“Chi ama la libertà si rende la vita difficile”

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C’è una parola, al tempo del Covid, di cui – per contrasto, soprattutto nei mesi di isolamento – abbiamo provato tutti, almeno una volta, nostalgia: libertà. La davamo, forse, troppo per scontata, e avevamo perso di vista che è un bene prezioso e fragile, da maneggiare e declinare con cura se non si vuole ridurla ad una dimensione, appiattire, banalizzare, mutilare nel suo spessore e nel suo peso specifico. In un volume che prende il titolo proprio da questa parola (“Libertà”, Editrice La Ricerca), mons. Leonardo Sapienza, reggente della  Casa Pontificia, rogazionista, ne indaga tutto lo spettro, partendo da un ammonimento previo:

“Libertà può voler dire quasi tutto e il contrario di tutto. Non si può insegnare, dimostrare, spiegare la libertà. Al massimo si può risvegliare il gusto della libertà”.

Ed è proprio questo lo scopo del libro, che raccoglie e collega in forma antologica aforismi, definizioni e approfondimenti di grandi pensatori del passato e del presente, alternandoli con “pensieri in libertà” che evocano e provocano ulteriori riflessioni. Perché la libertà, avverte l’autore, “si colloca sulla linea dell’essere” e per dispiegare appieno tutta la sua fragranza ha bisogno di coniugarsi con altre due parole, impegnative ma imprescindibili onde evitare fraintendimenti o confusioni con il libero arbitrio: responsabilità e verità. L’orizzonte più corretto in cui va collocata, quindi, è quello della risposta ad una vocazione.

“E’ veramente libero – scrive padre Sapienza – non chi ha la possibilità di fare ciò che gli pare, ma colui che riesce a respingere tutto ciò che gli impedisce di essere se stesso, e che lo fa semplicemente un ‘se stesso’ diminuito’”.

Ma che cos’è che “diminuisce” l’essere umano, facendogli credere, al contrario, di poter accrescere il suo potere? Tutte quelle forme di schiavitù che, con la scusa di amplificare il gusto della libertà, ne mortificano e mistificano l’essenza. Essere liberi, oggi e sempre, è una scelta controcorrente:

“Chi ama la libertà – osserva l’autore – non ama la vita comoda. Al contrario, si rende la vita difficile. E, nella nostra società, ci pensano pure gli altri a rendergliela difficile. C’è una specie di accanimento generale contro un uomo veramente libero”. Quel che manca – oggi come sempre, ma forse ancor di più – sono gli uomini liberi. Capaci di stare con la schiena dritta. Di non scendere a compromessi con la propria coscienza e coerenza. “Senza un solido aggancio alla verità – insegnava il cardinale  Giacomo Biffi – la libertà è solo apparente: è la libertà della foglia che segue ogni soffio di vento; è la libertà del fuscello rapinato da ogni onda del fiume in cui è caduto; è la libertà di essere schiavi di tutti e di tutto”. Per don Luigi Sturzo, “la virtù, la scienza, la libertà, si conquistano ogni giorno; la conquista non cessa mai; qualora anche per un giorno cessasse, ciò significherebbe una perdita”. La libertà, come sapevano bene gli antichi, è un “habitus”, e come tale ha a che fare con l’autodisciplina, puntualizza il sacerdote di Caltagirone: “Se la libertà si conquista ogni giorno, la battaglia comincia con l’uomo e non finisce che con l’uomo. Chi crede di aver conquistato la libertà una volta per sempre, non ha capito cosa sia la libertà e cosa importi la battaglia per la libertà”. La libertà, in questa prospettiva, è una pagina bianca: a noi l’arduo ma affascinante compito di vergarla, giorno per giorno, battaglia dopo battaglia. Perché, come cantava Giorgio Gaber, “libertà è partecipazione”.

Maria Michela Nicolais

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