La natalità è troppo bassa nelle Marche, la popolazione cala e invecchia a un ritmo più veloce che altrove, sia all’estero che nella stessa Italia. A segnalarlo è il ministero della salute che ha pubblicato il “Rapporto sull’evento nascita in Italia” con i dati del 2022. E per la nostra regione si tratta di un inverno demografico più “rigido” della media italiana.
L’anno scorso nelle Marche le nascite sono state 8.779 (443 in meno rispetto al 2021), con un calo (4,8% su base annua) molto più sostenuto della media italiana, che si attesta sul -1,9%, con 392.598 nascite, 7.651 in meno rispetto al 2021. Tutte le province vedono un significativo calo della natalità, più marcato nel nord della regione, un po’ meno nel Piceno e fermano.
Tra gli altri indici, oltre alla media di 1,16 figli per donna, c’è da sottolineare anche che aumenta l’età media delle madri al primo figlio, che nelle Marche nel 2022 è di 32 anni per le mamme italiane mentre scende a 29 anni per le mamme di origini straniere. A incidere è in gran parte la condizione lavorativa con metà delle donne occupate e una certa corrispondenza tra chi partorisce prima e chi non è occupata, mentre si accentuano le differenze con le regioni che offrono più servizi alla genitorialità.
«A nostro avviso – spiega Claudia Mazzucchelli, segretaria generale della Uil Marche – c’è un problema di fondo legato all’assenza di servizi per la genitorialità, agli alti costi di quelli dedicati all’infanzia, spesso inaccessibili e, nelle Marche, tra i più alti d’Italia. In più l’estrema precarizzazione del lavoro resta il primo degli ostacoli perché impedisce di programmare il proprio futuro».
Maggiore informazione sul parto in anonimato e più culle per la vita diffuse sul territorio marchigiano. Queste le azioni richieste dal presidente del consiglio regionale Dino Latini (Udc) che vorrebbe impegnare in tal senso la giunta Acquaroli e ha presentato perciò una mozione ad hoc.
Latini è partito dalla considerazione che sono migliaia, ogni anno, i neonati abbandonati, nella maggior parte dei casi in luoghi e con modalità che portano alla morte del piccolo. E questo nonostante la legislazione vigente preveda la possibilità per la madre di partorire in anonimato; dagli anni ‘90 in Italia si sono diffuse, inoltre, per iniziativa di enti privati e associazioni, le “culle per la vita”. Sono strutture termiche, posizionate in luoghi facilmente raggiungibili, concepite appositamente per permettere alle madri in difficoltà di lasciare i neonati in un ambiente totalmente protetto, nel pieno rispetto della sicurezza del bambino e della privacy di chi lo abbandona.
Sia la normativa sul parto in anonimato, sia le culle per la vita, quando ci sono, sono poco utilizzate. E sarebbe un bene se significasse una diminuzione degli abbandoni; purtroppo non è così, il che significa che di questi strumenti ci sarà ancora bisogno. «La norma – dice Latini – è ancora poco conosciuta e gli abbandoni in luoghi non sicuri risultano ancora oggi maggioritari, mentre le “culle per la vita” rappresentano uno strumento importante per evitare gesti disperati e salvare la vita di tanti bambini ma ancora sono troppo poco diffuse nella nostra regione». Nelle Marche infatti ce ne sono solo tre e concentrate tutte nella provincia dorica: Ancona (all’ospedale materno infantile Salesi), Fabriano (di fianco all’ingresso del pronto soccorso dell’ospedale Engles Profili) e Senigallia (presso il monastero delle suore benedettine in via dell’Angelo 6, centro storico)).
Da qui la mozione di realizzarne almeno una per provincia, una garanzia per tutta la comunità regionale; azione da accompagnare da percorsi di sostegno alle donne in gravidanza che si trovino in situazione di difficoltà economica, psicologica o sociale, e da una adeguata campagna informativa in merito alla possibilità del parto in anonimato, garantita dalla legge.
Registratisul sito per leggere tutte le notizie e scarica l’appde La Voce Misena l’app da Google Play o da App Store.
Tornano a Roma gli Stati generali della natalità, promossi nell’Auditorium della Conciliazione, giovedì 11 e venerdì 12 maggio, dalla Fondazione per la natalità, guidata da Gigi De Palo. Tra gli ospiti illustri della terza edizione, Papa Francesco e il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni; entrambi interverranno la mattina del 12 maggio. Nella due giorni, saranno presenti anche i ministri Giuseppe Valditara, Eugenia Roccella, Giancarlo Giorgetti, Adolfo Urso e il presidente dei vescovi italiani, card. Matteo Zuppi. Degli Stati generali e della questione natalità parliamo con Gigi De Palo (nella foto).
Qual è l’obiettivo degli Stati generali della natalità? Finalmente in Italia il tema della natalità è diventato centrale nel dibattito pubblico. Gli Stati generali della natalità hanno contribuito a trasformare questo che era un tema di nicchia in uno al centro del dibattito culturale. Nel Paese ne parlano tutti, ci sono giornali che ne parlano. Da uno studio di un noto quotidiano è emerso che oltre il 70% degli italiani pensa che una delle soluzioni all’inverno demografico possa essere il “detassare” i figli. Ma è importante già il fatto stesso che sia stata realizzata l’inchiesta. Anche in questa terza edizione l’obiettivo degli Stati generali della natalità è mettere tutti insieme. Questo è un tema non divisivo, è un tema sul quale si può fare squadra. E l’Italia riesce a offrire il suo lato migliore quando riesce a fare squadra, il nostro Paese è forte quando è coeso, quando non ci sono destra, sinistra, maggioranza e opposizione, ma quando siamo tutti uniti.
Quali sono i momenti più interessanti in programma in questa terza edizione degli Stati generali? Sicuramente per questa terza edizione il momento clou è la partecipazione del Papa e di Giorgia Meloni, ma anche il tavolo con tutti i leader politici – Giuseppe Conte, Elly Schlein, Antonio Tajani, Matteo Salvini, Carlo Calenda, Elena Bonetti, Francesco Lollobrigida – è importante, così come il tavolo con gran parte degli amministratori delegati delle aziende che contano in Italia. Questo dimostra che non è solo una questione politica, ma anche economica, mediatica.
La denatalità si combatte solo con politiche familiari con misure economiche? O è anche un problema culturale? Non facciamo supposizioni, facciamo parlare i dati. Giancarlo Blangiardo, già presidente dell’Istat, ha presentato, in occasione della conferenza stampa per la terza edizione degli Stati generali, dati freschi che aiutano a fare anche una lettura qualitativa: tali dati mostrano che le donne italiane negli ultimi trent’anni hanno desiderato in media di avere 2,2-2,4 figli. Purtroppo, poi, ne fanno 1,24. Se fosse un problema culturale non avremmo che le donne desidererebbero 2,2-2,4 figli. Se noi applicassimo in Italia le politiche familiari e fiscali che sono state adottate in Francia e in Germania, con questo desiderio di maternità che c’è nelle donne italiane si otterrebbero risultati superiori a Francia e Germania. Quindi c’è un desiderio che in Italia non viene trasformato perché mancano i presupposti perché ciò avvenga, ma a livello culturale il desiderio c’è. È totalmente sbagliato, a mio avviso, fare ragionamenti dove cultura ed economia sono separate. La cosa grave a mio modo di vedere, perché banalizza i giovani, è che si possa pensare che i giovani tra lo spritz e i figli abbiano scelto lo spritz. Questo è offensivo nei confronti dei giovani italiani. Il problema è un altro: i giovani italiani, alla luce delle politiche negative che sono state fatte nel nostro Paese in questi anni, tra un figlio e lo spritz hanno dovuto ripiegare i loro sogni sullo spritz perché il figlio è impossibile farlo, essendo la seconda causa di povertà in Italia, dopo la perdita del lavoro di uno dei componenti della famiglia.
Quindi, non incide sull’inverno demografico la scelta di non voler affrontare sacrifici?
Non posso negare che avere figli comporta sacrifici, ma quello che vogliamo mostrare anche con gli Stati generali è che avere i figli è più bello che stancante. Certo, fare figli è faticoso, ma resta il desiderio di farli. C’è una consapevolezza maggiore rispetto al passato: il demografo Alessandro Rosina dice che prima i figli si facevano perché era automatico, oggi c’è una consapevolezza maggiore nel farli. Il fatto che sia una scelta ancora più ponderata e ci siano dati che mostrano come il desiderio di averli sia superiore a quanto poi nella realtà si fa è un tema su cui dobbiamo ragionare. Credo che dobbiamo togliere l’alibi economico. Considerare la denatalità frutto di una mentalità culturale e sociale è un ragionamento che si potrebbe fare solo dopo che per una decina di anni si è fatto in modo che la nascita di un figlio non comporti un impoverimento, non sia più una questione privata, ma diventi una questione legata al bene comune, sia considerata a livello fiscale, venga accompagnata da un segnale serio con un assegno unico – come avviene in altri Paesi – molto importante. Altrimenti, cercare altre cause è folle, perché l’Italia non è un Paese a dimensione familiare.
Dunque, in Italia non c’è alcuno sostegno a chi vuole fare figli? Oggi come oggi non conviene fare un figlio in Italia. Non a caso, i nostri giovani che vanno all’estero i figli li fanno, perché in Paesi come Francia, Germania, Belgio se si fanno figli si ha diritto ad assistenza, accompagnamento, i figli sono considerati un bene comune e sono valorizzati, viene dato loro un peso economico, vengono dati servizi, si pagano le tasse di meno. In Italia questo non c’è. Quindi, non si può dire che è anche una questione di pigrizia dei giovani di oggi, che non hanno spirito di sacrificio. Nel periodo del baby boom in Italia, negli anni Sessanta, il futuro non era una minaccia, ma una promessa. Oggi il futuro è una minaccia, c’è angoscia. L’aspetto culturale non è: i giovani sono bamboccioni, sono mollaccioni, non vogliono figli. L’aspetto culturale oggi è: il futuro è una minaccia, tra crisi economiche, guerre e pandemie e prima di avere un figlio ci si pensa. Noi dobbiamo creare le premesse affinché i giovani siano messi nella condizione di realizzare i loro sogni lavorativi e familiari, affinché le donne possono realizzare il loro desiderio di maternità. Se le poche nascite fossero legate a un fattore culturale non avremmo il desiderio di maternità. In Italia non ci sono le condizioni per vivere dignitosamente con un figlio. Basiamoci sui dati di fatto, non possiamo fare delle letture culturali per giustificare il dato di fatto. I dati di fatto sono che in Italia si diventa poveri se si fanno figli, che si resta precari fino a 35 anni, che la fiscalità non tiene conto della composizione familiare, che se si ha uno stipendio medio per l’assegno unico si ricevono meno di 100 euro, ma un figlio costa quasi 700 euro al mese, che le donne sono costrette a scegliere tra lavoro e famiglia, che per portare a 18 anni un figlio costa circa 172mila euro a una famiglia italiana. Non dico che l’aspetto culturale non ci sia, ma è secondario ed è anche condizionato dall’aspetto economico.
Le scuole paritarie rischiano di sparire. Nel silenzio generale l’Italia sta scivolando verso il monopolio statale dell’educazione. Avanti di questo passo, fra una decina d’anni o poco più, il sistema nazionale d’istruzione sarà composto quasi esclusivamente da istituti statali e poche scuole paritarie, con rette fuori dalla portata della maggioranza delle famiglie. Una desertificazione vera e propria.
L’allarme (LEGGI l’inchiesta completa qui) è suffragato dai dati ufficiali del ministero dell’Istruzione e del Merito e da quelli elaborati dal Centro studi scuola cattolica della Cei: dal 2000 (anno di approvazione della legge 62 sulla parità scolastica) ad oggi, le scuole paritarie hanno perso il 38,11% degli allievi, passando da 1.186.667 a 734.415.
Passando agli ordini di scuola e considerando soltanto le paritarie cattoliche, balza immediatamente agli occhi come il calo più consistente (di scuole e di iscritti), riguardi la scuola dell’infanzia. Negli ultimi undici anni hanno chiuso 1.310 materne (-18,58%), mentre i bambini iscritti sono precipitati da 453.757 del 2010-2011 a 302.730 del 2021-2022, pari a 151.027 iscrizioni perse (-33,28%).
Un’emorragia di iscrizioni dovuta in parte al calo delle nascite (che ha colpito anche la scuola statale che, nel medesimo lasso di tempo, ha perso, però, “soltanto” il 3,4% degli allievi), ma soprattutto al fatto che tantissime scuole non statali sono state costrette a chiudere, non essendo più in grado di sostenere gli ingenti costi di gestione, a fronte di un contributo statale più che residuale. Soltanto prendendo in considerazione gli ultimi undici anni (dall’anno scolastico 2010-2011 al 2021-2022), i numeri sono drammatici: complessivamente, hanno chiuso 1.669 scuole paritarie (-12,12%), di cui 1.542 cattoliche (-16,46%) e 127 paritarie di gestori “laici” (-2,89%). Praticamente, ogni due giorni e mezzo una scuola ha cessato di esistere.
Per quanto riguarda gli alunni, negli undici anni considerati, le iscrizioni sono calate di 254.445 unità (-23,74%): 198.556 nella scuola paritaria cattolica (-26,81%) e 55.889 studenti in meno nelle altre paritarie (-16,87%).
Eppure la tendenza si potrebbe invertire. Lo testimonia la Francia che, da paese con il numero inferiore di nascite negli anni ’80-90, con una serie di politiche di sostegno alla natalità oggi è diventata il paese con il rapporto nascite 1000 abitanti più alto del continente. In tempi più recenti si osserva il cambio di passo di altri paesi come Ungheria, Repubblica Ceca, Austria e Germania e Portogallo che nel 2022, dopo aver perso oltre 200 mila persone, ha segnato un aumento del 5% delle nascite.
L’inverno demografico non è soltanto una caratteristica italiana, tutta l’Europa è coinvolta nel processo di continuo invecchiamento della popolazione e della costante diminuzione del numero delle nascite. Secondo i dati Eurostat nel giro di 10 anni – tra il 2020 e il 2030 – all’appello mancheranno 190mila nuovi nati in tutto il continente.
All’interno di questo quadro inquietante, l’Italia occupa un posto di retroguardia, è infatti tra i paesi più in sofferenza: con Spagna e Malta conta il numero minore di numero di figli per donna (meno di 1,3), se poi si contano i nati per 1000 abitanti conquista la maglia nera dell’ultimo posto (sono solo 6,8 contro una media europea di 9,1).
Il caso tedesco potrebbe essere quello per noi più interessante: le misure adottate anche con il sostegno del Pnrr durante la conclusa esperienza del governo Draghi sembrerebbero scegliere il modello scelto dalla Germania. I teutonici sono passati da un modello di welfare classico – nel quale si contava su un adulto della famiglia che lavorava, generalmente il papà, e l’altro che assumeva i carichi di cura, generalmente la mamma – a un modello di “adulto lavoratore” nel quale entrambi i genitori sono stimolati a impegnarsi nel mondo lavorativo. Contemporaneamente anche il padre è spronato ad assumere i compiti di cura.
Sono stati introdotti congedi parentali che possono arrivare a coprire anche 12 mesi se sono ripartiti da entrambi i genitori. Inoltre dal 2004 sono stati aumentati i servizi per l’infanzia, ed è stata promulgata una legge che da diritto ai bambini compiuto il primo anno di età. La combinazione delle due misure ha permette ai entrambi i genitori di impegnarsi nel mondo del lavoro. C’è poi l’assegno universale (oltre i 200€ e a crescere per numero di figli a carico) per ogni figlio presente nel nucleo familiare al quale si aggiunge per le famiglie meno abbienti una serie di misure per favorire la partecipazione ad attività culturali, sportive.
L’assegno universale è stato introdotto anche in Italia, certo la consistenza non è la medesima; i congedi parentali esistono ma non sono ancora “appetibili”; l’aumento dei servizi per l’infanzia è uno degli obiettivi dichiarati dal Pnrr. Se si vuole invertire la rotta del declino l’attuale governo dovrebbe continuare a lavorare sulla stessa linea.
Andrea Casavecchia
Sostieni La Voce Misena: registrati e scarica gratuitamente l’app da Google Play o da App Store
Sostegni alla genitorialità e alla funzione sociale ed educativa delle famiglie, contrasto alla denatalità, indipendenza e autonomia finanziaria dei giovani e conciliazione famiglia-lavoro per entrambi i genitori, e in particolare delle donne. Sono alcuni dei passaggi del ‘Family act’, il disegno di legge delega al governo approvato in via definitiva dal Senato con 193 voti favorevoli, 10 contrari e 15 astenuti.
Il provvedimento impegna l’esecutivo anche a rivedere i congedi parentali di paternità e di maternità fino al compimento del quattordicesimo anno di età del figlio e a introdurre detrazioni fiscali per le spese legate all’istruzione universitaria, per la locazione dell’immobile adibito ad abitazione principale o, per le giovani coppie, per l’acquisto della prima casa.
«Vogliamo rimuovere e risolvere quelle fragilità che sono state ostacolo allo sviluppo del Paese», ha detto la ministra per le pari opportunità, Elena Bonetti, intervenendo nell’Aula di Palazzo Madama. «Penso al lavoro femminile, alla mancanza di prospettiva per i giovani, al tema della denatalità. Sono risposte che dobbiamo alle attese delle bambine e dei bambini, delle donne e degli uomini che meritano di vivere in un Paese in cui la loro libertà, le loro aspettative, le loro ambizioni possano trasformarsi in progetti di vita concreti…»
Continua a leggere sul numero digitale di giovedì 7 aprile, disponibile a questo link. Sostieni l’editoria locale, abbonati a La Voce Misena
Presentato il report sulle scuole di Senigallia per l’avvio del nuovo anno scolastico 2021/2022
Cala ormai da anni la popolazione scolastica senigalliese. Riferendoci al primo ciclo d’istruzione (dalla scuola dell’infanzia alla primaria e alla secondaria di 1° grado), nell’anno scolastico 2021-22 sono tornati sui banchi 3.937 giovani e giovanissimi alunni, 79 in meno dei 4.016 dell’anno scolastico 2020/2021. A loro volta erano già in calo di 107 unità rispetto ai 4.123 gli studenti dell’a.s. 2019/2020. Come se non bastasse la diminuzione aveva interessato anche il 2018/2019, quando si contavano 4.200 iscritti; l’anno scolastico 2017/2018 ne aveva infatti registrati 4.267 e, infine, il precedente 2016/2017 raggiungeva quota 4.302. Dunque in appena sei anni il saldo è decisamente negativo di 365 alunni.
Per dare una risposta a questi dati, simili in molte zone d’Italia, il governo nazionale ha emanato negli anni varie tipologie di sostegni: il fondo di sostegno alla natalità, il bonus bebè, il bonus mamma domani, le detrazioni fiscali e i contributi per le famiglie numerose; e ancora, il bonus asilo, il bonus latte artificiale, ecc, oltre a congedi parentali e opportunità di lavoro da remoto. Alcune di queste misure sono state dal 2022 assorbite dall’assegno unico, altre rimangono in vigore proprio per aiutare in qualche modo le famiglie.
E le scuole? Che ruolo hanno in tutto questo? L’amministrazione comunale e i/le dirigenti delle varie scuole non sono rimasti con le mani in mano. «La denatalità è un fatto organico ormai da anni – sottolinea Patrizia Leoni, dirigente scolastica dell’istituto comprensivo Senigallia centro Fagnani – a cui cerchiamo di dare una risposta proponendo…
Continua a leggere nell’edizione digitale di giovedì 3 febbraio, cliccando qui. Sostieni l’editoria locale, abbonati a La Voce Misena
L’intervento del Papa agli Stati generali della Natalità
“Tre pensieri in vista di un’auspicata primavera, che ci risollevi dall’inverno demografico”. Ad offrirli è stato il Papa nel suo discorso agli Stati fenerali della Natalità, iniziativa on line del Form delle associazioni familiari e in corso all’Auditorium della Conciliazione di Roma. “Abbiamo ricevuto un dono e siamo chiamati a tramandarlo”, ha spiegato Francesco: “E un figlio è il dono più grande per tutti e viene prima di tutto. A un figlio, a ogni figlio si lega questa parola: prima. Come un figlio viene atteso e amato prima che venga alla luce, così dobbiamo mettere prima i figli se vogliamo rivedere la luce dopo il lungo inverno”. Invece “la mancanza di figli, che provoca un invecchiamento della popolazione, afferma implicitamente che tutto finisce con noi, che contano solo i nostri interessi individuali”. “Abbiamo dimenticato il primato del dono, codice sorgente del vivere comune”, il grido d’allarme del Papa: “È avvenuto soprattutto nelle società più agiate, più consumiste. Vediamo infatti che dove ci sono più cose, spesso c’è più indifferenza e meno solidarietà, più chiusura e meno generosità. Aiutiamoci a non perderci nelle cose della vita, per ritrovare la vita come senso delle cose. Aiutiamoci, cari amici, a ritrovare il coraggio di donare, il coraggio di scegliere la vita”. “Dov’è il nostro tesoro, il tesoro della nostra società? Nei figli o nelle finanze? Che cosa ci attrae, la famiglia o il fatturato?”, le domande impellenti di Francesco, secondo il quale “ci dev’essere il coraggio di scegliere che cosa viene prima, perché lì si legherà il cuore. Il coraggio di scegliere la vita è creativo, perché non accumula o moltiplica quello che già esiste, ma si apre alla novità: ogni vita umana è la vera novità, che non conosce un prima e un dopo nella storia. Noi tutti abbiamo ricevuto questo dono irripetibile e i talenti che abbiamo servono a tramandare, di generazione in generazione, il primo dono di Dio, il dono della vita”.
M.N.
Utilizziamo i cookies per offrirvi un'esperienza di navigazione migliore. Cliccando su accetta acconsento all'utilizzo dei cookie.
This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these cookies, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may have an effect on your browsing experience.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.