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Tag: adolescenti

Non esistono ragazzi cattivi: a Senigallia la comunità si interroga sul disagio giovanile

L’incontro dal titolo “Non esistono ragazzi cattivi“, tenutosi martedì 7 ottobre presso l’oratorio della chiesa della Cesanella a Senigallia, ha acceso un faro sul complesso e urgente tema del disagio adolescenziale. Organizzato dall’Unità Pastorale Buonsamaritano (che unisce le parrocchie di Cesanella, Cesano, Pace e Scapezzano), l’evento ha richiamato un pubblico numeroso e variegato, desideroso di confrontarsi sulle sfide educative che coinvolgono famiglie, scuole e l’intera comunità. L’appuntamento ha messo a confronto tre voci autorevoli: Simone Ceresoni, dirigente scolastico dell’istituto superiore Corinaldesi-Padovano; don Andrea Rocchetti, parroco di Marina e Montemarciano; e Catia Sorcinelli, criminologa e operatrice sociale. L’obiettivo: trovare un dialogo comune per comprendere, ascoltare e accompagnare gli adolescenti nei loro momenti di fragilità, prevenendo derive come vandalismo, dipendenze, e bullismo. In questa prima puntata di Venti minuti da Leone” ci siamo concentrati sull’intervento di Ceresoni, andato in onda venerdì 10 e sabato 11 ottobre alle ore 13:10 e alle ore 20, con un’ulteriore replica domenica 12 alle 17:15 circa. L’audio è disponibile anche qui grazie al lettore multimediale.

La cattiveria è un segnale di sofferenza

Al centro del dibattito, il dirigente scolastico Simone Ceresoni ha offerto una riflessione profonda, partendo proprio dal titolo provocatorio dell’incontro. Gestendo quotidianamente circa 1600 studenti, Ceresoni ha ammesso che l’idea di “ragazzi cattivi” oscilla tra la ferma convinzione che non esistano e l’enorme difficoltà che certe manifestazioni di disagio creano. Ha condiviso aneddoti personali e professionali che demoliscono l’immagine stereotipata del “mostro”. La cattiveria si manifesta come stato di sofferenza e allora così va interpretata.

Regole e relazioni: il binario dell’educazione

Per affrontare questa sofferenza, Ceresoni ha indicato un doppio binario educativo: regole chiare e relazione autentica. Da una parte, la necessità di definire confini chiari e riportare la sfida sulla strada della responsabilità. Citando un episodio scolastico in cui il rigoroso rispetto di una regola, seppur impattante, ha portato alla cessazione di atti spiacevoli, ha evidenziato come le regole siano “utili a contenere” e a definire il lecito e l’illecito. Ma le regole da sole non bastano: «Serve anche la relazione, perché educa». L’adulto ha un potere enorme nel tirar fuori «dinamiche di ragazzi in gamba o dinamiche di ragazzi cattivi». Il segreto sta nel porsi in un rapporto di rispetto e cura, evitando il giudizio o l’atteggiamento ‘tu non sai chi sono io’. L’accoglienza fa venire meno le manifestazioni del disagio che spesso si traducono in azioni ‘cattive’.

La rivendicazione di spazi nella città

Il dirigente ha poi allargato la riflessione al contesto urbano, partendo da un recente fatto di cronaca a Senigallia: giovani seduti in mezzo alla strada, in pieno centro storico. Per Ceresoni, quell’atto è stato «un messaggio molto potente a una comunità di 45.000 abitanti che attende ancora una risposta». Una risposta che non può essere solo la videosorveglianza o l’indifferenza. Il gesto, ha spiegato, rivendica la mancanza di spazi di aggregazione dove il protagonismo giovanile sia al centro. Se la città offre prevalentemente “l’aperitivo del sabato sera” (che richiede risorse economiche) o l’aggregazione sportiva (che può diventare competizione ed esclusione), mancano i luoghi aperti e gratuiti che un tempo erano i centri di aggregazione giovanile.

In un prossimo articolo, svilupperemo il dibattito sull’argomento partendo dagli interventi di don Andrea Rocchetti e della criminologa ed operatrice sociale Catia Sorcinelli.

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Affollato l'incontro del 7 ottobre 2025 all'oratorio parrocchiale alla Cesanella di Senigallia, dal titolo "Non esistono ragazzi cattivi"
Affollato e partecipato l’incontro del 7 ottobre 2025 all’oratorio parrocchiale alla Cesanella di Senigallia, dal titolo “Non esistono ragazzi cattivi”

‘Non esistono ragazzi cattivi’. L’affollato incontro a Cesanella per confrontarsi e muovere azioni

La paura di non sapere fare i conti con le nuove generazioni, adolescenti in primis. Spaventano spesso i ragazzi e le ragazze di oggi. Ci accorgiamo anche qui, in una piccola città, del loro disagio diffuso e questo crea spesso insofferenza, timori, fastidio. Luoghi insospettabili del centro storico come della periferia eletti a ritrovo pomeridiano e molto spesso notturno, anche fino a tarda notte, possono trasformarsi in campi di battaglia in cui sperimentare l’ “ebbrezza” del vandalismo, casse di risonanza per ruvidi, pesanti linguaggi, terreni recintati da cui gli adulti stanno volentieri alla larga.

Sarà anche per questo che il salone dell’oratorio della parrocchia di Cesanella ha fatto il pieno martedì 7 ottobre scorso, in un incontro dall’accattivante titolo ‘Non esistono ragazzi cattivi’ preso in prestito dal libro dello storico cappellano del carcere minorile ‘Beccaria’ di Milano, don Burgio. Si esce di casa, in un dopocena infrasettimanale, per guardarsi in faccia, sentirsi parte e dialogare su un fenomeno che chiede attenzione e solleva più di una preoccupazione. Un titolo che è tutto un programma, rieccheggiato nelle testimonianze di tre voci complementari, del loro starci per davvero in mezzo ai giovani: quella del dirigente scolastico dell’Istituto ‘Corinaldesi – Padovano’ di Senigallia Simone Ceresoni, del parroco di Marina di Montemarciano don Andrea Rocchetti e dell’operatrice sociale, criminologa Catia Sorcinelli. Tre approcci e altrettante attenzioni e responsabilità per arrivare, a cerchi concentrici, a scelte ed azioni che riguardano tutti, proprio a tutti, ognuno per quanto può, deve e sa fare. Ed ecco che inevitabilmente il focus si sposta dall’analisi dell’adolescenza di oggi agli adulti, ai ‘grandi’, sollevando più di una domanda sulla loro capacità di essere tali, di vedere i volti, andare al di là della denuncia securitaria.

A Senigallia l'incontro dal titolo "Non esistono ragazzi cattivi". Da sinistra il parroco della Cesanella don Andrea Franceschini, la criminologa e educatrice sociale Catia Sorcinelli, il dirigente scolastico Simone Ceresoni, il parroco di Marina e Montemarciano don Andrea Rocchetti e il viceparroco della Cesanella don Matteo Guazzarotti
Da sinistra il parroco della Cesanella don Andrea Franceschini, la criminologa e educatrice sociale Catia Sorcinelli, il dirigente scolastico Simone Ceresoni, il parroco di Marina e Montemarciano don Andrea Rocchetti e il viceparroco della Cesanella don Matteo Guazzarotti

Chi sono gli adulti, oggi? Sono quelli del ‘prima o poi passa’, quasi che l’adolescenza sia una malattia; quelli alla perenne ricerca del peccato originale, quelli che essendo rimasti adolescenti loro per primi sarebbero poco credibili e tantomeno attrezzati per fare la differenza e codificare emozioni e richieste spesso inespresse?

Nessuna facile risposta, ma qualcosa s’ha da fare! Ed un salone affollato lo dice a voce alta. Anche a quella chiesa che vede le proposte di sempre attecchire faticosamente, spesso tentata di chiudersi in sacrestia e alzare bandiera bianca, tutto troppo complicato, troppo pochi e sovente con i capelli bianchi. Viene immediato pensare, anche di questi tempi, a Filippo Neri, Giovanni Bosco, Pino Puglisi, a donne e uomini che, non senza fatica, hanno scelto di scommettere sulla parte migliore dei più piccoli, dei più bisognosi di sgurdi intensi. Rischiando e vivendo anche buchi nell’acqua, nella testarda convinzione che si può vivere meglio, i desideri più profondi e veri dei ragazzi e delle ragazze sono quelli di sempre, nonostante linguaggi e dinamiche diverse. E’ possibile anche oggi, in questo tempo sfilacciato e disorientante, investire in umanità.

Voci in una sera d’autunno che chiedono alle istituzioni, un po’ troppo a corto di creatività e fantasia, spazi e progettualità, tavoli e risorse nella necessaria alleanza di comunità educanti vive e vegete.
Funziona se ognuno fa la propria parte, sapendo che “l’educazione è cosa di cuore: tutto il lavoro parte da qui, e se il cuore non c’è, il lavoro è difficile e l’esito è incerto. Che i giovani non solo siano amati, ma che essi stessi conoscano di essere amati”. E se l’ha detto don Bosco…

Laura Mandolini

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Parliamo di adolescenti: un preside, un prete, una criminologa in un incontro a Cesanella

“Non esistono ragazzi cattivi” è il titolo della tavola rotonda in programma martedì 7 ottobre 2025, alle ore 21.15, presso l’Oratorio della Cesanella, un appuntamento dedicato al complesso e affascinante mondo degli adolescenti, ai loro bisogni e alle sfide educative che famiglie, scuola e comunità si trovano ad affrontare.

All’incontro interverranno Simone Ceresoni, dirigente scolastico dell’IIS Corinaldesi-Padovano, don Andrea Rocchetti, parroco di Marina e Montemarciano e Catia Sorcinelli, criminologa e operatrice sociale. Tre prospettive diverse — quella educativa, pastorale e sociale — per un dialogo comune sulla necessità di comprendere i giovani, ascoltarli e accompagnarli nei momenti di fragilità. La serata, aperta alla cittadinanza, vuole essere un’occasione di confronto e crescita condivisa: perché educare significa innanzitutto costruire adulti capaci di ascoltare, prendersi cura e leggere i segnali di disagio che spesso si nascondono dietro i comportamenti più difficili. L’iniziativa è promossa dall’Unità pastorale Buon Samaritano.

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Genitori preoccupati per il futuro dei figli: internet, droga, violenza e salute mentale

Otto genitori su dieci sono preoccupati che i propri figli possano divenire dipendenti da internet, smartphone e tablet. Sette su dieci si allarmano per le baby gang e la violenza giovanile anche sotto forma di cyberbullismo, mentre sei su dieci sottolineano consumi o abusi di alcol e droga e persino l’impoverimento del linguaggio negli adolescenti. Sono alcuni dei dati emersi dall’indagine promossa da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile e condotta dall’Istituto Demopolis. Dati presentati in occasione della giornata nazionale dell’ascolto dei minori istituita lo scorso anno e che si è celebrata per la prima volta ieri, 9 aprile.

GENITORI IN ASCOLTO – CLICCA PER L’INTERVISTA AUDIO

Focus dell’indagine sono le preoccupazioni dei genitori di figli tra 14 e 17 anni. Oltre ai temi già evidenziati, con percentuali in aumento negli ultimi anni, le famiglie temono anche per lo scarso apprendimento scolastico, la salute mentale, difficoltà relazionali soprattutto con i coetanei e l’isolazionismo degli adolescenti. 

E’ un quadro tutt’altro che sereno quello che le famiglie vedono dipinto per il futuro dei ragazzi e delle ragazze, a cui si aggiungono i più classici, se così vogliamo definirli, rischi come l’incidentalità stradale, le malattie gravi. Oggi, appena il 13% degli italiani dichiara di non aver mai sentito parlare di povertà educativa minorile. Il dato nel 2019 era di 20 punti più alto. Secondo la ricerca Demopolis-Con i Bambini, il 63% individua la povertà educativa come “limitato accesso ad opportunità di crescita”. Il 57% la assimila a bassi livelli di apprendimento scolastico, mentre il 56% cita il disagio sociale intorno al minore.

In generale, c’è poca fiducia nel futuro e nelle soluzioni finora prospettate. Le famiglie sentono che il Paese, il sistema Italia non riesce a dimostrarsi a misura di bambini/e e ragazzi/e: in assenza di adeguate politiche di perequazione sociale e di supporto allo sviluppo dei minori, si dilatano le distanze anche tra i più piccoli.

I dati dell’indagine «fotografano un’Italia preoccupata sul futuro degli adolescenti e dai rischi e dal disagio che riguardano ragazzi e ragazze – dichiara Marco Rossi-Doria presidente di Con i Bambini –, ma al contempo consapevole del fenomeno della povertà educativa e dell’importanza di intervenire in un’ottica di comunità educante. Per affrontare queste grandi sfide e ridare centralità ai giovani è necessario e indispensabile prestare loro ascolto, imparare ad ascoltare, dare fiducia e favorire il loro protagonismo».

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Genitori in ascolto? Quali modelli attuare per superare i conflitti con i figli? AUDIO

E’ sempre più importante l’ascolto dell’altro, in particolare all’interno di una relazione familiare. I genitori oggi sono sottoposti a molteplici sollecitazioni e spesso si sentono disarmati e soli nel loro ruolo educativo, in un contesto sociale in rapida evoluzione di cui a volte sfuggono le dinamiche e la comprensione degli strumenti adeguati per leggerlo. Rimangono quindi con meno supporti rispetto al passato. Parte da questa considerazione la nostra intervista alla psicologa e psicoterapeuta Giuliana Capannelli, vicepresidente dell’associazione Heta di Ancona, recentemente ospite e relatrice a Barbara per un incontro dal titolo “Genitori in ascolto”. L’intervista, in onda lunedì 7 e martedì 8 aprile alle ore 13:10 e alle ore 20, sarà in replica anche domenica 13 alle ore 16:50, sempre su Radio Duomo Senigallia (95.2 FM) ma è disponibile in accompagnamento a questo testo grazie al lettore multimediale. Buon ascolto.

La dott.ssa Capannelli sottolinea come le tematiche spesso al centro dei conflitti nelle relazioni tra genitori e figli siano di fatto sempre quelle esistenziali, quelle di fondo del sentire umano: tematiche fondamentali come il senso della vita, la morte e la sessualità. Si manifestano in forme specifiche per ogni periodo storico. Nell’epoca attuale, spesso emergono tramite i disturbi alimentari quindi riflessi corporei di un disagio interiore o, in casi estremi, la violenza. Spesso i genitori faticano a comprendere i linguaggi e le modalità espressive dei giovani, che possono manifestare il loro disagio o la loro necessità di crescita attraverso comportamenti come l’autolesionismo o la chiusura verso l’esterno con un isolazionismo a volte estremo. 

Il conflitto non deve essere visto solo come negativo: è infatti anche un’opportunità di crescita. E’ soprattutto un momento di cambiamento per entrambe le parti coinvolte, se affrontato con la volontà di ascoltarsi reciprocamente e di imparare l’uno dall’altro. Nell’incontro si è discusso del ruolo genitoriale, se sia negli anni venuto meno e se sia necessario “riappropriarsene”. Capannelli, citando la psicoanalisi, parla di una possibile “evaporazione del nome del padre” e di una messa in discussione della funzione genitoriale e dell’autorevolezza in generale, compresa quella delle altre agenzie, non solo educative. Tuttavia, non crede né che la soluzione sia un ritorno al passato, come per esempio l’adozione di modelli autoritari, né il tentativo di diventare amici dei figli come emerso invece negli ultimi anni.

La vera sfida dell’epoca attuale è trovare una terza via, basata sull’apertura e sulla disponibilità a lasciarsi permeare reciprocamente, affinché il conflitto possa generare qualcosa di positivo. In questo consiste il percorso del coltivare legami, relazioni cioè che possono essere di riferimento per gli adolescenti ma non solo loro dato che l’insorgere di certe problematiche anche in fasce d’età prima considerate al riparo da tali fenomeni spinge a riflettere su ogni momento della crescita dei propri figli.

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Prendersi cura degli adolescenti: quando il ruolo dei genitori viene a mancare – L’INTERVISTA

Prendersi cura degli adolescenti, dei minori, dei vulnerabili non è certo compito semplice oggi. Né per i genitori che a volte non hanno gli strumenti, le conoscenze, o persino tempo (sembra un paradosso ma è così), né per le altre agenzie educative. La cronaca ci racconta di giovani e giovanissimi alle prese con numerose difficoltà, anche espressive e relazionali, che spesso vengono mascherate dietro la violenza o dietro l’isolamento sociale. Comportamenti che dovrebbero far suonare qualche campanello di allarme. Questi temi sono stati al centro di un incontro che si è svolto lo scorso 17 gennaio al teatro Portone di Senigallia. “Educare è anche ferirsi. Prendersi cura degli adolescenti”: questo il titolo dell’iniziativa promossa dal servizio diocesano per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili a cui hanno partecipato come relatrici Luisa Roncari, psicologa, psicoterapeuta, e Stefania Crema, avvocata specialista in criminologia. Noi abbiamo realizzato l’intervista alla d.ssa Crema: l’audio è disponibile in questo articolo assieme a un estratto testuale con i passaggi salienti.

Gli adolescenti sono fragili o no? E gli adulti hanno gli strumenti adatti per accompagnarli?
Noi siamo partiti dal tema della fragilità dell’adolescenza in questo particolare momento storico. C’è un continuum tra reale e virtuale, soprattutto alla luce dei social media e delle applicazioni social. Il mondo degli adulti deve modificare il proprio ruolo genitoriale rispetto appunto a questo mutamento nel posizionamento dei nostri adolescenti.

I vecchi stilemi educativi sono ancora applicabili o no?
I nostri genitori avevano tracciato un percorso all’interno di un campo e poi noi a nostra volta o comunque nelle generazioni abbiamo modificato, migliorato questo tracciato che però era ben chiaro. Adesso con i nostri ragazzi non è più possibile seguire questo tracciato per cui le fondamenta dell’educazione e della pedagogia rimangono gli stessi ma quello che noi ci troviamo ad affrontare è non solo la realtà visibile ma è anche tutto il percorso che i nostri ragazzi fanno all’interno delle applicazioni, dei social, della messaggistica istantanea che modifica determinate modalità di relazione dei nostri ragazzi e quindi dovremmo trovare dei modi nuovi applicando però dei concetti e delle metodologie educative che sono quelli che ci sono sempre stati. All’inizio noi abbiamo un po’ faticato ad essere presenti, a dare delle regole e a stare accanto ai nostri ragazzi spiegando che il buono, il cattivo, il giusto e lo sbagliato così come c’è nel mondo reale c’è anche nel mondo virtuale. Queste nuove comunicazioni impoveriscono il dato emotivo perché sono dirette, veloci e che non permettono di riflettere su quale può essere la risposta dell’altro rispetto alla nostra comunicazione. Anche il gergo dei ragazzi è cambiato tantissimo rispetto alla comunicazione verbale. I ragazzi si sentono impoveriti e si sentono in assenza di un traghettatore da quella che è l’età dei ragazzi più piccoli a quelli più grandi. 

Quindi il primo passo è quello di rimettersi al pari…
Vale soprattutto per i genitori ma anche per scuole, educatori, in generale, nel senso che non bisogna pensare che il mondo virtuale non abbia ricaduto su quello reale e viceversa per loro è un continuo e un unicum, si chiama appunto “realtà aumentata” e quindi l’entrare, lo stare accanto, il vedere, l’interrogarsi, lo spiegare perché noi siamo abituati ad allenare i ragazzi a un’autosufficienza nel mondo reale, non siamo abituati ad allenarli alla stessa autosufficienza nel mondo virtuale. Un po’ perché forse siamo anche noi spaventati perché gli adulti, essendo un’altra generazione quindi non dei nativi digitali, vedono a volte con un po’ di insofferenza, con un po’ di timore e anche con un po’ di frustrazione le nuove tecnologie.

Nel momento in cui però ci sono ricadute più gravi dal punto di vista appunto dell’aspetto relazionale, come possono essere espressioni di violenza, lì purtroppo siamo già in ritardo…
Le segnalazioni alla procura presso il tribunale per i minorenni sui comportamenti devianti dei ragazzini sono aumentate sicuramente ma sono aumentate anche le possibilità di lavorare su percorsi di “restorative justice” e riparativi che quindi hanno tutto un significato a livello sociale ma anche a livello proprio da un punto di vista psicologico ed emotivo di lavorare su se stessi e riuscire a generare da un’esperienza negativa qualcosa di positivo. Certo che il mondo degli adulti li deve accompagnare.

Chi può aiutarli a riflettere nell’epoca in cui si fa tutto velocemente e non c’è tempo per pensare?
Un tema fondamentale è quello del supporto psicologico e delle valutazioni neuropsichiatriche infantili quindi prima si parte più la possibilità di recuperare una vita piena è garantita per i nostri ragazzi. Molto carente è il ruolo genitoriale: la legge italiana è molto chiara nel senso che i genitori sono responsabili per i minori; fino al 14° anno di età sono interdetti tra virgolette i minori da qualsiasi piattaforma ma sappiamo che la realtà è ben diversa e qui nasce il primo gap: l’adulto si prende una responsabilità tale per cui decide che il proprio figlio è in grado di gestire da solo delle piattaforme social e adesso mi perdoni su questo sono un po’ critica. Il genitore deve stare attento e deve vigilare fino ai 14° anni. Poi dai 14° anni i ragazzi possono avere piattaforme social ma il ruolo dell’adulto rimane, di accompagnamento, di monitoraggio di quelle che sono le esposizioni dei ragazzi. Deve essere fatto come nel mondo reale per cui tutto un lavoro sulla fiducia e sulla responsabilizzazione.

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Educare è anche ferirsi. Prendersi cura degli adolescenti, un incontro al teatro ‘Portone’

SENIGALLIA – Il Servizio diocesano per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili promuove per venerdì 17 gennaio p.v., ore 21.00, al teatro ‘Portone’ di Senigallia – Piazzale della Vittoria un incontro sul tema “Educare è anche ferirsi. Prendersi cura degli adolescenti”, con gli interventi di Luisa Roncari, psicologa psicoterapeuta e Stefania Crema, avvocata, specialista in criminologia.

L’iniziativa nasce dal desiderio, per quanto possibile, di accompagnare gli adulti nel loro compito educativo. Oggi il tema della tutela degli adolescenti e del sostegno alle loro famiglie è di grande attualità. Se fare i conti con questa età della vita non è mai stato facile, cronache e vita cittadina ci fanno aprire gli occhi su un forte e crescente disagio dei giovanissimi, spesso accompagnato da violenza, isolamento, incapacità di gestire al meglio le proprie emozioni. Si tratta anzitutto di conoscere, capire ed ascoltare chi professionalmente incrocia anche queste fatiche per creare rete, prevenire e coinvolgere ogni realtà educativa in un percorso di sostegno efficace.
L’appuntamento è aperto alla cittadinanza, in modo particolare a genitori, insegnanti, chi ha una responsabilità educativa nella società civile e nella comunità cristiana.

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Cercasi futuro

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Facciamoci qualche domanda. Dove una società investe per guardare al futuro? E quali sono le prospettive oggi, in Italia, in un Paese che sta affrontando – come tanti altri, del resto – la difficile uscita dall’emergenza pandemica complicata da un contesto economico e globale di grande incertezza? Alla prima domanda viene da rispondere, sia pure con qualche rischio di retorica, “sui giovani”. Sono loro, infatti, il futuro, i cittadini di domani anche se già oggi hanno un ruolo importante e possono dire la loro. Ma con ben poca rilevanza.

Dire che si punta sui giovani vuol dire anche – necessariamente – investire sulla scuola e l’educazione, che sono non solo “luoghi”, ma orizzonti, prospettive, proiezioni di futuro. Sono, in buona sostanza, le fondamenta per l’edificio di domani. Lo si dice, in verità, da sempre e in tutti i modi, salvo poi restare spesso al palo per via di pochi investimenti, difficoltà oggettive legate alla conformazione sociale (e geografica) del nostro Paese, alla burocrazia monstre che non di rado assorbe, vanificando, sforzi e iniziative.

Ma loro, i protagonisti? I giovani? Gli adolescenti? Che dicono? E qui ecco qualche…

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Migliaia di adolescenti italiani incontreranno Papa Francesco il 18 aprile. 160 dalla nostra diocesi.

La locandina ufficiale dell’incontro

Il Papa incontrerà incontrerà gli adolescenti della nostra diocesi lunedì 18 aprile 2022. Abbiamo interpellato don Paolo Vagni, responsabile diocesano della Pastorale giovanile.

Papa Francesco il 18 aprile 2022 incontrerà tanti adolescenti italiani: come si prepara la nostra diocesi a questo appuntamento?
Sono tanti gli adolescenti della nostra diocesi che prenderanno parte a questo appuntamento: ben 160! Partiremo alle 5,30 da Senigallia. Ci siamo organizzati come Marche e ci vediamo prima, alle 12, a Sant’Andrea della Valle per ascoltare una catechesi di don Fabio Rosini, a cui come Marche abbiamo chiesto di aiutarci. Poi andremo in piazza San Pietro dove alle 17 dove incontreremo il Papa. Le parrocchie da cui provengono sono diverse e tra queste ci sono Corinaldo, Castelleone, Portone, Marzocca, Chiaravalle, Ostra, Serra de Conti, Barbara, Trecastelli….

Cosa muove e cosa chiede questa convocazione?
Questa fascia d’età vive un periodo molto difficile, già l’adolescenza è complessa, è ancora più complessa nell’epoca contemporanea e tanto di più nei quasi due anni di covid. Forse dare spazio e attenzione a questa fascia d’eta è importante. Nonostante questo, quando ho appreso la notizia, è nata in me una grossa dose di scetticismo. Non vorrei scandalizzare nessuno ma vedo in questo evento il rischio di guardare indietro, cercando soluzioni per il futuro nelle soluzioni trovate nei decenni passati. Abbiamo sperimentato in tanti la bellezza di certi eventi ma il rischio è illudersi di aver fatto qualcosa di importante solo per aver radunato un numero considerevole di adolescenti. No, un evento come questo è la ciliegina sulla torta sopra qualcosa che già esiste. Un evento che rimane spot rischia di illudere il cuore di un giovane che inizia a sperare di aver scovato bellezza m apoi non la trova tornando a casa, nella propria comunità. Allora se c’è un evento di questo tipo, è necessario un prima e un dopo, un tessuto su cui si innesta. Poi c’è da dire comunque, che il Signore fa ciò che vuole ed è capace di far crescere fede da un evento spot senza un seguito. Alla fine per fortuna, oltre le teorie, per forza gli lasciamo fare come vuole.

a cura di L.M.

Il papa incontrerà gli adolescenti italiani

Selfie papale

Accogliendo la richiesta del card. Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, Papa Francesco incontrerà a Roma, il 18 aprile 2022, Lunedì dell’Angelo, gli adolescenti italiani. A dare la notizia, attraverso i propri social media, è il Servizio nazionale per la pastorale giovanile (Snpg) che parla di “super notizia”. Al momento non si hanno ulteriori informazioni ma il Snpg condivide con i giovani “questa incredibile notizia che ci riempie di gioia”. Nel suo saluto a Papa Francesco, prima dell’incontro a porte chiuse con i vescovi italiani riuniti a Roma in plenaria, il card. Bassetti aveva ringraziato il Pontefice per il cammino sinodale avviato, definito dal presidente della Cei “un tempo di grazia per le nostre Chiese”, per la sua presenza all’incontro a Firenze il 27 febbraio 2022, e “pandemia permettendo”, per il suo incontro con gli adolescenti subito dopo Pasqua. Oggi da Papa Francesco la conferma dell’incontro di Pasquetta 2022.

Gli effetti psicologici della pandemia sui giovani

Ansia, disturbi depressivi e dell’alimentazione fin da piccoli. Il Covid-19 non lascia indenne nessuna fascia d’età e presenta il conto sul piano della salute mentale. Anche gli adolescenti, occupati nello “struscio” nelle vie del centro e marchiati come indifferenti alla pandemia, rischiano. E grosso. Secondo Adelia Lucattini, psichiatra e psicoanalista della Società psicoanalitica italiana (Spi) e della International psychoanalytical association (Ipa), anche l’alternanza della didattica fra modalità in presenza e a distanza destabilizza e accelera la manifestazione di diverse problematiche causa di ansia. Dietro l’angolo c’è il pericolo della depressione, anche quando le restrizioni finiranno, e l’aumento del consumo di alcolici.

Ci sono differenze fra il primo e il secondo lockdown per quanto riguarda gli effetti riscontrati sui bambini?
I bambini hanno vissuto il primo lockdown come una vacanza. Non erano colpiti dal virus e non chiedevano nemmeno tanto di uscire perché stavano con i genitori. Durante la ripresa della scuola e il secondo lockdown, hanno subito conseguenze, specie i bambini al cambio di ciclo. Le insegnanti riportano che sono più agitati, angosciati e c’è un’insolita aggressività fra loro. Avvertono angoscia a casa e cominciano ad avvertire la paura di perdere i familiari. I genitori riferiscono disordini alimentari già nei più piccoli. Questo è un sintomo di ansia ma anche del cambiamento di abitudini. Inoltre si muovono poco. Tutte le ritualità e le occasioni di socialità sono fondamentali per loro.

E sugli adolescenti, che differenze si riscontrano fra i due periodi?
I ragazzi hanno aiutato gli insegnanti alle prese con le piattaforme digitali ma hanno vissuto come uno shock la comparsa del virus. Alla fine del primo lockdown si è registrata fra loro una grande agitazione e dopo preoccupazione nell’uscire. È durato poco, in estate si sono ripresi. Durante l’anno, hanno percepito il disordine nella organizzazione perché la scuola per adattarsi alle quarantene ha dovuto alternare la didattica in presenza a quella a distanza e così non hanno avuto la possibilità di organizzarsi o hanno subito repentini cambiamenti che hanno determinato instabilità emotiva. Ora tendono ad essere ansiosi, agitati o depressi. Non possono fare sport, andare a ballare, organizzare feste e gran parte delle occasioni di incontro è solo virtuale.

Diversi istituti, fra cui il Mondino di Pavia e il Bambino Gesù di Roma, rilevano un aumento di episodi di autolesionismo fra i ragazzi.
Al momento non è possibile dire se a livello nazionale gli episodi siano aumentati. Recentemente è uscito uno studio condotto durante la pandemia nel Regno Unito che rileva come lì gli atti di autolesionismo registrati dal servizio sanitario nazionale britannico siano calati del 40%. D’altro canto, però, le fondazioni e le associazioni, sempre nel Regno Unito, hanno rilevato un lieve aumento di casi. La spiegazione ipotizzata è che i giovani avessero paura di contagiarsi rivolgendosi alla sanità pubblica. Ma le analisi sono rimandate a fine pandemia. In Italia non abbiamo una messa in rete dei dati nazionali, sono stati però pubblicati due studi che si sono occupati della depressione nel nostro Paese. Il primo, condotto Università della Campania “Luigi Vanvitelli” e dall’Istituto superiore di sanità (Iss) su più di 20mila persone, rileva un aumento dei livelli di ansia, depressione e sintomi da stress. L’altro, condotto dal Registro nazionale dei gemelli e dall’Iss durante la pandemia, ha rilevato su 2.700 gemelli adulti (età media 45 anni) e 848 famiglie con gemelli (età media 9 anni) disturbi depressivi nell’11% e sintomi da stress nel 14%. Quest’ultimo dato coincide con la media europea di disturbi depressivi indicata da uno studio dell’Oms del 2019. Dovranno uscire nuovi studi prossimamente ma è atteso un notevole aumento dei casi. La Società italiana di neuropsicofarmacologia prevede che, al termine della pandemia, ci saranno un 28% di disturbi post traumatici da stress e un 20% di disturbi ossessivo-ansiosi; inoltre, che il 10% delle persone che hanno avuto il Covid svilupperà una depressione importante. Partendo, quindi, da un 14% di casi di depressione, oggi, le previsioni sono di un raddoppio dei casi.

Anche i suicidi sono aumentati fra i giovani?
C’è stato un aumento dei suicidi ma è difficile ancora dire se ciò dipende dagli effetti della pandemia o da una difficoltà di rivolgersi agli specialisti e quindi ad accedere alle cure. Anche in questo caso bisogna aspettare ulteriori studi.

Come è possibile intervenire per affrontare questa situazione?
Durante il primo periodo della prima chiusura la Spi ed altre società di psicoanalisi si sono attivate per fare ascolto telefonico. Il servizio, coordinato dal ministero della Salute, è stato molto utile per tamponare le situazioni di disagio e potrebbe essere utile proseguirlo. Di positivo c’è da sottolineare anche che sono caduti molti tabù sulla malattia mentale. Nei momenti di crisi si scoprono anche delle cose buone. L’aver superato lo stigma sociale verso il disturbo mentale è una cosa positiva. Gli adolescenti hanno meno paura di chiedere aiuto anche perché fra di loro si confrontano e parlano della possibilità di rivolgersi allo psicoanalista. Oggi è strano per loro che chi sta male non chieda aiuto.

Tra i ragazzi c’è ansia di ammalarsi della variante inglese?
La paura ha cominciato a manifestarsi in maniera importante dopo il primo lockdown. C’era chi aveva paura di uscire di casa e chi invece negava esistesse il Covid. Adesso hanno molta pura di ammalarsi, hanno disturbi del sonno, fanno tamponi frequentemente, più di quanto non si dica, perché sono economicamente più accessibili. Sono preoccupati anche per se stessi non solo per i familiari.

Le risse fra giovani sono un effetto della pandemia?
No. Sono un fenomeno di devianza sociale in cui sono coinvolti degli adolescenti. La pandemia però ha cambiato il luogo in cui si danno appuntamento. Ora i giovani che partecipano alle risse escono dai loro quartieri per scontrarsi in centro dove possono essere notati. Vogliono così emergere, attirare l’attenzione mediatica oggi catturata dalla pandemia.

Anche i docenti stanno vivendo un periodo di disagio?
Certamente. Devono continuamente cambiare modalità didattica, sono stati sottoposti a un sovraccarico in termini di ore di lezione e incontri organizzativi. Hanno subito l’incertezza e hanno dovuto cambiare l’organizzazione familiare. Sono sottoposti a uno stress enorme e vivono nella paura costante di ammalarsi. Stanno vivendo un momento complicato ricevendo poca comprensione e riconoscimento. Spesso sono criticati se non sanno usare bene il computer ma va detto che non era mai stato richiesto loro. Stanno facendo un grande sforzo anche verso gli alunni che non possono seguire a distanza per formarli nonostante le difficoltà del momento. In generale nutro una grande stima della maggior parte dei docenti, i continui cambiamenti disorientano tutti, anche gli adulti.

Prevede un aumento delle dipendenze per colpa della pandemia?
L’unico dato finora certo è l’aumento dell’acquisto di alcolici. Secondo l’Osservatorio permanente su giovani e alcol c’è stato un aumento del 200%. Fin da adesso sono necessarie campagne di prevenzione, aprire centri di ascolto gratuiti e offrire la possibilità di elaborare il trauma della pandemia sia a livello individuale che collettivo.

a cura di Elisabetta Gramolini