Diverse le ragioni per cui sono grato a Papa Benedetto; due mi riportano al passato. La prima risale a quando, studente di teologia nel Seminario diocesano, ho accostato uno dei suoi testi più apprezzati, “Introduzione al cristianesimo”, ammirando la lucidità della sua riflessione che introduceva alla comprensione della ricchezza della fede cristianae all’apprezzamento della sua “ragionevolezza”.
La seconda mi riporta all’insegnamento come docente di Antropologia teologica, dove parlando della reciproca “sfida” che la teoria evoluzionista e la fede si lanciavano riguardo alla comprensione della creazione del mondo e dell’uomo, ho apprezzato la soluzione indicata da Papa Benedetto: suggeriva di superare non solo la “contrapposizione” tra fede e ragione, ma anche la stessa “complementarietà” tra le due; il tutto a favore della loro “coappartenenza” nella ricerca e conoscenza, della verità che le accomuna, con il guadagno di abbandonare una concezione del rapporto, dove la “fede” e la “ragione” restano estranee tra loro, operano per conto proprio, fino a quando sono costrette a incrociarsi e a cercare un qualche accordo tra loro. Una concezione del genere aveva favorito e alimentato il conflitto, col tentativo (maldestro), come documenta la vicenda storica, di risolverlo, scegliendo tra le due: a favore della fede contro la ragione o a favore della ragione contro la fede.
SENIGALLIA – La diocesi di Senigallia comunica che mercoledì 4 gennaio 2023, alle ore 18.00, il vescovo diocesano Franco Manenti presiederà presso la Chiesa della Maddalena, in via Cavallotti, a Senigallia una S. Messa in suffragio del Papa emerito Benedetto XVI.
La chiesa senigalliese vuole unirsi ai sentimenti di cordoglio e preghiera espressi nel mondo intero per la scomparsa di Joseph Ratzinger, riconoscendo in lui una guida generosa e umile della Chiesa universale.
Ogni parrocchia è inoltre invitata a celebrare una messa di suffragio in questi giorni secondo le indicazioni della Conferenza episcopale italiana, avendo cura di informarne i fedeli. La Chiesa in Italia, in particolare, gli è riconoscente “per l’impulso dato alla nuova evangelizzazione”, si legge nel comunicato dei vescovi italiani, in cui si ricorda l’esortazione, rivolta in occasione del Convegno ecclesiale nazionale di Verona, a portare “con rinnovato slancio a questa amata Nazione, e in ogni angolo della terra, la gioiosa testimonianza di Gesù risorto, speranza dell’Italia e del mondo”. I vescovi, infine, invitano le comunità locali a riunirsi in preghiera e a celebrare la messa in suffragio del Papa emerito Benedetto XVI.
Per antica tradizione i papi si suddividono in politici e spirituali. Divisione che non regge, evidentemente. Guardando all’eredità di Joseph Ratzinger – Benedetto XVI, uno dei grandi protagonisti di questo avvio di millennio, lo potremo definire il Papa del Magistero. Un deposito ricchissimo, di cui sinteticamente possono risaltare tre passaggi. Il primo è la definizione e comprensione del Vaticano II. Il 22 dicembre 2005, a conclusione del suo primo anno di pontificato, nel tradizionale discorso alla Curia, ultimo Papa ad avervi partecipato, ci consegna una fondamentale, breve, chiarissima, ficcante, mite e ferma definizione del Concilio.
La parola – chiave è: ermeneutica della riforma. Spiega la dinamica, e la proietta nella vita della Chiesa contemporanea, ovvero nel “litigio” tra conservatori e progressisti, che circostanzia con chiarezza e di cui vede il limite strutturale di fronte invece alle sfide radicali dell’evangelizzazione, che lo stesso Concilio ha indicato.
Il secondo tema è l’interlocuzione con la cultura, in particolare quella occidentale, i grandi dialoghi non a caso in tre luoghi emblematici, Westminster (17 settembre 2010), il collegio dei Bernardins a Parigi (12 settembre 2008), il parlamento tedesco (22 settembre 2011). Benedetto XVI risalta come l’ultimo grande intellettuale europeo. Sono contributi fondamentali che vengono incontro ad un deficit, il grande deficit che accompagna il processo di globalizzazione e di crisi anche bellica della stessa, appunto nella sua radice occidentale. Pone, Benedetto, la questione della verità e circostanzia la formula “etsi Deus daretur”, lanciata a Subiaco, il 1 aprile 2005, declinata nella cultura, nella vita civica, civile ed istituzionale e proposta come orizzonte di senso e di speranza. Ma qui emerge anche l’elemento dialettico, il conflitto. Questo dialogo solleva grandi e trasversali, financo impensati consensi, ma anche chiusure e opposizioni. Si vede a Ratisbona, un discorso che genera un colossale e planetario malinteso. Fomentato, perché il dialogo, questa idea che il cristianesimo è un elemento costitutivo dell’identità e dello sviluppo culturale mondiale, in un atteggiamento non certo di egemonia, ma di cooperazione, era proprio alla base di quell’intervento (12 settembre 2006). Ecco allora un altro brusco stop: Benedetto XVI è costretto a rinunciare alla visita alla Sapienza (17 gennaio 2008), ma il discorso che invia è un grande documento di umanesimo contemporaneo. Per questa strada siamo al terzo tema, ovvero la rinuncia.
È consapevole delle forze che mettono in discussione, sotto attacco, la Chiesa stessa. Certo – si veda la meditazione del Venerdì Santo 2005, poche settimane prima dell’elezione – alla Chiesa serve un processo di purificazione. Benedetto XVI lo porta avanti con chiarezza e decisione, ma in un quadro profondamente conflittuale.
Di qui l’idea di un appello a forze nuove, ovvero l’atto della rinuncia (11 febbraio 2013), un grande atto di riforma, nella coerente continuità dello stesso istituto petrino, che compendia la grande cultura teologica e la profonda cifra spirituale di Benedetto. Segno della profonda vicinanza all’Italia e in concreto dell’amicizia con l’allora presidente della Repubblica è proprio Giorgio Napolitano una delle pochissime persone cui la decisione fu comunicata in anteprima, come ha documentato lo storico Alessandro Acciavatti. La rinuncia al pontificato in realtà è la continuità di un impegno di servizio, di testimonianza. E di fedeltà al Papa, all’unico Papa. Ha dato così l’esempio per sostenere un pontificato, quello di Francesco, che ha rilanciato, con energia nuovo, la radicalità del richiamo evangelico.
Foto Roberto Monaldo / LaPresse
28-09-2011 Città del Vaticano
Vaticano
Papa Benedetto XVI, Udienza Generale
Nella foto Benedetto XVI in p.zza San Pietro
Photo Roberto Monaldo / LaPresse
28-09-2011 Vatican City
Pope Benedict XVI, General Audience
In the photo Pope Benedict XVI
“Signore, ti amo!”. Sono state queste le ultime parole di Benedetto XVI. Lo ha confermato il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni, rispondendo alle domande dei giornalisti. A raccogliere le ultime parole del Papa emerito è stato un infermiere, alle 3 del mattino circa del 31 dicembre, cioè alcune ore prima della morte, avvenuta alle 9.34, quando ancora Joseph Ratzinger non era entrato in agonia. “Benedetto XVI – ha raccontato commosso il suo segretario, mons. Georg Gänswein, a Vatican news – con un filo di voce, ma in modo ben distinguibile, ha detto, in italiano: ‘Signore ti amo!’ Io in quel momento non c’ero, ma l’infermiere me l’ha raccontato poco dopo. Sono state le sue ultime parole comprensibili, perché successivamente non è stato più grado di esprimersi”.
Stavolta c’era di mezzo il papa emerito, Benedetto XVI e quindi l’eco è stata ancor più dirompente. L’ennesimo rapporto sugli abusi da parte di uomini di chiesa su minori, la scorsa settimana, ha aperto uno squarcio sulla chiesa tedesca, in particolare quella di Monaco di Baviera, guidata per alcuni anni da Ratzinger. Cambiano i luoghi, cambiano le voci ma la sostanza è sempre quella: una chiesa cattolica profondamente lacerata da questi drammi, insabbiamenti, reticenze. E oggi sono i giorni della vergogna e della richiesta di perdono.
C’è volontà di capire, tanto che come precedentemente in Francia, sono gli stessi vescovi a chiedere le commissioni di inchiesta. Ed in molti si chiedono se non sia il caso di promuovere iniziative del genere anche nel nostro Paese. Ormai è chiaro che non si tratta più di ‘casi isolati’, ma di una vera e propria crisi generalizzata che chiede, anzi, urla profondi cambiamenti.
Il Sinodo universale – e quindi anche italiano – è un tentativo di risposta a questa domanda di coerenza a tutti i livelli…
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Gesualdo Purziani
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