La nostra realtà e gli occhi di un missionario

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Padre Matteo Pettinari
Padre Matteo Pettinari

Matteo Pettinari ha trascorso alcuni mesi nella sua diocesi d’origine.
Per ripartire…


Padre Matteo Pettinari, missionario della Consolata della diocesi di Senigallia e originario di Monte San Vito, da anni vive in Costa D’Avorio dove è inserito in una comunità con altri due confratelli, che è il punto di riferimento per l’intera popolazione. E’ tornato qui in diocesi per esigenze familiari e l’aggravarsi della situazione pandemica non gli ha ancora permesso di raggiungere nuovamente la terra di missione. Durante questa lunga “pausa” nei luoghi natali, ha avuto modo di riflettere e confrontare le due differenti realtà della sua esistenza e ha voluto condividere con noi impressioni e riflessioni

Intanto una presentazione…

Ho 39 anni e sono missionario dal 2011 nella regione di Dianra, nel nord della Costa d’Avorio, nella diocesi di Odiennè. Purtroppo nel mese di maggio del 2020 sono dovuto rientrare in Italia per motivi familiari. Mia mamma aveva scoperto un tumore al polmone e purtroppo ci ha lasciati il 23 gennaio scorso. Sarei dovuto rientrare in Costa d’Avorio a Dianra il 4 marzo ma purtroppo la situazione del Covid ha indotto la compagnia con la quale avrei dovuto viaggiare a sopprimere tutti i voli fino al 15 marzo. Quindi mi ritrovo qui ancora in Italia per altri 15 giorni, fino al 18 marzo. Sicuramente per un missionario che da prima della sua ordinazione sacerdotale, avvenuta nel 2010, non stava in Italia se non per i mesi di vacanze che sono triennali, qualche mese ogni tre anni, stare qui un periodo lungo dieci mesi è stata una grossa novità, una realtà inattesa. Tutto ciò è avvenuto non solo in un contesto pandemico molto forte soprattutto qui in Italia e in Europa, ma anche dovendo accompagnare una situazione delicata, dolorosa, quella della malattia oncologica di mia madre.

Quali sono le tue impressioni stando così tanto tempo qua?

Sicuramente l’Italia non è la Costa d’Avorio, sono mondi diversi! Ho trovato una situazione molto condizionata dal contesto e anche una comunità cristiana condizionata dalla situazione pandemica. Quello che l’Africa mi ha insegnato è a vivere la vita non a partire dai problemi che ci sono o che non ci sono, che potrebbero esserci o non esserci, ma dalle relazioni che comunque sempre sono il sale, la gioia, la ricchezza del quotidiano. Io amo dire quando sono a Dianrache abbiamo mille problemi ma mille e uno soluzioni, nel senso che le difficoltà, le crisi, la precarietà di ogni tipo non possono determinare lo stile con cui si affrontano le giornate. Questo insegnamento che mi porto dentro, che la Costa d’Avorio, le persone che vivono lì, la gente che mi accoglie, con cui condivido la vita mi hanno offerto mi è stato molto utile anche per affrontare questa situazione e non lasciarmene sopraffare, sia quella familiare che quella un po’ più generale.

Cosa ti porti da questa esperienza al tuo ritorno in Africa?

Adesso che torno – spero di ritornare – vado con il bagaglio di questi dieci mesi che sono stati sicuramente un tempo forte, un tempo particolare per la mia vita personale, familiare e anche di fede, con tanta grazia per tutto quello che ho vissuto e che il Signore mi ha regalato di sperimentare accanto a mamma e all’interno della mia famiglia. Spero che questa situazione pandemica ci ridia a tutti la possibilità di renderci conto che la precarietà, l’impossibilità di controllare la realtà fa parte della vita di tante persone, della maggior parte delle persone nel mondo. Allora auguro a me e a tutti di cogliere e accogliere questo nuovo stile per cui si vive non girando intorno ai problemi ma sicuramente affrontandoli, a partire dalla ricchezza delle relazioni di ogni giorno.

di Barbara Fioravanti

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