Sul celibato femminile

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In questi giorni si moltiplicano interventi scritti, interviste, dibattiti sul celibato dei preti e sul valore della castità; preti, vescovi, cardinali, persino papi, esprimono il proprio parere in merito ed offrono una lettura particolare della questione. Leggendo ed ascoltando, da donna, mi sorprende il silenzio totale su aspetti fondanti la vita di coppia. Trattare il tema della castità esclusivamente sul piano sessuale è molto riduttivo e tipico della mentalità tradizionale maschile, per cui celibato è rinuncia della vita sessuale. Non entro nel merito della questione dibattuta nella Chiesa, non ho alcun titolo in merito, ma provo solo ad allargare lo sguardo e a ragionare al femminile.

Scegliere la vita di coppia è fare spazio all’altro, è specchiarsi nella donna o nell’uomo con cui dividi tutto te stesso e considerare la diversità come una ricchezza, come una irrinunciabile complementarietà. Accogliersi e donarsi a vicenda coinvolgono la persona in ogni sua dimensione, dalla mentale alla corporale, da quella materiale a quella spirituale, da quella psicologica a quella sessuale. La sessualità fisica ha valore nella misura in cui si inserisce in un contesto più ampio, più profondo; è un aspetto importante e irrinunciabile se vissuto nell’ottica del dono e del bene dell’altro.

Scegliere di essere coppia è allargarsi alla vita, è generare la vita, è condividere la relazione del dono con l’accoglienza del figlio, non solo quello generato nella carne. La dimensione della genitorialità quindi completa la coppia e la allarga sul mondo, sul futuro, gli dà una prospettiva unica e imparagonabile. E’ nell’abbraccio tra le diverse generazioni che la vita rivela il suo volto benedetto e il mistero dell’incarnazione si fa carne, volto, voce, sguardo.

L’incontro tra il  femminile e il maschile può trasformarsi in un terreno fecondo di umanità, uno spazio nel quale la maturazione della persona può avvenire in modo completo e naturale. L’incontro di due famiglie diverse e sconosciute tra loro può diventare una preziosa occasione di scambio, di solidarietà, di legame, dove vivere la gratuità dello scambio e del servizio.  L’incontro della fragilità altrui, fisica e psichica,può rivelarsi una palestra di compassione e di misericordia che in modo del tutto speciale manifesta il volto di Dio crocifisso e risorto.

Il celibato è la rinuncia di tutto questo, che va ben oltre la privazione dell’atto sessuale. Senza nulla togliere a chi per scelta vive la castità e nella creatività umana compie scelte alternative di donazione e di relazione, il matrimonio è la naturale dimensione di vita nell’amore. E’ su questi aspetti e su molti altri che la questione del celibato sacerdotale dovrebbe essere posta, per evitare banalizzazioni e argomentazioni-scorciatoie che non rispettano la profondità della natura umana.

Finché si partirà dal negativo, cioè dalla diminuzione del numero dei preti, dalla mole di impegni che ogni sacerdote deve portare avanti, dalla secolarizzazione del nostro tempo, si ragionerà inmodo superficiale e si troveranno false soluzioni, quali la fine della promessa del celibato come possibile fioritura di vocazioni sacerdotali. Ma se si cogliesse la preziosità del nostro tempo e la novità dello Spirito che soffia nella Storia e nella Chiesa?

Federica Spinozzi

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