Accogliendo una proposta del Centro culturale islamico, la Diocesi è lieta di invitare i fedeli e la cittadinanza ad un appuntamento di dialogo interreligioso islamo-cristiano sabato 15 aprile p.v., dalle ore 18,30 alle ore 19,00 presso la piazza della Parrocchia del Porto in Senigallia. In tale occasione, considerando l’appello universale proprio di un tempo spirituale di conversione e di gioia per entrambi, quello pasquale e quello del ramadan (che per alcuni giorni si sovrapporranno), le voci della comunità islamica e della comunità cattolica della nostra città si alterneranno in un semplice, reciproco racconto ed ascolto.
La comunità islamica sarà rappresentata dall’imam Ait Ouhman Mohamed della moschea di Ouarzazate (Marocco), inviato in Italia dal Regno del Marocco per fornire istruzione religiosa nella Moschea “Enoor” di Senigallia durante il ramadan.
La comunità cristiana sarà rappresentata dal vescovo Franco Manenti e da alcuni fedeli laici che offriranno un accompagnamento musicale e canoro ai due interventi. Il formato semplice e breve, come anche la centralità del luogo dell’appuntamento – peraltro dolorosamente ferito dalla recente alluvione – vorrebbero favorire la più calorosa e ampia partecipazione possibile, oltre che offrire un segno di speranza e di impegno condiviso per il presente e il futuro della nostra casa comune.
Andrea Falcinelli
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“Sono oltre 340 milioni i cristiani perseguitati nel mondo” riporta Porta Aperte onlus, mentre l’European Union Agency for Fundamental Rights (Fra) segnala il “crescente antisemitismo e la diffusione dell’islamofobia attraverso i discorsi di odio che causano frequenti atti di violenza contro persone del tutto indifese, colpevoli solo di appartenere a una comunità religiosa etichettata”. Sono i numeri che riporta il Centro Studi Lirec in occasione della giornata (celebrata lo scorso 22 agosto) in cui ricorre la commemorazione delle vittime di atti di violenza basata sulla religione o il credo, istituita dall’Assemblea Generale dell’Onu. “Anche quest’anno purtroppo il bilancio delle vittime è alto, milioni di fedeli vengono discriminati, perseguitati, imprigionati, torturati e perfino assassinati per la loro fede in tutto il mondo”, ricorda l’organizzazione che da anni promuove ricerca e studi sulla libertà di fede.
“Il rapporto più completo e accurato sulle vittime di violenza motivata religiosamente è quello pubblicato dall’Uscirf (The United States Commission on International Religious Freedom). Nell’ultimo, relativo al 2022, è indicato il numero di vittime di cui si ha notizia certa, i responsabili della violenza e le motivazioni addotte dalle autorità statali o da singoli perpetratori, per giustificare la violenza. Negli ultimi sette mesi sono state segnalate 1301 vittime provenienti da 21 differenti Paesi. Più di 1000 vittime- continua il Centro studi Lirec- rimangono ancora in carcere o comunque private della loro libertà dallo Stato e alcune sono morte mentre si trovavano in carcere”.
“Uno dei fenomeni più gravi lo ha segnalato Genocide Watch, qualche mese fa, in India- prosegue il Lirec nel comunicato- dopo un raduno delle organizzazioni religiose vicine alla destra hindu, che inneggiavano al genocidio dei musulmani e anni di crescente violenza e discriminazione contro la più grande minoranza religiosa del Paese”. “I governi che mettono in atto la violenza in modo più grave sono: la Cina, seguita da Russia, Iran, Uzbekistan, Pakistan, Vietnam ed Eritrea. Gli altri paesi sono responsabili di meno dell’1% delle vittime presenti nel database dell’Uscirf.
Le vittime sono fedeli di diverse religioni: oltre il 40% sono musulmani di diverse estrazioni e tradizioni, seguono i cristiani, che rappresentano il secondo gruppo per numero di vittime. Il terzo gruppo sono i praticanti di Falun Gong, molti dei quali buddhisti, e, infine, i Bahai. Per quanto riguarda le accuse formulate dalle autorità o le motivazioni della violenza perpetrata da singoli individui, l’Uscirf segnala che la maggior parte delle vittime viene arrestata per difendere la sicurezza nazionale. In questo caso le accuse sono di terrorismo, estremismo, separatismo, sovversione, affiliazione a un gruppo bandito o a una setta. Il secondo motivo addotto per la carcerazione e le violenze è l’apostasia, la blasfemia e i discorsi di odio. A queste, che sono le accuse più frequenti, seguono quelle di provocare il disordine pubblico, il rifiuto del servizio militare e altre.
Una parte molto interessante e significativa del rapporto fa presente che un terzo delle vittime incarcerate, torturate o bandite, in realtà, non viene accusato di nessun reato, ma rimane ugualmente in carcere, scompare o viene forzato ad abbandonare la sua fede”.
Anche l’ Europa conta le sue ombre: “Episodi di violenza contro queste comunità si sono verificati in diverse nazioni europee, tra cui l’Italia, mentre in Francia l’Uscirf cita la discutibile e pericolosa legge sul separatismo, che rischia di etichettare intere comunità, prevalentemente musulmane, perchè violerebbero la laicità dello Stato. In Francia, inoltre, sono stati segnalati, solo nel 2021, 857 atti di violenza contro i cristiani, molti dei quali consistono nel danneggiare e bruciare chiese e Bibbie. Altri attacchi vandalici si sono verificati in tutto il continente: Francia, Germania, Italia, e Svizzera”.
L.M.
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