La Madonna del Rosario di Federico Barocci

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Poiché siamo ancora nel mese mariano – dobbiamo l’indicazione di maggio come mese di Maria al padre gesuita Annibale Dionisi (1725) – ho pensato di parlarvi della “Madonna del Rosario” di Federico Barocci, realizzata tra il 1588 e il 1599, su commissione della Confraternita dell’Assunta e del Rosario di Senigallia, per la Chiesa di San Rocco e oggi collocata all’interno della Sala del Trono della Pinacoteca diocesana d’Arte sacra.

Dopo il terremoto del 1930 il dipinto del maestro urbinate è stato rimosso dalla chiesa che lo ospitava e in quegli anni è purtroppo andata perduta la cornice dell’allievo Antonio Viviani in cui erano rappresentati i 15 misteri del rosario. Seppur incompleta l’opera resta comunque uno dei capolavori più rappresentativi del periodo della Controriforma.

Nella pala d’altare la Madonna, seduta su un trono di nuvole trasportato da due angeli, è raffigurata, con in un braccio Gesù Bambino, nell’atto di porgere il Rosario a San Domenico, un soggetto molto frequente nell’iconografia mariana, che viene solitamente rappresentato assieme a Santa Caterina da Siena o a Santa Rosa da Lima. In questo dipinto però il santo compare da solo e il motivo di questa scelta deriva dal fatto che l’opera sia stata pensata con lo scopo di evocare l’origine dell’impegno dell’ordine dei Domenicani nella diffusione del culto di Maria: la missione dei domenicani nasce infatti nel 1212 quando a San Domenico di Guzman, durante la sua permanenza a Tolosa, apparve, come risposta a una sua preghiera per sapere come combattere l’eresia albigese, la Vergine Maria che gli consegnò il Rosario.

Madonna del Rosario (1588-1599), Federico Barocci, olio su tela, Pinacoteca diocesana di Senigallia


Le figure dipinte sono plastiche ed evidente è l’uso sapiente e naturale dei panneggi e dei colori. Così come risultano essere estremamente naturali la posizione e i gesti di Gesù.
La prospettiva gioca un ruolo importante andando a donare dinamismo all’intera scena, mentre la linea diagonale del Santo guida lo sguardo e trasporta l’osservatore all’interno dell’opera.
Come in altri lavori del Barocci anche in questo caso il quadro è nettamente diviso in due, nel cielo la luce, simbolo di salvezza, e nella terra l’oscurità, un richiamo ai comportamenti immorali dell’uomo.
Sullo sfondo del dipinto compare Urbino, ovviamente riconoscibile dalla presenza di uno dei due torricini del Palazzo Ducale.

Marco Pettinari

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