostro tempo. Le “proposizioni” presentate dal comitato centrale, però, non sembrano aver colto appieno questo desiderio. Sono state giudicate troppo generiche, troppo legate al passato, incapaci di indicare una strada chiara per il futuro.

Eppure, la speranza non è spenta. Anzi, il dibattito vivace, le critiche costruttive, la partecipazione sentita di donne e uomini di Chiesa, tutto questo testimonia una grande vitalità. C’è la consapevolezza che il cambiamento è possibile, che la Chiesa italiana può e deve trovare nuove strade per annunciare il Vangelo.

Il tema della sinodalità, del camminare insieme, è centrale. Si avverte la necessità di una Chiesa più inclusiva, capace di ascoltare tutte le voci, di valorizzare il contributo di ciascuno. Emerge con forza il ruolo delle donne, la loro autorevolezza, il loro desiderio di partecipare pienamente alla vita della Chiesa.

L’assemblea si concluderà con la consapevolezza che il cammino è ancora lungo, che le sfide sono tante, ma anche con la certezza che la Chiesa italiana ha le risorse per affrontarle. C’è la volontà di non lasciare cadere nel vuoto le istanze emerse, di trasformarle in azioni concrete, di costruire una Chiesa più autentica, più vicina alla gente, più capace di testimoniare la speranza del Vangelo.

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Rapporto immigrazione 2024: «cittadini stranieri in aumento, occasione per parlare di accoglienza e cittadinanza» – L’INTERVISTA

Recentemente è stato presentato il rapporto immigrazione di Caritas e fondazione Migrantes. Un documento in cui si fotografa la situazione in Italia legata al fenomeno migratorio, fornendo dati e fonti. Di tutto questo abbiamo parlato con don Paolo Gasperini, sacerdote della diocesi di Senigallia e referente locale per la fondazione Migrantes. Quest’ultima è un organismo pastorale della Conferenza Episcopale Italiana che si occupa proprio di far conoscere il fenomeno delle migrazioni, stimolare riflessioni nella società civile e promuovere comportamenti di accoglienza. L’intervista è in onda venerdì 18 ottobre e sabato 19 alle ore 13:10 e alle ore 20, mentre domenica 20 lo sarà a aprtire dalle 16:50 la terza di tre interviste consecutive. Qui è presente l’audio integrale e un estratto del testo.

Partiamo intanto da ciò che c’è scritto nel report.
Tutti gli anni verso la fine dell’anno la Caritas italiana insieme alla Fondazione Migrantes, che è l’organismo che si occupa delle immigrazioni all’interno della Chiesa, presentano un rapporto immigrazione per l’anno, mettendo in evidenza la tendenza, quello che sta succedendo. È una fotografia, non si danno giudizi di valore ma sono dei numeri che però aiutano a leggere la situazione e questo è molto importante perché a volte noi abbiamo una precomprensione che non parte dai numeri reali o dalle situazioni reali, ma da una nostra idea che non sempre corrisponde alla realtà. 

Quali sono le tendenze?
I cittadini stranieri, parliamo di cittadini stranieri residenti in Italia, quindi che non hanno cittadinanza italiana, ma sono residenti, in parte hanno anche la cittadinanza, in tutta Italia sono circa il 9%, da noi nel nostro territorio sono un po’ di meno, circa il 6,5%, ma anche questa distribuzione è disomogenea in tutta Italia, sono più presenti al nord e molto meno presenti al sud. Sono leggermente in aumento, per esempio lo scorso anno sono aumentati di circa 3%, parliamo di circa 200 mila persone in più. Se teniamo conto che la tendenza della popolazione in Italia tende sempre a diminuire, ci rendiamo già immediatamente conto come di fatto i cittadini stranieri, residenti in Italia, garantiscono anche il mantenimento di certi servizi. I principali paesi di provenienza sono in Italia, ma questo lo si rispecchia anche un po’ nella nostra zona, la Romania, il Marocco, l’Albania, l’Ucraina, la Cina, l’Egitto, l’India, il Bangladesh, le Filippine, con percentuali diverse. 

E per quanto riguarda il lavoro di queste persone?
Aumenta anche il tasso di occupazione dei cittadini stranieri residenti in Italia, con nuove assunzioni che tutti gli anni aumentano di qualche punto percentuale. Dall’anno scorso sono aumentate circa il 4%, sono 2 milioni di assunzioni in più di fatto, molti nella cura dei lavori domestici, un 10%, molti negli alberghi e nei lavori stagionali, anche nell’agricoltura e anche nelle costruzioni. Un dato molto interessante è la presenza dei giovani. 

Che ripercussioni sull’aspetto religioso?
Anche l’appartenenza religiosa è un dato interessante, perché abbiamo una percezione molto forte dei musulmani, ma in realtà la maggior parte delle persone sono cristiane, in maggioranza è di religione ortodossa, ma i cristiani sono più del 50%, in percentuale i musulmani sono di più degli ortodossi, sono quasi il 30%, però i cristiani sono il 50% e questo ci dà anche come chiesa un’indicazione su come intervenire, noi pensiamo sempre a un dialogo interreligioso, c’è anche un dialogo tra le confessioni cristiane e un’accoglienza dei cattolici stessi che sono quasi il 20% di tutte le persone immigrate. 

Come fotografia in sé il report dà delle indicazioni molto importanti al mondo politico, ma le politiche poi vengono calibrate su questo report? 
Di fatto no, non c’è un ascolto, pensate che quando si fanno questi report si attingono a tutte le fonti che ci sono, ai dati… Però pensiamo all’aspetto dell’integrazione, se ne parla pochissimo, perché si è molto più sbilanciati sul discorso sicurezza, sul discorso lavoro, ma altri aspetti si considerano abbastanza poco. Si parla molto della prima accoglienza, sembra che sia la parte più consistente del fenomeno migratorio, ma in realtà rispetto ai numeri dei migranti già presenti in Italia che sono più di 5 milioni, capiamo che il fenomeno va considerato in un contesto molto più ampio, purtroppo siamo sempre presi dall’emergenza e l’emergenza non ti aiuta a progettare. 

Diciamo più che è un fenomeno ormai cronico? 
È strutturale, di fatto anche c’è un forte bisogno di lavoro, anche biecamente se vogliamo guardare l’interesse proprio, l’Italia ha bisogno di lavoratori, perché certi lavori non li fa più nessuno, pensiamo appunto al lavoro della cura delle persone e chi lo fa? Un lavoro che è andato in espansione enorme, ma che le persone italiane per tanti motivi non lo fanno o non sono in grado di farla, perché non possono stare 24 ore al giorno a casa di altri, lavori stagionali, chi fa lavori stagionali? A volte anche con una paga abbastanza bassa e non lo fa nessuno, ma abbiamo visto anche tutta la questione del turismo, molti si lamentano che non trovano persone a lavorare a livello stagionale, però concretamente le condizioni sono abbastanza faticose e quindi non tutti sono disposti ad accettare questi lavori, quindi la situazione è certo complessa, ma a volte con una scusa complessità non si affrontano neanche le cose che si potrebbero affrontare. 

Per quanto riguarda il tema della cittadinanza, cosa ci puoi dire?
Quest’anno sono state 200 mila le persone che hanno avuto la cittadinanza italiana, perché dopo 10 anni di residenza provata, il lavoro etc., di fatto ci sono persone che nascono in Italia, parlano i nostri dialetti, crescono come i ragazzi, ma hanno aspettato la maggiore età per fare domanda di cittadinanza, ma sono italiani a tutti i effetti. Tra l’altro la poca integrazione, cosa comporta? Comporta la ghettizzazione, ora ci sono, bisogna dire molto onestamente, persone provenienti da paesi che non hanno molto desiderio di integrazione, altri invece ce l’hanno molto, e a volte questo gli viene un po’ precluso, perché comunque tu non sei cittadino italiano fino alla maggiore età: si fa tutto con i cittadini italiani però non si è cittadini italiani. Io penso che lo strumento della cittadinanza non è risolutivo, ma è lo strumento che aiuta le persone a anche integrarsi, mi sento parte fino in fondo di questo paese, non sono un ospite, non devo aspettare la maggiore età, poi sappiamo quanto si anticipa anche la consapevolezza da parte dei ragazzi, un ragazzino di 13, 14, 15 anni che fa tutte le cose che fanno gli altri ragazzi, che è nato in Italia, che è stato a scuola sempre con tutti, non è cittadino italiano, devo aspettare la maggiore età e questo diventa un motivo anche di discriminazione.

Conoscere questo report potrebbe essere utile anche a tutti noi per abbattere alcune barriere? 
Penso di sì, perché quando conosci i numeri ti rendi conto di quelli che sono i fenomeni reali, si può fare una battuta, questo gran cancan di questi centri in Albania: di fatto sono arrivati in 16 in questa fase, quindi quando la realtà è superiore all’idea o all’ideologia, la realtà è molto più immediata, tant’è che nella presentazione del report, il Paese reale è molto più avanti delle idee politiche che uno può avere, perché la realtà precede sempre l’idea e va sempre avanti, è sempre più concreta, è sempre più reale, è sempre più autentica, purtroppo manca questo ascolto alla realtà e ci si fida di qualche giudizio, di qualche opinione non correlata ai fatti. Qui il report ti dà i dati, le fonti, altri fanno delle sparate che sono fondate sul nulla, o su un’idea che tu hai, ma che non corrisponde alla realtà.

Per approfondimenti: il rapporto 2024 “Popoli in cammino”.

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«Nelle Marche non abbiamo ancora gli anticorpi per evitare infiltrazioni mafiose» – INTERVISTA AUDIO

Ricordare chi è stato colpito dalla criminalità organizzata, offrire supporto alle famiglie delle vittime innocenti delle mafie ma anche promuovere una maggiore sensibilità per prevenire i fenomeni illeciti e le infiltrazioni. In poche parole, creare un territorio consapevole e resistente. Questo è l’impegno di Libera, una rete di associazioni, cooperative sociali, movimenti e gruppi, scuole, sindacati, diocesi e parrocchie nata nel 1995 e da allora sempre cresciuta. Cresciuta attraverso la formazione di numerosi presidi cittadini, tra cui quello di Senigallia. Che proprio ad aprile festeggia i suoi primi dieci anni di attività.
Per questo, nell’ambito di “Venti minuti da Leone” – il nuovo programma radiofonico in onda dal lunedì al sabato alle ore 13:10 e alle 20 e la domenica alle 16:50 sulla frequenza 95.2 FM – abbiamo intervistato don Paolo Gasperini, referente per la provincia di Ancona, sull’impegno che viene portato ancora oggi tenacemente avanti.

Com’è nata Libera a Senigallia?
Dopo un percorso di conoscenza di Libera e presa di contatti con le realtà locali, il 4 aprile 2014 è stato varato il presidio di Senigallia. E’ composto da persone di provenienza da mondi culturali, politici e sociali molto diversi tra loro. L’abbiamo intitolato ad Attilio Romanò, giovane vittima innocente della camorra che l’ha ucciso per sbaglio perché scambiato per un’altra persona. Qui nelle Marche c’è la zia di Attilio, così, anche per vicinanza alla famiglia, uno dei compiti di Libera, l’abbiamo intitolata a lui. Memoria e impegno per la comunità, ma anche amicizia con le famiglie delle vittime, e vicinanza durante i processi e in altri momenti.

Perché servono iniziative di memoria delle vittime e impegno contro le mafie?
C’è un’antimafia di facciata, che fa grandi proclami ma senza mettere in atto percorsi di giustizia e ricerca della verità. C’è poi un percorso di responsabilità verso la giustizia e la lotta alla mafia che significa costruire un terreno dove non ci siano situazioni di illegalità. Viene fatto a livello sociale per evitare infiltrazioni mafiose ma si trova spesso di fronte un territorio impreparato a certe situazioni.

Perché nelle Marche e a Senigallia c’è necessità della presenza di Libera?
Qui non ci sono radicamenti mafiosi seconda la direzione investigativa antimafia, quanto piuttosto dei fenomeni di pendolari, cioè persone che fanno un’azione in questa regione e poi tornano altrove; c’è poi il rischio di infiltrazioni nell’ambito degli appalti milionari per la ricostruzione post sisma nel sud delle Marche. Servirebbe un’attenzione che non ci sembra essere così forte. E poi ci sono le persone che sono qui per provvedimenti giudiziari e che hanno degli agganci. 

Siamo al sicuro rispetto a certi rischi, abbiamo gli anticorpi?
No, non abbiamo anticorpi sufficienti. Per esempio durante la crisi del 2007-2008 molte persone e imprese sono andate in difficoltà ma le banche non erogavano prestiti. I soldi però sono circolati comunque: da dove sono arrivati? C’è poi la questione del riciclaggio di denaro sporco: si acquistano beni per ripulirlo, che possono essere abitazioni, esercizi commerciali e non solo. Non ci sono prove ma dove ci sono interessi molto alti… e poi c’è il fatto che le Marche in generale sono un territorio defilato anche dalle cronache, l’attenzione qui è molto bassa. 

Che rimedi oltre alla sensibilizzazione delle persone, partendo dalle scuole?
Nelle scuole facciamo percorsi di conoscenza nell’ambito dell’educazione civica, ma la parte formativa è solo una di cui si occupa Libera. C’è la questione dei beni confiscati alle mafie, una trentina nel nostro territorio, che vengono destinati a scopi civili e sociali. A Pioraco c’è una villa, a Vallefoglia c’è un capannone che poi diventerà un emporio per alimenti da distribuire alle fasce deboli di popolazione. Ma il territorio deve essere consapevole perché stanno aumentando i beni confiscati, anche qui, segno che non siamo immuni da questi fenomeni. Non dobbiamo fare spallucce quando vediamo qualcosa di strano o sospetto: possiamo fare segnalazioni, poi le indagini le faranno le forze dell’ordine, ma dobbiamo essere preparati e informati per avere quello sguardo consapevole che può risultare molto utile, senza allarmismi o pregiudizi.

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Passi di Sinodo in Italia ed in diocesi

Incontro nazionale dei referenti diocesani del Sinodo

Intervista a don Paolo Gasperini, vicario per la Pastorale della diocesi di Senigallia, sul percorso sinodale italiano e locale.

Come procede il percorso sinodale in Italia? E nella nostra diocesi?
Abbiamo da poco vissuto a livello nazionale un momento di prima sintesi e di rilancio del percorso. Infatti dopo l’apertura del cammino sinodale nelle diocesi d’Italia il 17 ottobre, sono stati avviati tanti percorsi di ascolto con le modalità più varie; tutto quanto ascoltato ha avuto una prima sintesi nelle diocesi e poi un sintesi a livello nazionale. Lo scorso fine settimana c’è stato proprio un incontro nazionale durante il quale ci si è confrontati su quanto emerso e redatto un documento consegnato ai Vescovi. Infatti in questi giorni i vescovi italiani sono riuniti in assemblea per rilanciare alla chiesa italiana il percorso del prossimo anno che sarà dedicato ancora all’ascolto. Un ascolto che sarà però concentrato su alcuni punti, che possiamo definire “generativi”, cioè cruciali per l’annuncio del Vangelo in Italia. Nella nostra diocesi il cammino sta continuando con i tanti piccoli gruppi che sono nati nelle parrocchie. Sono gruppi di ascolto che nello stesso tempo iniziano a elaborare un sogno di chiesa che poi sarà realizzato passo passo. Nello stesso tempo ci sono stati degli incontri di ascolto a livello diocesano con il Vescovo: le associazioni laicali, il mondo dell’economia e del lavoro, il mondo della politica, il mondo della cultura, i volontari caritas. Questi incontri continueranno ancora, perché l’ascolto è una dimensione irrinunciabile per la vita della Chiesa.
A settembre vivremo un momento diocesano in cui raccontarci il cammino fatto e rilanciare i passi da fare, con la consapevolezza che non stiamo semplicemente facendo delle cose, ma stiamo ascoltando dove lo Spirito ci sta guidando nel rendere la Chiesa sempre più come la vuole il Signore: una comunità che si mette in gioco per generare la fede.

Quali primi stimoli arrivano dalla base, interpellata su quanto è importante nella Chiesa che vorremmo?
Tra le ricchissime riflessioni e contributi ci sono delle parole che ritornano: relazione, cura, ascolto, discernimento, annuncio, missione. Sono parole che dicono una vita, non parole vuote, perché tutte ci parlano di Dio e dell’umanità, parole che sono generative non di buone intenzioni, ma di uno stile sempre più evangelico. E tutte mettono in evidenza la ricerca di ciò che essenziale. Un tratto veramente comune, anche a livello nazionale, è proprio la ricerca e il bisogno di semplificazione, di povertà, di essenzialità. Troppo presi da tecniche e organizzazioni abbiamo perso di vista la vita delle persone. E quando abbiamo puntato di più sulla spiritualità il rischio è stato quello di una spiritualità disincarnata che vede le cose del mondo quasi come nemiche. Ne nasce una chiesa non piegata su stessa preoccupata del proprio mantenimento e dei propri cortocircuiti, ma tutta orientata a fare la volontà di Dio, ad annunciare la sua Parola, a essere strumento di salvezza. E tutto questo ha però bisogno di scelte chiare, essenziali, di purificazioni, di cose e abitudini da lasciare.

Quali le risorse più significative per proseguire questo impegnativo progetto?
Innanzitutto le persone e i desideri che le persone hanno nel loro cuore. Abbiamo già una grande ricchezza che occorre far emergere e che lo Spirito ha già suscitato. Altra risorsa sono la grazie che Dio dona attraverso la sua presenza, attraverso la vita della comunità, attraverso la Parola e i Sacramenti. Essere riconoscenti dei doni significa conoscerli, valorizzarli, non darli per scontati e significa far agire Dio attraverso questi doni. Anche il percorso che stiamo vivendo è un valore bello e prezioso, perché dice un metodo generativo, basato su piccoli gruppi dove la relazione è più forte, sulla preghiera, sull’ascolto senza pregiudizi, senza l’ansia di dover raggiungere degli obiettivi, ma con la bellezza di poter camminare insieme, perché il cammino è già cambiamento.

a cura di L.M.

Unità pastorale Buon Pastore di Senigallia: azioni di solidarietà

Don Paolo Gasperini dell’Unità Pastorale Buon Pastore di Senigallia descrive ai microfoni di Radio Duomo – Inblu le attività che stanno portando avanti nelle parrocchie che ne fanno parte per essere di aiuto ai più bisognosi in questo periodo di emergenza.

Come parrocchie dell’Unità Pastorale Buon Pastore di Senigallia, che sono la parrocchia del Portone, di Cristo Redentore, di Ciarnin e di Santa Maria Goretti, da anni si sta lavorando molto nell’attenzione della comunità cristiana verso tutte le persone, in particolare verso i più poveri. Quando ci sono situazioni di grande difficoltà, come è stata purtroppo l’alluvione ormai diversi anni fa, come è il Covid in questo periodo, la cosa bella è la mobilitazione della gente che trova nella comunità cristiana, nella parrocchia un riferimento affidabile. Sono tantissime le manifestazioni di vicinanza, le attenzioni, le offerte che vengono date proprio per venire incontro alle necessità dei più poveri, che vengono affidate alla comunità parrocchiale. Il fulcro, il motore dell’attenzione verso i poveri è il Centro d’ascolto dell’Unità Pastorale, che fa un lavoro di ascolto delle persone. Abbiamo visto in quest’ultimo anno, ed è stata rafforzata proprio questa idea, che nell’ascolto e nella vicinanza alle persone si trova già una risposta, perché coloro che sono in difficoltà ritrovano vigore, sostegno, qualcuno di cui potersi fidare, che non risolve i problemi ma che si fa compagno di strada. Qualche problema lo risolviamo anche, grazie alla disponibilità dei parrocchiani. La prima azione è quella della vicinanza, dell’ascolto, del far sentire le persone amiche, del non giudicare.

Purtroppo la situazione è difficile e molti si trovano in difficoltà senza averlo immaginato qualche mese o qualche anno fa. C’è anche questa fatica nel chiedere aiuto. Quando trovano una semplicità, una soglia bassa, per così dire, un ascolto senza pregiudizio, poi chiedono spontaneamente questo aiuto. Alcuni vengono e dicono: “Io mi vergogno, sono in difficoltà, però so che qui trovo un ascolto senza pregiudizi e so che in un certo senso mi volete bene ugualmente e ci sono!”. Questo è molto bello, è una verifica anche del lavoro che si sta facendo. Oltre alla vicinanza e a questi messaggi di ascolto, ci sono anche degli aiuti molto concreti che vengono dati. In particolare noi seguiamo costantemente una sessantina di famiglie, che sono aumentate di circa una decina in questo ultimo anno, che stiamo sostenendo in modo costante, in difficoltà continua. Poi tanti aiuti saltuari di situazioni temporanee. Il supporto consiste a livello pratico e concreto nell’aiuto per qualche pagamento di affitto arretrato o per necessità familiari. Cerchiamo di fare questo con tanta semplicità. Forniamo anche consulenza nel disbrigo di tante pratiche, come quelle per il bonus degli alimenti o per l’aiuto nell’acquisto di computer per i ragazzi in età scolare. Le persone sanno che, se vengono qui, sono sostenute, ci sono dei volontari preparati che possono aiutare nel compilare questi moduli.

Poi c’è la raccolta degli alimenti, perché anche questa è diventata un’esigenza molto forte, tramite la quale riceviamo moltissime donazioni. Esiste anche la Social Caritas, che cerchiamo di potenziare ogni mese, perché poi il ritorno sul territorio è enorme e di fatto delle quote che noi diamo alla Caritas diocesana, tra aiuti alle famiglie e inserimenti, torna più del doppio di quello che la comunità offre, pur essendo una cifra abbastanza alta. Infine ci sono questi progetti mirati di famiglie temporaneamente in difficoltà come ad esempio l’acquisto di una cucina nuova o la riparazione di qualcosa che si è rotto. Tutti questi interventi pratici sono sempre accompagnati dall’ascolto, dalla vicinanza e dall’amicizia. L’attività non è fatta da singole persone, è la comunità. Anche chi in prima linea si fa accanto agli altri è sempre segno della comunità che sta vicino in questo momento ai più bisognosi. Collaboriamo anche con un forno, i cui proprietari fanno parte della parrocchia, che costantemente rifornisce di pane o di pizze al formaggio, che sono molto gradite dalle persone. Sapere che c’è qualcuno che nel suo lavoro quotidiano pensa a te e fa qualcosa anche per te è veramente di aiuto e di sostegno!

a cura di Barbara Fioravanti