Senigallia e l’acqua: lettura della città in chiave tematica

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Se si privasse Senigallia del suo fiume e del suo mare, perderebbe totalmente identità.  L’acqua ha sempre rivestito un ruolo essenziale per la vita degli abitanti, basti pensare alla pesca, al turismo balneare, alla Rotonda a Mare, uno dei simboli del luogo, costruita nella seconda metà del XIX secolo proprio per scopi idroterapici. Anche il fiume Misa è strettamente legato alla storia della città che attraversa. In passato era navigabile e le navi dei mercanti arrivavano sulle sue sponde, in modo particolare in occasione della Fiera Franca, la storica fiera di Sant’Agostino, un tempo della Maddalena.

Non di minore importanza questo elemento naturale è stato ai tempi dei Duchi della Rovere, che commissionarono la creazione delle tre fontane ducali, ancora esistenti: la fontana del Nettuno, chiamata dai senigalliesi “‘l monc’ in Piazza” (il monco in piazza) per la mancanza degli arti superiori, situata di fronte al Palazzo comunale, in Piazza Roma; la fontana delle Anatre (o dei Leoni) edificata per volere di Francesco Maria II della Rovere per ricordare il risanamento della zona paludosa delle Saline e la fontana delle Oche, costruita dove una volta sorgeva Porta Braschi, una delle sette porte di accesso alla città. Di queste ultime ne restano solo due: Porta Lambertina o Porta Fano e Porta Mazzini o Porta Maddalena. Le tre fontane erano alimentate dall’Acquedotto di San Gaudenzio o del Duca, realizzato alla fine del 1500 e che probabilmente ricalcava il percorso dell’ancora più antico acquedotto romano che originava dalla stessa sorgente.

Un’altra testimonianza dello stretto connubio della città con l’acqua, fonte di vita e di prosperità, è il porto peschereccio, con il mercato del pesce a esso adiacente e la lunga tradizione culinaria legata a piatti a base di pesce, come il brodetto alla senigalliese. In via Rossini, sulla sponda del fiume nei pressi di Ponte Garibaldi è possibile ancora ammirare un ulteriore esempio di utilizzo dell’acqua: il lavatoio. Esso era originariamente alimentato dalla sorgente del Coppo, a circa due chilometri da Senigallia, e successivamente dall’acquedotto delle Selve. Fu ideato alla fine del XVIII secolo per risolvere la penuria d’acqua di cui soffriva la città, specie nei periodi della Fiera Franca. La struttura fu più volte ricostruita e sorge nell’attuale posizione dal 1912. Se si lavora un po’ con la fantasia, si possono immaginare le donne chine sulle sponde del fiume a lavare i loro panni o le navi dei mercanti che solcano le acque del Misa per portare a vendere le loro merci in occasione della fiera, lungo i Portici Ercolani. Non di minore rilevanza sono i resti presenti nell’Area Archeologica La Fenice, dove, tra i vari reperti di edifici romani, è presente anche una fontana pubblica con il tubo in piombo che consentiva all’acqua di raggiungere diversi punti della città. Il tutto testimonia l’unione inscindibile tra Senigallia e l’acqua, dai tempi più antichi ad oggi.

Barbara Fioravanti

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