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Tag: arte sacra

Notte europea dei musei 2024, aperta anche la pinacoteca diocesana di Senigallia – INTERVISTA AUDIO

Pinacoteca diocesana, palazzo vescovile, curia, Diocesi di Senigallia

Sabato 18 maggio è la notte europea dei musei, iniziativa patrocinata dal Consiglio d’Europa e dall’Unesco per promuovere la conoscenza del patrimonio e dell’identità nazionale ed europea. All’evento aderisce anche la diocesi di Senigallia che aprirà dalle ore 21 alle 24 la pinacoteca diocesana in piazza Garibaldi. Così abbiamo deciso di intervistare Lorenza Zampa che da anni svolge il ruolo di operatrice culturale al suo interno dedicandosi proprio alle visite guidate di ogni età. L’intervista è in onda su Radio Duomo Senigallia (95.2 FM) oggi, venerdì 17 maggio, e domani, sabato 18, alle ore 13:10 e alle 20, con replica anche domenica 19 a partire dalle 17 circa. Sarà possibile ascoltarla anche cliccando il tasto play del lettore multimediale, mentre sotto troverete la versione testuale. Buon ascolto!

Chi viene in pinacoteca? Chi è il visitatore abituale?
Ci sono un po’ tutte le fasce di età, ma principalmente lavoriamo con gli adulti e con le scuole. Questo è molto bello perché ci permette di entrare in contatto con un pubblico che solitamente non è quello tipico dei musei di arte sacra. L’anno scorso, con l’omaggio al Perugino, in occasione del cinquecentenario della morte, abbiamo avuto un boom di visitatori, ma in generale il grosso del pubblico è durante i mesi estivi, grazie al turismo. E sono molte quelle che tornano.

Quali opere ci sono da vedere in pinacoteca e quali altre iniziative organizzate?
C’è un’esposizione permanente con opere che vanno dal 1300 a metà ottocento, una ricchezza anche temporale perché si abbracciano 5-600 anni. Si va dalle opere pittoriche, anche di nomi importanti come Barocci, Ramazzani, Perugino o Anastasi, fino a sculture lignee e ai paramenti sacri (calici, ostensori, pissidi ma anche le vesti), busti o reliquiari preziosi. C’è anche una parte di arredamento originale dell’appartamento dei vescovi. Cerchiamo di ravvivare l’offerta con laboratori di restauro o pittura, incontri, concerti di musica sacra con cori, persino cacce al tesoro con le classi di bambini, mostre temporanee e focus su temi specifici. L’obiettivo è quello di fornire sempre nuovi spunti e nuove prospettive per approfondire meglio le opere che magari possono essere anche già state viste. Abbiamo ospitato anche le opere delle chiese terremotate.

Com’è strutturato il percorso?
C’è una prima sala molto ampia che solitamente contiene dipinti di grandi dimensioni e che ha ospitato le pale d’altare delle chiese terremotate del 2016. Poi tra le altre 13 sale, alcune più grandi altre più intime, c’è anche una galleria pompeiana che separava l’ala giorno con quella notte, finemente decorata con l’effetto del trompe l’oeil su pareti e soffitto.

Per la notte dei musei cosa proponete?
A volte mostriamo una sola parte, un percorso tematico, altre volte una selezione delle opere perché è impossibile presentarle tutte. Quest’anno faremo una sorta di ripasso, un percorso generale di riscoperta delle opere contenute in pinacoteca. Saremo aperti dalle 21 a mezzanotte, faremo due turni di visita, alle 21:30 e alle 22:30 e il percorso durerà circa un’oretta. Come sempre sarà gratuito e non c’è obbligo di prenotazione.

Quali progetti futuri?
Per palazzo Mastai aprirà per l’estate una mostra sugli orologi dei papi, un’esposizione curiosa con un prestito anche dal Quirinale. Per la pinacoteca stiamo valutando alcune ipotesi tra cui un percorso su un pittore di Senigallia, Anastasi, che forse si conosce ancora poco e una serie di incontri sul Barocci. Poi ci saranno anche iniziative per il Giubileo del 2025, ma non vogliamo svelare nulla.

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Una Madonna di Carlo Maratta a Senigallia: autenticità o lavoro di bottega?

In foto, l’appassionato d’arte Piero Sbaffi e l'opera in questione, una Madona al seplocro, probabilmente attribuibile al pittore Carlo Maratta
In foto, l’appassionato d’arte Piero Sbaffi e l’opera in questione, una Madonna al sepolcro, probabilmente attribuibile al pittore Carlo Maratta

Recentemente è emersa un’interessante questione nell’ambito dell’arte a Senigallia. Si tratta di un piccolo dipinto su tela raffigurante una Madonna che orienta uno sguardo di toccante dolcezza verso il vuoto sepolcro dove era custodito il corpo del Figlio. L’opera è contenuta, ma non esposta al culto, nel convento dell’Ordine dei Servi di Maria (adiacente alla chiesa di San Martino a Senigallia): è di dimensioni contenute, presenta nel retro una firma non perfettamente leggibile ma probabilmente attribuibile all’illustre pittore Carlo Maratta. E sta destando un acceso dibattito tra gli esperti del settore e gli appassionati d’arte. Ecco perché.

L’opera in questione presenta alcune singolari somiglianze con il dipinto “Visitazione al Sepolcro con la Vergine e tre Marie” della fondazione Sorgente Group di Roma, anche se la versione di Senigallia risulta meno dettagliata e più scarna di particolari. Alcuni esperti sostengono che la qualità artistica del dipinto sia sufficientemente alta da poter essere attribuita direttamente alla mano del Maestro, mentre altri sono più scettici e ipotizzano che possa trattarsi di una copia o di un lavoro eseguito da un altro artista sotto la sua supervisione.

Carlo Maratta, talvolta menzionato anche come Carlo Maratti, è stato uno dei più eminenti artisti del tardo barocco italiano, nato a Camerano il 13 maggio 1625. La sua fama e la sua abilità gli valsero il titolo di principe dell’Accademia di San Luca a Roma, dove visse e lavorò per gran parte della sua vita. Sempre a Roma morì nel 1713. Le sue opere adornano importanti musei in Italia e all’estero e la sua firma su un dipinto suscita sempre grande interesse nel mondo dell’arte.

La Diocesi di Senigallia ha avanzato una richiesta di prestito all’Ordine dei Servi di Maria, detentore dell’opera, per esporla in pinacoteca in occasione dell’anno giubilare 2025. Anno che coincide con il quarto centenario della nascita dell’artista. Questo evento potrebbe fornire l’occasione ideale per approfondire lo studio e la discussione sull’autenticità del dipinto.

L’indagine sul dipinto di Carlo Maratta rappresenta un affascinante enigma che potrebbe essere risolto solo attraverso un’analisi approfondita da parte di più critici d’arte. «L’interesse per quest’opera – afferma l’appassionato d’arte Piero Sbaffi, in FOTO con l’opera in questione – potrebbe portare ulteriori riflessioni sul dipinto, fornendo preziosi elementi di conoscenza del periodo artistico a cui appartiene. Inoltre – conclude – sarebbe auspicabile riuscire ad allestire un’esposizione presso la pinacoteca diocesana, magari proprio in occasione dei 400 anni dalla nascita dell’artista, nella quale il quadro senigalliese possa essere messo in comparazione diretta con il dipinto di proprietà della fondazione romana». 

Oltre alla “Madonna della Risurrezione”, la chiesa di San Martino di Senigallia, affidata in cura ai Servi di Maria, custodisce altri tesori artistici: tra questi vi sono la recentemente restaurata pala d’altare del Guercino (al secolo Giovanni Francesco Barbieri, nato a Cento nel 1591 e morto a Bologna nel 1666) e un olio su tela di Girolamo Donnini da Correggio (Correggio, 1681, morto anch’egli a Bologna, nel 1743), raffigurante “I Sette Santi Fondatori dell’Ordine dei Servi di Maria”. Opere che testimoniano la profonda devozione religiosa e la ricca tradizione artistica della città di cui sarebbe bene avere una conoscenza più approfondita.

Marco Pettinari

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Riapre la Pinacoteca diocesana di Senigallia, ogni sabato e domenica ad ingresso gratuito

Da sabato 2 aprile 2022 riapre a Senigallia la Pinacoteca nella Piazza del Duomo, accanto alla Cattedrale. Dopo la pausa invernale, torna così fruibile al pubblico il grande museo che, allestito nell’antico “appartamento del cardinale” al primo piano del Palazzo Vescovile, espone opere d’arte provenienti dall’intero territorio diocesano, dal Cesano all’Esino, dall’Adriatico agli Appennini. Un percorso, quello alla Pinacoteca Diocesana di Senigallia, non solo dedicato alla pittura ma anche alle altre arti, con preziose argenterie, ebanisterie, statuaria, paramenti sacri e tanto altro ancora. Itinerario in parte ordinato in maniera cronologica, vede esporre opere dal Quattrocento sino all’Ottocento con la possibilità di ammirare capolavori quali la Pala di Senigallia dove Pietro di Cristoforo Vannucci – il Perugino – raffigura la “Madonna in trono con Bambino e i Santi Giovanni Battista, Ludovico di Tolosa, Francesco, Pietro, Paolo e Giacomo”.

Dal 1 aprile il museo diocesano sarà dunque visitabile con il consueto orario primaverile ogni sabato, domenica e festivi  con orario 9-12 e 16-19. Confermato, anche per questa stagione, l’ingresso gratuito. Una primavera con l’arte sacra, occasione per ammirare il bello che la Fede di generazione in generazione ha saputo realizzare e tramandare sino o noi oggi, per comunicarci la gioia del Vangelo. I Musei diocesani aderiscono all’Associazione Musei Ecclesiastici Italiani e a Marche Musei. In Pinacoteca l’accesso è gratuito, nel rispetto protocolli prevenzione Covid con obbligo di mascherina. Info: www.diocesisenigallia.it .

“La pesca miracolosa” secondo il pittore Agrà

Il dipinto di Agrà ospitato nella chiesa di Piano Marina

Questa mattina ho avuto una visita graditissima, mi è venuto a trovare Natale Patrizi che, si firma con lo pseudonimo «Agrà». Oltre ad avermi offerto un gradito dono di una sua composizione su «Omaggio a Fabio Tombari», mi fece vedere – attraverso una diapositiva – il suo ultimo lavoro: «La Pesca miracolosa», dipinta per la nuova chiesa di «San Pio da Pietrelcina» a Piano Marina, frazione di Marotta di Mondolfo.

Del resto anche la chiesa, progettata dall’architetto Marco Tonino Marchetti, per la maggior parte strutturata in legno, sembrava prestarsi bene ad accogliere un quadro in legno di ampie dimensioni. A questo riferimento ascoltiamo le parole di Agrà: «Dissi subito al reverendo che mi era facile intervenire essendo quell’architettura somigliante alla stiva di una nave ormeggiata.Non fare altro che rovesciarla e costruire con lo stesso fasciame una barca dove sarebbero saliti gli apostoli e …».

Si tratta di una chiesa modernissima sia per lo stile sia perché inaugurata il 10 aprile 2019. All’interno di questo edificio sacro ha operato Natale Patrizi con un’opera pittorica degna di attenzione.

1. Le tappe di questa opera

Don Egidio Bugugnoli, parroco di San Giuseppe – e rettore della nuova chiesa, è andato a trovare Patrizi chiedendogli di realizzare un dipinto per la nuovissima chiesa a Piano Marina di Marotta.

L’artista – pur accettando l’invito – è rimasto in parte perplesso sul tema da scegliere, sui materiali su cui impostare le prime bozze, sui colori da proporre in armonia al contesto cromatico della chiesa e della zona, affinché l’opera si potesse inserire nell’ambiente, che lo doveva accogliere e, non lontano, è presente l’Adriatico. Il fatto che il mare fosse vicino alla nuova costruzione ha offerto l’occasione all’artista di pensare e cogliere qualche episodio evangelico che richiamasse il mare. Dopo aver a lungo pensato e, dopo aver dialogato con Don Egidio, stabilì di impostare il primo disegno sulla «Pesca miracolosa».

L’artista si è ispirato al famosissimo episodio evangelico narrato dagli evangelisti Luca (5, 1-11) e Giovanni (21,1-14). È bene ricordare che alla pesca miracolosa si associa anche la prima chiamata degli apostoli: è l’inizio della comunità ecclesiale. Nell’occasione Gesù si è persino spinto a introdurre una nuova figura, quella di «pescatore di uomini».

Patrizi, dopo aver accettato la richiesta del parroco, prese contatto con la struttura, si fermò a lungo all’interno della chiesa per riflettere, per venire alla conoscenza perfetta dell’ambiente, dei colori e della luce; quindi, stabilì di realizzare un dipinto su legno dalle ampie dimensioni. Si mise subito all’opera. Le bozze furono, in un secondo tempo, inviate a Roma per l’approvazione.

Dopo l’approvazione da parte della sede competente, Agrà si mise subito al lavoro: chiamò un artigiano di sua conoscenza, fece impostare una base lignea per poter iniziare il dipinto su tavola. Patrizi conoscendo molto bene come i celebri pittori del Rinascimento dipingevano su legno e a tempera a uovo, stabilì di seguire quella linea, così significativa per la storia dell’arte. In genere, in quel periodo, i dipinti venivano realizzati su tavola di pioppo o di tiglio o anche di cipresso. Agrà fece la scelta del pioppo. Il lavoro venne realizzato all’interno del suo laboratorio.

2. La pesca miracolosa di Agrà

Si vede a poppa, uno degli apostoli che cerca, in tutti i modi, di stabilizzare la barca che pericolosamente s’inclina; lo fa afferrando con forza e violenza i due remi come se volesse puntarli sul fondo del lago. Ma non basta: la barca si è pericolosamente inarcata, pendendo abbondantemente verso sinistra. Le reti, che vengono ritirare a bordo, sono piene di mare e di luce, mentre numerosi pesci, di ogni taglia, vengono catturati, altri, ma piccoli, riescono a liberarsi.

Ma veniamo all’opera di Patrizi: il quadro, di ampie dimensioni, è stato dipinto su legno, attraverso l’antica tecnica della tempera a uovo. L’impostazione narrativa è colta nel momento in cui gli apostoli tirano in barca le reti strapiene di pesci e si guardano l’un l’atro meravigliati, mentre si avvicina un’altra barca per aiutare a trasportare il pescato a riva. Gesù è seduto sulla prua della barca sicuro di sé, mentre indica con le mani il pescato, quasi a voler dire: «Quando si crede alla mia parola si realizzano questi portentosi eventi». Difatti Pietro aveva detto: «Maestro, ci siamo affaticati tutta la notte e non abbiamo preso nulla; però, alla tua parola, calerò la rete» (Lc. 5,5).

La cromia. Mi fermo sui colori usati dal Patrizi perché mi sembra che rappresentino l’elemento che attira, forse più di ogni altro, colui che si ferma ad ammirare l’opera. Il bell’azzurro stupendamente marcato del mare che, tranquillo, accoglie barche e pescatori; il colore giallo-marroncino nelle sue diverse sfumature delle barche e della non lontana riva, escono dall’azzurro con risalto e, direi, con prepotenza.

La cromia delle reti, che imprigionano i pesci, passano, con una certa difficoltà, ma con sorprendente espressività, da un giallo stemperato a un sfumato celeste.

Per quanto riguarda la luce: l’illuminazione del dipinto proviene da sinistra e vivacizza, in modo invasivo, la barca che rimane centralmente vuota, dato che i personaggi sono tutti intenti a dritta e a manca a tirare le reti e bilanciare la barca. Alcuni pescatori, presenti e discinti, sia dall’una che dall’altra barca, evidenziano e riflettono luce.

Infine la figura di Gesù, seduto a prua della barca inarcata, è dominante, sia per l’espressivo atteggiamento del Signore, padrone e creatore del mare e di tutto ciò che in esso vive, sia per il colore intenso del panneggio, che s’inserisce e si sposa con la cromia del mare, mentre una parte del braccio e del fianco sinistro, accoglie un raggio di luce: il contrasto ricercato dall’artista è evidente e ben studiato. E mentre il volto di Gesù è rivolto verso i pescatori che traggono le reti, le mani indicano, con evidenza, il pescato. Non possiamo non evidenziare come la parte della prua, per il Cristo ivi seduto, diventa un trono, dove esercita la sua sorprendente potenza taumaturgica.

                                                                      P. fr. Giancarlo Mandolini o.f.m.

Il colore che assomiglia a Dio

La visita del Vescovo in una parrocchia è sempre un momento prezioso, dove ci si ritrova intorno al Pastore, con affetto, fede e gratitudine. In questo caso poi l’occasione era veramente propizia, perché si trattava di benedire un’opera di arte sacra che parla in modo forte del mistero stesso che ci fa Chiesa, quell’Eucarestia che è ripresentazione sacramentale ed attualizzazione dell’opera salvifica di Cristo. In termini più semplici potremmo dire che queste nuove immagini ci parlano di come tutto l’amore di Dio rivelato in Gesù ci raggiunge e ci ricolma quando come comunità ci ritroviamo a celebrare insieme la s. Messa. Don Franco, sempre attento e disponibile, ci teneva ad essere presente, e noi ancor più come comunità parrocchiale desideravamo che fosse lui a dare con la sua preghiera il sigillo ecclesiale a questa opera.

Un’immagine nuova, posta lì dove una persona per tanto tempo ha celebrato e vissuto la sua fede, genera sempre sentimenti contrastanti e forti. Chi, entusiasta, ne vede subito la bellezza e la capacità di illuminare in modo più pieno la vita e la fede di una parrocchia, e chi invece deve interiorizzare meglio come questa si armonizza con l’intero complesso iconografico dell’edificio sacro. Girando questo giorni per le benedizioni delle famiglie ho trovato tanta gente che mi ha ripetuto: “Nei primi giorni ero perplesso di fronte a questo grande dipinto che colorava il fondo della chiesa, adesso, di giorno in giorno, ne sono sempre più affascinagli to”. Una signora anziana mi ha lasciato un biglietto con scritto: “Grazie per aver illuminato la mia vita e la nostra chiesa”.

Scopo dell’arte sacra non è dare solletico agli occhi per far sentire qualche emozione superficiale; e non è neanche, come pensa qualcuno, un modo per spiegare a chi non sa leggere la bibbia le storie della fede. Questa sarebbe l’artea tema religioso, che a mo’ di scenografia di fondo presenta un po’ di episodi della vita di Gesù o dei santi. Ma l’arte sacra – diversa appunto dall’arte religiosa – ha come compito di fare entrare nel mistero della fede, di attirare lo sguardo per portarci oltre l’immagine – lì cioè dove l’immagine indica – al cuore del mistero di Cristo e della salvezza da lui operata. Il suo obiettivo, per capirci, non è quello del cinema, di affascinare e “schiacciare” quasi sulla poltrona in un turbinio visivo di emozioni, ma di muovere il sentimento, insieme all’intelletto e la volontà,così che l’uomo intero si rimetta in camminoverso l’amore di Dio che lì e rivelato. Dire di fronte ad un’immagine sacra “mi piace o non mi piace” ha poco senso, è come dire, dopo aver mangiato l’ostia consacrata, se oggi mi piaceva o no il suo sapore. Di fronte a queste opere le domande giuste sono: “Mi aiuta a pregare? Durante la celebrazione sono stimolato a capire cosa sta avvenendo sull’altare? I simboli che sono raffigurati muovono la mia intelligenza verso il mistero di Cristo? I colori utilizzati risvegliano i miei sensi e li purificano in attesa dei doni che il Signore vorrà farmi, mentre il linguaggio della bellezza spinge la mia volontà a superare le barriere dell’opacità e della mediocrità per credere all’amore del Padre?”. L’arte sacra è rivelazione, cioè èsvelare e poi ri-velare, dunque velare di nuovo perché non siano date “le cose sante” in pasto alla nostra superba voracità intellettuale che vorrebbe possedere ogni cosa, invece che aprirsi ad attendere i doni della grazia.

La tecnica con cui è stato fatto questa opera ha proprio questa logica. Prima viene realizzato il disegno di fondo, poi le mani di colore iniziali vanno quasi a cancellare l’immagine originaria, così come il peccato dell’uomo tende a cancellare sempre più la somiglianza divina impressa in lui. Così venti, trenta e più strati di colore si sovrappongono, fino a che però, inaspettatamente, la luce della grazia penetra l’immagine e le ridona la sua preziosità riformando lentamente l’immagine iniziale: questa è la logica di una grazia salvifica che trasforma anche il peccato e tutto dunque trasfigura a lode e gloria di Dio.

I colori caldi della luce – giallo, arancione e rosso – propri più dell’aurora che del giorno, vo- gliono parlare di questo stadio ancora nascente dell’opera della redenzione, e richiamano anche quella prima cromatura che, stupito ed emozionato, un bambino appena nato, con ancora il velo delle palpebre sugli occhi, comincia ad intravedere. Ecco l’immagine del credente, rigenerato alla vita nuova nel Battesimo, che nei santi misteri comincia ad intravedere in sé, e attorno a sé, tutta la realtà trasfigurata dalla grazia, così come un giorno nella santa Gerusalemme del cielo non ci sarà più la luce del sole, perché l’amore di Dio avrà ormai penetrato ogni cosa. Di questa santa città ci viene ogni volta aperto l’accesso quando superiamo la nostra individualità e ci ritroviamo ad essere persone ecclesiali – cioè uomini e donne di comunione – trasformati nell’intimo da quel mistero di Comunione che è l’essenza originaria della Chiesa stessa, celebrata e vivificata in ogni s. Messa. Così rinasce e si rafforza una comunità che sa andare oltre i gusti personali, oltre le simpatie ed antipatie, che supera peccati e incomprensioni e si ritrova come sinfonia di tante note diverse, come colori di un’unica opera, come luce del mondo posta sulla montagna per illuminare il cammino di ogni uomo.

Sono certo che un’opera così nuova ed originale, seppure realizzata secondo i canoni classici della tradizione iconografica sacra, continuerà a suscitare desiderio di approfondire, dibattito, ricerca ma credo che questo sia un’ulteriore prova della sua preziosità e del dono di grazia che è stato fatto alla nostra comunità intera.

don Andrea Franceschini

Il nuovo ambone nella chiesa di Cesanella

Nella tradizione liturgica cristiana, l’ambone rappresenta il sepolcro vuoto da cui l’Angelo, la mattina di Pasqua, annuncia alle donne che Cristo è risorto. Sull’ambone si svolge la liturgia della Parola, sull’altare quella Eucarisitica: ambone e altare, quindi si equivalgono per importanza e significato.

L’ambone della chiesa di s. Giuseppe Lavoratore, già unico per la sua particolare forma, ora è reso più eloquente per l’opera scultorea realizzata .

L’ambone è intriso di significati  palesi e nascosti, che vengono qui di seguito riassunti:

Prima della stesura della materia scultorea, sui mattoni sono state scritte preghiere dai fedeli sul tema dell’ ascolto della Parola, segno di adesione della Comunità parrocchiale ad Essa.

Sulla parete al di sotto del piano di lettura è stata eseguita una croce che contine  terra proveniente da Gerusalemme e da Medjugorie.

Sono ben evidenti tre fasce che avvolgono l’ambone: simboleggiano le tre Persone dello Spirito Santo . Le fasce escono dall’ambone in attesa di lanciarsi verso l’abside, quando questo verrà realizzato. La fascia in basso si collega idealmente all’altare.

Al centro è presente un libro aperto: l’Antico e Nuovo Testamento.

Il libro è attorniato dai 4 Evangelisti rappresentati secondo la tradizione dell’arte cristiana ( il tetramorfo): l’Angelo simboleggia san Matteo, l’Aquila san Giovanni, il Leone san Marco, il Bue san Luca. Le ali, strumenti per volare, significano che i 4 Evangelisti aleggiano nella storia del Cristianesimo.

Il libro è aperto perchè la Parola di Dio si offre spontaneamente a chi la vuole ascoltare. Sulle due pagine è presente la frase ” E il Verbo si fece Carne” ,tratta dal Prologo del Vangelo di s. Giovanni, in lingua italiana e in greco antico, la lingua con cui furono scritti i Vangeli.

La scritta, a causa dei riflessi della foglia oro, non è facilmente leggibile da lontano e richiede l’avvicinamento : la necessità di avvicinarsi esprime il cammino che il credente deve fare per la comprensione della Parola di Dio.

La presenza dell’oro puro non sta tanto a significare la preziosità ma piuttosto l’inossidabilità e l’eternità della Parola. Le recenti scoperte astrofisiche ci dicono che l’oro si forma quando le inimmaginabili potenze degli astri si unisco e dalla loro unione si formano metalli preziosi tra cui l’oro.

L’osservazione frontale dell’ambone nella sua interezza può ricordare la prua di una nave: la nave spesso ha simboleggiato la Chiesa cristiana che naviga nella storia degli Uomini.

Dal Libro origina il Vento della Parola che accarezza le chiome degli Evangelisti; il Vento prosegue la sua corsa sulle pareti dell’ambone per poi diffondersi all’interno della chiesa.

Il tema del vento si ricollega alla Croce del Vento di Dio presente in chiesa dal 2017.

L’ampiezza dell’ambone è tale per cui risulta unico tra le chiese della diocesi e non solo,  ed è capace di contenere fino a 10 persone: la possibilità di accogliere più persone può dare l’avvio alla riscoperta del canto del Graduale, cioè la lettura a più voci del Salmo responsoriale, antica tradizione liturgica cristiana.

Don Mario Camborata, parroco
Andrea Ippoliti, scultore