Terremoto in Siria e Turchia: l’intervista al prof. Fausto Marincioni, esperto di disastri

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Il freddo, la guerra, il terremoto. Piove, anzi, diluvia sul bagnato. Tra Siria e Turchia la catastrofe naturale ha amplificato a dismisura la follia di una guerra, quella siriana, di cui non parliamo quasi più ma che c’è ancora e crea tanta sofferenza. Il sisma fa tremare confini infuocati da sempre, il ribelle Nord della Siria in cui milioni di persone sono intrappolate tra ciò che è rimasto degli invasati dell’Isis e le persecuzioni del regime di Assad. Centinaia di migliaia di profughi siriani nei campi allestiti appena al di là del confine, in quella Turchia ugualmente devastata.

Fausto Marincioni è docente di Geografia ambientale all’Università Politecnica delle Marche – Dipartimento Scienza della vita e dell’ambiente. E’ tra i massimi esperti di disastri e lo abbiamo raggiunto dai microfoni di Radio Duomo Senigallia. Ci spiega anzitutto che tipo di sisma è quello accaduto due giorni fa.

Una tragedia che si inserisce in un posto complicato. Non è una forzatura parlare di alleanze mentre migliaia di persone sono sotto le macerie, lasciate al gelo. Lì, però, ci sono personaggi quali Assad, Erdogan, la Russia non è lontana, la guerra è poco più a Nord. Tutto è tremendamente connesso e perfino gli aiuti internazionali distinguono tra il colore dei passaporti. C’eravamo dimenticati di milioni di persone, un terremoto le riporta alla ribalta.

“Non c’è fine al dolore e alla sofferenza in quella zona martoriata” scrive in un post la giornalista italo siriana Asmae Dachan. Le macerie dei palazzi devastati si somigliano molto, difficile distinguere quelle devastate dalla guerra da quelle provocate dal terremoto. La Terra si muove violentemente, fa il suo corso e non ne vuole sapere di una follia che la copia nella sua catastrofica distruzione.

Laura Mandolini

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