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Tag: villa Torlonia

Scusate il ritardo

Ripresi i lavori per l'abbattimento dei pini in viale Anita Garibaldi a Senigallia

Al termine delle due lunghe querelle che hanno impegnato un buon numero di cittadini di Senigallia nella difesa di Villa Torlonia e dei pini di viale Anita Garibaldi, vicende terminate rispettivamente con l’abbattimento dell’una e di gran parte (per ora!) degli altri, alcune riflessioni saranno utili per non disperdere ciò che di buono si è fatto.

Una riguarda il valore dell’impegno civico per una cosa in cui si crede. Sapevamo che difficilmente ce l’avremmo fatta; pure abbiamo fatto il possibile per raggiungere lo scopo. Ne valeva la pena? La saggezza antica e l’arte della politica hanno sempre suggerito di non impegnarsi in battaglie che si sa già come andranno a finire; ma oggi quasi mi sento di dire che le sole battaglie che meritano di essere combattute – sto parlando di battaglie civili – sono quelle che quasi certamente non saranno vinte; perché sono quelle che aprono la via ai nuovi paradigmi.

Vediamo in dettaglio. In entrambe le vicende – della villa e dei pini – l’ostacolo più escludente che veniva opposto era quello dei tempi; e cioè che i comitati avevano le loro ragioni, ma purtroppo si eravano svegliati troppo tardi e non c’era più modo di cambiare direzione. Dove erano arrivati in tempo, invece, non aveva tempo il Tar.

A parte il fatto (qui penso alla Soprintendenza) che per dire la verità non è mai tardi, è proprio questo il passaggio più critico nelle due vicende: siamo arrivati tardi. Ma perché il più delle volte le class action dei cittadini arrivano in ritardo? Chi cercasse una risposta piena dovrebbe partire da lontano.

Per esempio da Aarhus 1998. Lì la convenzione internazionale sull’accesso alle informazioni, la partecipazione dei cittadini e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, aveva stabilito che, appunto, in materia ambientale (e assumo quella storica come diversità culturale) le parti avrebbero potuto confrontarsi all’inizio del procedimento, e non a decisione assunta. Fin dall’atto del recepimento di quella convenzione, del resto, l’Italia aveva subito depotenziato questa istanza spostando accesso e partecipazione al termine del procedimento. Che novità?  – dicevano i sovranisti di allora – : da noi esistono già le leggi sulla trasparenza (D.L. 124 e 142) e le osservazioni ai piani!

Ma anche senza andare lontano non è difficile spiegarsi perché i cittadini arrivano sempre in ritardo e quindi vengono sempre respinti. Già nel 1991 il Consiglio Comunale di Senigallia all’unanimità aveva approvato il documento più importante: lo Statuto (download); e lo Statuto istituiva il referendum comunale. Qualcuno ha memoria di quanti referendum comunali (a parte quello consultivo su Morro che ci aveva imposto la Regione) sono stati fatti nei trendue anni ad oggi che sono trascorsi? Nessuno. Mai. Non è stato fatto nemmeno il regolamento per poterlo tenere.

Eppure nel primo atto deliberativo dei lavori nel viale Anita Garibaldi si trova scritto subito, in alto, che si tratta di lavori (comprendenti gli abbattimenti) che l’intera cittadinanza desidera e chiede. Come fanno a dirlo se non c’è stata consultazione? L’impressione sarà stata anche quella; ma è bastato che una persona aprisse una raccolta firme per accorgersi che la cittadinanza non era affatto unanime e concorde: chi guardava la strada, chi guardava i pini. E anche chi voleva farli convivere, e questi eravamo noi.

Si arriva tardi oggi, o anche non si arriva per niente perché ormai non esistono più canali e strumenti della partecipazione. Le varie consulte, le circoscrizioni, i circoli, le commissioni aperte… più niente che poco. Le associazioni sono citate solo quando conviene al citofono. Tutto chiuso. Eliminate perfino le bacheche. Restano i social, ossia le illusioni di contare qualcosa.

Ah ma noi abbiamo consultato la gente e fatto conferenze al Teatro Portone – ci vengono a dire. Appunto: dove le cose arrivano già approvate. 

di Leonardo Badioli

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Quando si dice la parola…

Due momenti della demolizione di villa Torlonia a Senigallia: a sinistra il 24 settembre, a destra il 27 settembre 2023
Due momenti della demolizione di villa Torlonia a Senigallia: a sinistra il 24 settembre, a destra il 27 settembre 2023

Guardiamo bene queste due fotografie: la prima è stata scattata domenica il 24 settembre scorso verso le tredici e trenta; la seconda è stata scattata mercoledì 27 settembre più o meno alla stessa ora. In entrambe si vede il guasto di Villa Torlonia. Per ottenerle è stato necessario arrampicarsi un po’ perché la villa è circondata da un alto muro e il danno è stato compiuto nella facciata retrostante la Villa. Quindi da fuori non si vede niente. Le due foto, però, mostrano come la demolizione, prima circoscritta a una parte centrale dell’edificio, si sia ampliata ai quasi due terzi dell’intero fabbricato.

Adesso combiniamo queste date con gli avvenimenti di quei giorni:

sabato 2 settembre, Il Resto del Carlino annunciava, in seguito ad accordi tra le parti, la sospensione della demolizione, il che non significa che fosse cominciata.
martedì 19 settembre mi sono arrampicato su una scala per controllare: ancora la villa era intatta.
domenica 24 settembre: Il Corriere Adriatico, che ancora non sa della prima parziale demolizione già avvenuta (la prima fotografia scattata dopo mezzogiorno), dà notizia che il venerdì precedente, 22 settembre, Vittorio Sgarbi avrebbe telefonato alla Soprintendente per segnalare l’importanza storica dell’edificio, e che il giorno successivo, sabato 23, la Soprintendente avrebbe a sua volta fatto un sopralluogo. E’ possibile che né Sgarbi, né la Soprintendente se non è entrata nella villa, sapessero di quel primo assaggio di demolizione (perché diversamente non voglio pensare);
lunedì 25 settembre, per sopravvenuti colloqui tra le parti, il Sindaco aveva concesso una moratoria di una settimana in modo da poter giungere alle opportune decisioni.

Da questi confronti si deduce che le demolizioni, dopo il primo assaggio, sono proseguite anche nei giorni in cui era stata concordata la moratoria. Quando si dice la parola…

Martedì 3 ottobre viene demolito anche l’angolo verso Fano e viene posta così fine alla vicenda.

Leo Badioli

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Villa Bonaparte Torlonia, prosegue la demolizione

Prosegue la demolizione di villa Bonaparte Torlonia a Senigallia

Prosegue la demolizione di villa Bonaparte Torlonia, l’antica residenza senigalliese situata in via Raffaello Sanzio risalente al primo ventennio dell’Ottocento. Dopo l’avvio, nel retro, dei lavori tra le proteste cittadino accompagnate persino del sottosegretario alla cultura Vittorio Sgarbi che aveva minacciato un intervento governativo e un sopralluogo, le ruspe hanno demolito anche una delle due porzioni laterali, mostrando quindi alla città intera la ferrea volontà di proseguire nell’intervento di demolizione e ricostruzione ex novo dell’edificio.

A poco sono serviti dunque gli appelli alla salvaguardia della villa, perlomeno della parte centrale che costituiva il nucleo originario della storica dimora dei Bonaparte. Un cognome altisonante, ben spiegato però nella ricerca storica che due giovani studenti di Senigallia hanno realizzato per cercare di fermare il progetto edilizio.

Come evidenziato da Riccardo Marletta e Elena Bonazza, la storica villa Torlonia durante l’ultimo periodo prima dell’abbandono è stata la sede di un convento, quello delle Suore della Carità. Le ultime custodi avevano preso il posto della famiglia di Leopoldo Torlonia (sindaco di Roma nonché sindaco onorario di Senigallia e Pesaro, il cui fratello era il consuocero del re di Spagna). Ma più indietro nel tempo, l’edificio fu legato alla famiglia di Luciano Bonaparte: lui e la moglie Alexandrine de Bleschamp ebbero un rapporto privilegiato con Senigallia. Quest’ultima vi abitò fino alla fine dei suoi giorni, nel 1855, dopo essere divenuta la zia del nuovo imperatore di Francia, Napoleone III. Luciano Bonaparte, fratello dell’imperatore Napoleone, fu attivo già durante i moti rivoluzionari francesi del 1789, al seguito di Robespierre, entrò a far parte del Consiglio dei Cinquecento e, dopo il colpo di stato nel 1799, facilitò l’impresa politica del fratello. Poi divenne ambasciatore in Spagna. Morì nel 1840 nel viterbese, dopo aver vissuto una vita all’insegna dell’impegno politico e degli interessi nel campo dell’archeologia e della scienza.

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Se il fatto compiuto è ancora da compiere (aggiornamenti su villa Bonaparte Torlonia)

Il cartellone che dovrebbe mostrare il progetto edilizio per villa Bonaparte Torlonia
Il tabellone che dovrebbe mostrare il progetto edilizio per villa Bonaparte Torlonia

Quello che mostra la fotografia, scattata giovedì 21 settembre, è un traliccio di tubi nuovi con un tabellone sopra il quale non c’è scritto niente. Tale e quale era da un po’ di tempo a questa parte. All’apparenza non si è mossa una paglia, nonostante la città sia stata interessata da molti pronunciamenti sopra i quali si è levato quello di Vittorio Sgarbi: la villa non è da demolire. 

Ma ancora la città deve sapere di quale progetto edilizio stiamo parlando, chi sono i proprietari e chi i costruttori,  e dov’è il permesso di costruzione, e non lo imparerà certo da quel tabellone ancora cieco. L’unico modo per avere queste informazioni  sarebbe l’accesso agli atti; per ottenere i quali però serve una procedura che richiede tempo.

Le persone che si sono attivate sono particolarmente colpite dalla impalpabilità delle risposte. Avevano chiesto al sindaco che si facesse mediatore tra le esigenze costruttive e quelle di conservazione dell’edificio storico, in modo che con opportuni accorgimenti anche reciprocamente vantaggiosi si potessero contemperare le due cose. Ma come si fa ad essere collaborativi se non viene mostrato il progetto? Il sindaco risponde che ormai è tardi rispetto ai tempi del procedimento, anche perché si ha notizia che alcuni appartamenti ancora da costruire sono stati acquistati. Allora come mai il tabellone è ancora vuoto? La netta impressione è che il crescente pronunciamento a favore del mantenimento di ciò che gli interessati intendono fare abbia accelerato le procedure di vendita in modo da mettere la petizione di fronte al fatto compiuto: è tutto venduto, non si può tornare indietro e nessuno può farci più niente, nemmeno Sgarbi. 

Al rifiuto, dunque, si aggiungerebbe l’opacità dell’operazione. Carenza grave. Tanto più che una sistemazione del progetto che includesse il restauro della parte storica potrebbe riflettersi in modo molto favorevole sugli interessi dei promotori: una povera ma ricca di storia abitazione sarebbe comunque casa di principi; l’opera di restauro finanziata come meritoria e fruibilità valorizzata e non certo compromessa dall’aggiustamento.

di Leonardo Badioli

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Senigallia: dopo la petizione anche una proposta per salvare la storica Villa Torlonia

Villa Torlonia a Senigallia,  agosto 2023
Villa Torlonia a Senigallia, agosto 2023

Non c’è solo una petizione on line a testimoniare l’attaccamento della città a villa Torlonia; ora arriva anche una proposta di revisione del progetto di riqualificazione che potrebbe mettere d’accordo sia la proprietà alle prese con l’idea di demolire e ricostruire, sia la comunità senigalliese che vorrebbe salvare almeno il nucleo storico dell’edificazione e con essa la memoria di ciò che fu.

Ma andiamo per ordine. Lo scorso febbraio si è venuti a sapere del disegno urbanistico su villa Bonaparte Torlonia: l’antica residenza senigalliese situata in via Raffaello Sanzio (FOTO in alto allo stato attuale, Ndr), risalente al primo ventennio dell’Ottocento, dovrebbe essere abbattuta per volontà di una società immobiliare romana proprietaria dell’edificio che vi vorrebbe costruire un complesso residenziale. A tal proposito sono state ottenute dalla Soprintendenza dei beni culturali e ambientali e dall’amministrazione comunale le autorizzazioni a procedere. La levata di scudi di un gruppo di cittadini ha per il momento permesso una pausa di riflessione se non altro per informare di ciò che la villa ha significato per la città.

Durante l’ultimo periodo prima dell’abbandono è stata la sede di un convento, quello delle Suore della Carità, ultime custodi; precedentemente fu proprietà della famiglia di Leopoldo Torlonia (sindaco di Roma nonché sindaco onorario di Senigallia e Pesaro, il cui fratello era il consuocero del re di Spagna). Ma più indietro nel tempo, l’edificio fu legato alla famiglia di Luciano Bonaparte, come ricordano Riccardo Marletta e Elena Bonazza, due studenti di Senigallia che hanno approfondito l’argomento: «Luciano e la moglie Alexandrine de Bleschamp ebbero un rapporto privilegiato con Senigallia. Quest’ultima vi abitò fino alla fine dei suoi giorni, nel 1855, dopo essere divenuta la zia del nuovo imperatore di Francia, Napoleone III. Luciano Bonaparte, fratello dell’imperatore Napoleone, fu attivo già durante i moti rivoluzionari francesi del 1789, al seguito di Robespierre, entrò a far parte del Consiglio dei Cinquecento e, dopo il colpo di stato nel 1799, facilitò l’impresa politica del fratello. In seguito, dopo la sua esperienza di ambasciatore in Spagna, Luciano Bonaparte ruppe temporaneamente i contatti con Napoleone stesso, in quanto non aveva rispettato gli ideali repubblicani che stavano alla base della sua ascesa al potere. Il minore dei fratelli Bonaparte morirà nel 1840 nel feudo di Canino, nel viterbese, dopo aver vissuto una vita all’insegna dell’impegno politico e degli interessi nel campo dell’archeologia e della scienza».

Dunque un passato rilevante per un’abitazione che ora è al centro di un progetto di profonda trasformazione: la società immobiliare prevede la sua demolizione e la realizzazione al suo posto di un complesso residenziale che un gruppo di cittadini vorrebbe evitare, non tanto per una possibile speculazione edilizia, quanto per salvaguardare quella memoria storica che legò Senigallia alla Francia dei Napoleone. Da qui la petizione sulla piattaforma Change.org indirizzata al sindaco di Senigallia Massimo Olivetti, al vicesindaco Riccardo Pizzi e a tutte le associazioni culturali della città.

Al fianco dei due studenti si sono poi schierate altre personalità cittadine come Ettore Baldetti, Gabriela Osti Solazzi, Leonardo Badioli, Franco Porcelli e Nino Bucci che hanno portato avanti un altro aspetto. Nell’ottica di salvaguardare la residenza napoleonide senigalliese di Villa Torlonia, «vero luogo della memoria europea», i firmatari della petizione hanno avanzato una “proposta di revisione progettuale, la quale, «senza far perdere alla proprietà privata alcuna disponibilità abitativa, fa guadagnare alla società immobiliare dei volumi edilizi e alla collettività un nuovo centro di attrazione storico-turistica». La nuova proposta, inviata al sindaco di Senigallia, mira a salvare dalla distruzione quella porzione centrale di Villa Torlonia, riferibile nella sua componente strutturale originaria al possesso di Luciano Bonaparte corredata dalle artigianali palificazioni per la legatura dei cavalli, da un tavolino marmoreo adornato con scacchiere e da un’antica fontana, presenti nel retrostante cortile alberato.

Secondo Leonardo Badioli, Ettore Baldetti, Nino Bucci, Riccardo Marletta, Gabriela Osti Solazzi e Franco Porcelli è possibile attuare il salvataggio della porzione della villa «a costi pressoché azzerati, fruendo di eventuali contributi pubblici, senza precludere alcuna disponibilità abitativa alla società immobiliare proprietaria». Questa perderebbe alcuni parcheggi ma avrebbe a disposizione «nuovi volumi edilizi da gestire in proprio o mettere eventualmente a disposizione della collettività anche tramite una convenzione per uno spazio museale: potrebbe ospitare, oltre ad ambienti didattico-rievocativi sui napoleonidi nel senigalliese durante i moti risorgimentali e il pontificato di Pio IX, anche un museo civico» in cui far convogliare «preziosi cimeli locali altrimenti per lo più destinati a fuoriuscire da Senigallia, per essere accolti in altri musei o nel mercato antiquariale». I proponenti auspicano un contatto veloce con la proprietà prima che venga iniziato l’iter demolitorio.

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Villa Torlonia a Senigallia, agosto 2023
Villa Torlonia a Senigallia, agosto 2023