Essere operatori sanitari in tempo di pandemia

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Cristina lavora da molti anni come oss in una delle due case di riposo cittadine. Ha cambiato più volte orari di lavoro ma generalmente ha svolto gli stessi servizi che concernono la cura degli ospiti della struttura. Nel corso del tempo ha visto entrare tanti anziani, li ha accuditi e si è trovata inevitabilmente a dare l’ultimo saluto a parecchi di loro. Il suo è un lavoro in cui devi metterci il cuore, in cui ti affezioni alle persone che ogni giorno vesti, lavi, imbocchi ma allo stesso tempo, dice, è bene imparare a lasciarsi scivolare di dosso le varie situazioni per non soffrire troppo. Più che un mestiere è una missione, dove tocchi giornalmente con mano la sofferenza. Come esprime il Santo Padre nel suo messaggio per la 29a Giornata mondiale del malato: “La malattia ha sempre un volto, e non uno solo.” Cristina ne conosce tanti di quei volti, li vede invecchiare mano a mano ma gode di quello che queste persone sofferenti sanno donarle: anche un semplice grazie, anche un sorriso che ricambia con gioia. “La vicinanza, infatti, è un balsamo prezioso, che dà sostegno e consolazione a chi soffre nella malattia”, continua il Santo Padre. Specialmente in questo difficile periodo di pandemia gli operatori sanitari sono spesso per gli ospiti le uniche persone che possono dar loro vicinanza, soprattutto quando le visite con i parenti vengono sospese per motivi di sicurezza. Cristina, come i suoi colleghi, conosce le storie e le esigenze di ciascuno di cui si occupa e cerca di soddisfare, per quanto possibile, le loro richieste. Svolgere oggi il suo lavoro significa anche rischiare quotidianamente, significa lottare contro un nemico invisibile, come dice lei, armarsi per andare a una guerra. Racconta con trasporto ed evidente preoccupazione la preparazione giornaliera prima di andare al lavoro. Quasi mezz’ora di vestizione per proteggersi al meglio con camici, tute, mascherine, visiere, guanti. Anche lei, nonostante le dovute precauzioni, come molti suoi colleghi e ospiti dell’rsa, ha contratto il virus ed è stata costretta a un periodo di isolamento. Il papa nel suo messaggio ha ricordato proprio chi, come lei, opera in questi ambienti: “… la pandemia ha messo in risalto anche la dedizione e la generosità di operatori sanitari, volontari, lavoratori e lavoratrici, sacerdoti, religiosi e religiose, che con professionalità, abnegazione, senso di responsabilità e amore per il prossimo hanno aiutato, curato, confortato e servito tanti malati e i loro familiari. Una schiera silenziosa di uomini e donne che hanno scelto di guardare quei volti, facendosi carico delle ferite di pazienti che sentivano prossimi in virtù della comune appartenenza alla famiglia umana.”

Barbara Fioravanti

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