Genitori, nel tempo delle nascite rare. Due voci per raccontare le sfide della paternità

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In Italia nascono sette bambini ogni dieci minuti. Detta così sembra un successo demografico. Già immagino i commenti: “Ma non saremo troppi?”, oppure “E come lo trovano un lavoro quando saranno grandi?”. E invece quei 393 mila neonati venuti alla luce nel 2022 sono l’ennesimo record negativo per la natalità nostrana che ha fatto registrare un nuovo calo delle nascite, di circa l’1,7% sull’anno precedente (dati Istat, report natalità 2023 – https://www.istat.it/it/files//2023/10/Report-natalita-26-ottobre-2023.pdf). Il numero medio di figli per donna scende a 1,24, evidenziando una lieve flessione sul 2021, ma ben più marcata rispetto al 2010, uno degli anni più fecondi dell’ultimo ventennio, quando il dato aveva toccato il massimo di 1,44. E anche quest’anno non andrà meglio considerando che da gennaio a giugno 2023, ma qui i dati Istat sono provvisori, ci sono altre 3.500 culle rimaste vuote. Una conferma della tendenza alla diminuzione che ormai prosegue da anni, con forti ripercussioni sociali, occupazionali, economiche e persino previdenziali. C’è però ancora chi mette al mondo figli, chi si crea una famiglia, chi scommette sulla vita. Magari va cercato al lumicino tra oltre la metà delle coppie italiane che scelgono di non fare figli o che non possono averne, ma c’è. Si hanno figli a un’età sempre più in là con gli anni, over 30, anche over 40.

Tra questi ultimi ci siamo sia io che Luca. Per motivi diversi, siamo arrivati “lunghi” nel crearci le rispettive famiglie. «Quando mi son sposato – racconta – l’intenzione mio e di mia moglie era quella di costruire una famiglia, nonostante qualche preoccupazione per il contesto socio-economico e lavorativo. Senza una ricerca ossessiva, avevamo entrambi il desiderio, condiviso e naturale, di avere figli, per cui non ci siamo posti più di tanto il problema dell’età». Insomma una filosofia di vita molto serena, della serie: “quando arriva il momento, se arriva, andrà bene”. Io invece tranquillo non lo ero per niente: ero terrorizzato per la questione economica e occupazionale. Senza un contratto, senza una stabilità anzi, nella più totale precarietà, ho rimandato la decisione. Un blocco superato con molta difficoltà. Ovviamente ci sono numerosi altri fattori che intervengono nella scelta di fare figli. Ancora Luca: «All’inizio le preoccupazioni non son mancate, sia chiaro, forse inconsciamente hanno anche ritardato la nascita di nostra figlia. Ora non è che il contesto sia rose e fiori, ma ho temporeggiato abbastanza. Inoltre potevamo, e per fortuna possiamo ancora oggi, contare sulle nostre famiglie». Altro fattore che fa la differenza: il fondamentale supporto dei nonni nel tenere i bambini, nel portarlo all’asilo, nello stare con loro anche chiamati all’ultimo momento quando tu sei impegnato. Parliamoci chiaro: non tutti riescono a pagarsi la babysitter. Io per pagarle lo stipendio dovrei lavorare più di quanto non faccia ora, sperando che tutto fili senza imprevisti, perché l’acqua alla gola mi sommergerebbe completamente. Se mi guardo attorno però, vedo non solo tra le mie conoscenze che sono soprattutto uomini e donne che i 30 anni li hanno festeggiati tempo fa ad avere figli. In giro vedo pochissime carrozzine o biciclettine con a fianco genitori davvero giovani, diciamo nella fascia tra i 20 e i 29. Alla fine dei conti si esce dal mondo dell’istruzione (scuola e università) ma non si ha subito la stabilità che portava un tempo a creare famiglie a 20 anni. I primi lavori spesso non offrono le tutele o le agevolazioni necessarie anche solo per pensare di avere figli. E quando finalmente rientri tra i criteri di queste concrete conquiste sociali, i 30 anni sono suonati da un pezzo. Sembra una cosa da poco ma non lo è. Sia perché fondamentalmente ci è stata portata via una serenità a cui avevamo diritto (certo, sarebbe potuto andare peggio se fossimo vissuti durante la seconda guerra mondiale); sia perché quando i miei figli avranno 20 anni, io ne avrò più di 60. Stessa situazione per Luca: dovremmo essere nonni. E invece ce li ritroveremo in casa, con altre preoccupazioni: dalla guerra alle porte dell’Europa al caro vita, dalle crisi economiche alla continua precarizzazione fino alla destrutturazione del sistema pubblico (per esempio nella sanità) che ritarderanno ancora la natalità. Un circolo vizioso da interrompere il prima possibile. Quindi, sì, direi che mettere al mondo figli è un salto nel buio o, forse, una scommessa di vita che spero di poter dire “vinta” quando sarò nonno.

Carlo Leone

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