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Tag: Psicoterapia familiare

Genitori in ascolto? Quali modelli attuare per superare i conflitti con i figli? AUDIO

E’ sempre più importante l’ascolto dell’altro, in particolare all’interno di una relazione familiare. I genitori oggi sono sottoposti a molteplici sollecitazioni e spesso si sentono disarmati e soli nel loro ruolo educativo, in un contesto sociale in rapida evoluzione di cui a volte sfuggono le dinamiche e la comprensione degli strumenti adeguati per leggerlo. Rimangono quindi con meno supporti rispetto al passato. Parte da questa considerazione la nostra intervista alla psicologa e psicoterapeuta Giuliana Capannelli, vicepresidente dell’associazione Heta di Ancona, recentemente ospite e relatrice a Barbara per un incontro dal titolo “Genitori in ascolto”. L’intervista, in onda lunedì 7 e martedì 8 aprile alle ore 13:10 e alle ore 20, sarà in replica anche domenica 13 alle ore 16:50, sempre su Radio Duomo Senigallia (95.2 FM) ma è disponibile in accompagnamento a questo testo grazie al lettore multimediale. Buon ascolto.

La dott.ssa Capannelli sottolinea come le tematiche spesso al centro dei conflitti nelle relazioni tra genitori e figli siano di fatto sempre quelle esistenziali, quelle di fondo del sentire umano: tematiche fondamentali come il senso della vita, la morte e la sessualità. Si manifestano in forme specifiche per ogni periodo storico. Nell’epoca attuale, spesso emergono tramite i disturbi alimentari quindi riflessi corporei di un disagio interiore o, in casi estremi, la violenza. Spesso i genitori faticano a comprendere i linguaggi e le modalità espressive dei giovani, che possono manifestare il loro disagio o la loro necessità di crescita attraverso comportamenti come l’autolesionismo o la chiusura verso l’esterno con un isolazionismo a volte estremo. 

Il conflitto non deve essere visto solo come negativo: è infatti anche un’opportunità di crescita. E’ soprattutto un momento di cambiamento per entrambe le parti coinvolte, se affrontato con la volontà di ascoltarsi reciprocamente e di imparare l’uno dall’altro. Nell’incontro si è discusso del ruolo genitoriale, se sia negli anni venuto meno e se sia necessario “riappropriarsene”. Capannelli, citando la psicoanalisi, parla di una possibile “evaporazione del nome del padre” e di una messa in discussione della funzione genitoriale e dell’autorevolezza in generale, compresa quella delle altre agenzie, non solo educative. Tuttavia, non crede né che la soluzione sia un ritorno al passato, come per esempio l’adozione di modelli autoritari, né il tentativo di diventare amici dei figli come emerso invece negli ultimi anni.

La vera sfida dell’epoca attuale è trovare una terza via, basata sull’apertura e sulla disponibilità a lasciarsi permeare reciprocamente, affinché il conflitto possa generare qualcosa di positivo. In questo consiste il percorso del coltivare legami, relazioni cioè che possono essere di riferimento per gli adolescenti ma non solo loro dato che l’insorgere di certe problematiche anche in fasce d’età prima considerate al riparo da tali fenomeni spinge a riflettere su ogni momento della crescita dei propri figli.

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Stress, ansia, difficoltà nelle relazioni: come accorgercene e cosa fare – INTERVISTA AUDIO

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Nell’ambito del programma “Venti minuti da Leone”, che Radio Duomo Senigallia/In Blu ha avviato lo scorso marzo, è emersa più volte la necessità di parlare delle persone, dei loro pensieri e paure, insicurezze, ansie. Temi che hanno degli importanti risvolti sociali: se pensiamo ai giovani, ecco che emergono difficoltà comunicative o a gestire le relazioni con il rischio poi di fenomeni di violenza; ma lo stesso accade se pensiamo al mondo degli adulti, dove i ritmi lavorativi, le problematiche di coppia o nelle relazioni genitori/figli portano a situazioni di forte stress, con varie ricadute. Per esaminare un po’ più da vicino questo mondo, per lo meno alcune difficoltà e relativi percorsi, abbiamo intervistato Daniela Sbarbati, psicologa e psicoterapeuta di Senigallia. L’intervista sarà in onda oggi – venerdì 31 maggio – alle ore 13:10 e alle 20; domani – sabato 1 giugno – agli stessi orari e infine domenica 2 a partire dalle 17:10 circa, sempre su Radio Duomo Senigallia/In Blu (95.2FM). Per ascoltarla qui basterà cliccare sul tasto play del lettore multimediale; chi vorrà potrà anche proseguire con la lettura.

Quali sono le principali problematiche psicologiche che affronti?
La maggior parte dell persone si rivolge a me per problemi di ansia, con tutte le sue declinazioni nel lavoro o sociale. Altri per attacchi di panico, difficoltà o crisi di coppia con alcuni vissuti che non riescono a essere superati; altri ancora per questioni legate alla genitorialità, difficoltà nella gestione del rapporto coi figli, di varie età, o nel gruppo dei pari. Non sono molti, ma stanno crescendo, coloro che si rivolgono a uno psicologo per crescita personale. Merito in parte anche dei social.

Come mai?
Alcuni personaggi si sono rivolti a figure come psicologi o psicoterapeuti in momenti di difficoltà, la cosa è stata propagandata attraverso i social e ciò ha permesso, soprattutto tra i giovani di sdoganare il fatto di potersi rivolgere a un esperto di salute mentale. Ciò non significa che non ci siano più pregiudizi o stereotipi: a volte c’è l’idea che si possa far da soli quando c’è un problema di salute mentale o una tristezza profonda che non va via, mentre se ho male al ginocchio vado normalmente dal medico.

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Foto da Pixabay

Quali cause principali di questi disturbi?
La mia formazione è in ottica sistemico-relazionale, significa che l’individuo è inserito all’interno di un contesto, e si fa più attenzione alla famiglia e alle relazioni particolarmente significative. Il disagio viene inserito al suo interno e letto in tal senso. Per esempio, l’ansia è molto correlata allo stile di vita che noi tutti oggi viviamo, ha quindi motivazioni di ordine sociale: andiamo di fretta, abbiamo standard elevati e chissà quali obiettivi: purtroppo lo insegniamo anche ai nostri figli fin da piccolissimi.

Altre cause?
Ogni problema che una persona porta è legato alla sua storia, al suo vissuto e alle sue relazioni. Non ci sono indicazioni generali su come si origina, ma è comunque un segnale di allarme che il nostro organismo ci manda per dirci che c’è qualcosa che non va. Con il percorso terapeutico si cerca di capire perché si attiva questo sistema che è un’emozione buona, ce l’abbiamo tutti, anche un meccanismo di difesa verso qualcosa di nuovo e sconosciuto. Diventa patologica quando inficia la qualità della mia vita e mi limita nelle relazioni sociali, nel lavoro…

Come ce ne accorgiamo?
Tendenzialmente ne è un segnale il respiro affannoso, un battito accelerato o anche una situazione di blocco che porta anche a un ritiro sociale e a non voler vedere gli altri.

L’isolazionismo di molti giovani segnalato nel periodo post pandemico è legato a questo disturbo?
Tra i disturbi giovanili c’è questa problematica del ritiro sociale. Il covid ha amplificato certe tendenze, complici anche telefonino e computer che permettono di essere connessi e a volte sostituiscono le relazioni con le persone nella loro fisicità.

Daniela Sbarbati
Daniela Sbarbati

Come prevenire questi abusi tecnologici?
Si deve lavorare in famiglia, con idee e regole chiare e condivise tra i genitori e poi da far rispettare ai figli, cosa non sempre facile. Loro ci crescono con questi dispositivi, sono capacissimi di utilizzarli fin da piccoli, ma altra cosa è la capacità emotiva e cognitiva. E’ opportuno accompagnarli nell’utilizzo prima di lasciargli uno strumento così potente nelle mani.

Gli strumenti, se non filtrati dagli adulti, possono portare i giovani verso comportamenti violenti?
Innanzitutto non vorrei generalizzare, non tutti i giovani sono così. E poi io non sono per demonizzare certi dispositivi né per vietarli anche se in alcune fasce d’età non sono davvero necessari. Però, come ogni strumento, sono utilissimi e i giovani vanno educati nell’utilizzo.Come adulti dobbiamo anche esaminare i fenomeni e cercare di capire che cosa ci dicono: a volte non siamo in grado di contenere il carico emotivo che c’è dietro a un fenomeno e teniamo anche conto che spesso stiamo offrendo loro una prospettiva di futuro che non c’è o che noi per primi non abbiamo. Queste potrebbero essere alcune motivazioni che portano un giovane alla rabbia, a smarrire alcuni valori di riferimento o al non pensare all’altro come una persona degna di rispetto.

Come si individua un percorso terapeutico? E a come funziona la fototerapia?
Un percorso psicoterapeutico è una relazione di cura, è trovare uno spazio, un contenitore per una relazione con un esperto che è il veicolo principale della cura. Ci sono vari approcci, io ne ho uno sistemico-relazionale. Sono terapeuta EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing), una terapia utilizzata per superare un trauma molto difficile ed i disturbi emotivi associati. Nel mio lavoro utilizzo anche la  fotografia terapeutica, dove la fotografia è un mezzo proiettivo che veicola pensieri, emozioni, parole difficili da esprimere verbalmente. Le immagini hanno un impatto emotivo molto forte e possono portare a riconoscere quale parte di sé è stata toccata da una particolare situazione traumatica. E’ davvero molto utile.

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