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Tag: guerra ucraina

Ingresso dell’Ucraina nell’Unione europea, avviata petizione anche nelle Marche

Quale futuro per l’Ucraina? Entrerà nell’Unione europea? O rimarrà uno stato “cuscinetto” stretta tra le mire della Russia e il comfort di noi europei? E’ in fase di avvio una nuova iniziativa, davvero ambiziosa, di cui abbiamo parlato con Andriy Podolskyy, presidente dell’associazione “Insieme per Ucraina”. Sta per partire una doppia raccolta firme, una cartacea e una digitale, per far entrare l’Ucraina nell’Unione Europea il prima possibile. L’intervista sarà in onda mercoledì 14 e giovedì 15 maggio alle ore 13:10 e alle ore 20, in replica anche domenica 18 alle ore 17, sempre su Radio Duomo Senigallia (95.2 FM). L’audio è disponibile anche qui grazie al lettore multimediale.

L’idea nasce da una piattaforma digitale, Strichka, che unisce attivisti ucraini in tutto il mondo. L’obiettivo è lanciare una petizione online a livello europeo. Se si raggiungerà un milione di firme, il Parlamento Europeo sarà obbligato a prendere una decisione in merito. Per dare una spinta a questa petizione online, in diverse città europee, e in particolare in Italia, stanno organizzando una raccolta di firme “fisica”, su carta. Il primo appuntamento per chi si trova nelle Marche è fissato per domenica 18 maggio ad Ancona, in piazza Roma, dalle 9 alle 19: ci sarà un gazebo per raccogliere le adesioni e sensibilizzare le persone sull’importanza di questa petizione.

Petizione dal titolo “Sull’adesione accelerata dell’Ucraina all’Unione europea per rafforzare la sicurezza europea e scoraggiare la minaccia russa”. Analoghe iniziative sono già state avviate anche in altri paesi europei. Ma che reazione hanno gli europei su questo tema? Spesso la guerra è al centro dei media ma non vi sono più grandi reportages dalle zone di guerra come all’inizio del conflitto armato, anzi, dell’operazione speciale lanciata dalla Russia.

Andriy Podolskyy, presidente dell’associazione “Insieme per Ucraina, intervistato da Laura Mandolini sulle questioni internazionali e sulla vita in Ucraina, cita anche le prime mosse di papa Leone XIV che tra i leader europei ha scelto di cominciare il suo pontificato contattando proprio il presidente ucraino Zelensky, esprimendo vicinanza al popolo. Uno dei punti chiave dell’intervista che vi invitiamo ad ascoltare è proprio la capacità di resilienza del popolo ucraino, che Podolskyy sottolinea anche nella seconda parte dell’audio servizio, incalzato dalle domande di quattro studentesse del liceo Perticari (della III D, indirizzo scienze umane).

Durante la chiacchierata, ampio spazio è stato riservato anche agli aspetti personali che hanno portato Andriy Podolskyy a lasciare l’Ucraina tanti anni prima che cominciasse il conflitto e all’attività dell’associazione “Insieme per Ucraina”, impegnata anche come protezione civile negli aiuti alle popolazioni alluvionate di Senigallia (2022) e Emilia Romagna (2023).

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Bambini e ragazzi ucraini in vacanza a Senigallia per superare il trauma della guerra

Bambini e ragazzi ucraini in vacanza a Senigallia per superare il trauma della guerra (estate 2023)
Bambini e ragazzi ucraini in vacanza a Senigallia per superare il trauma della guerra (estate 2023, fonte Caritas Senigallia)

Saranno 70 bambini e ragazzi, provenienti dall’Ucraina martoriata dalla guerra, gli ospiti della nuova edizione del progetto di accoglienza temporanea “È più bello insieme” promosso dalla Caritas italiana insieme alle Caritas ucraine. L’idea è quella di permettere ai giovanissimi, traumatizzati dal conflitto in atto e dai bombardamenti russi, di passare giornate di svago e serenità attraverso campi estivi in ambienti sicuri e ospitali.

Due gruppi da 35 minori ciascuno, tra i 6 e 17 anni, arriveranno nei periodi dal 19 luglio all’1 agosto e dal 12 al 31 agosto: vivranno insieme ai coetanei italiani giornate al mare con animazione da parte dei volontari e uscite sul territorio vallivo e fino all’appennino marchigiano. Soggiorneranno a Senigallia, la località costiera tra le più suggestive delle Marche.

Per la Caritas di Senigallia è il secondo anno di partecipazione al progetto: in collaborazione con la fondazione Mirco Giacomelli, ha infatti abbracciato l’idea di offrire un periodo di vacanza in Italia a bambini e ragazzi che subiscono quotidianamente le conseguenze della guerra. Da oltre due anni il conflitto e lo stato di emergenza conseguente ai bombardamenti, agli attacchi e alle sirene si ripercuotono gravemente sullo stato psicologico degli adulti e dei minori, costretti a rifugiarsi dentro scantinati e rifugi antiatomici per ripararsi da droni e bombe. Una situazione dove viene continuamente alimentata la paura.

In Italia almeno 500 giovani potranno rigenerarsi prima della ripresa delle lezioni scolastiche. Un modo per elaborare il trauma della guerra, in un contesto di ospitalità e fiducia nella pace futura.

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La guerra in Ucraina e la cura dei fedeli dovuti scappare in Italia

Da sinistra don Pavlo Zavysliak e il vescovo della Diocesi di Senigallia mons. Franco Manenti.
Da sinistra don Pavlo Zavysliak e il vescovo della Diocesi di Senigallia mons. Franco Manenti.

Tra i riflessi della guerra che ha investito l’Ucraina non c’è solo la fuga di tante persone ma anche il dover riorganizzare enti e servizi. E lo stesso ha fatto e sta facendo la Chiesa greco-cattolica ucraina che si è adoperata per poter garantire una presenza e cura spirituale alle persone ucraine che vivono qui in Italia.

In realtà la decisione di istituire un Esarcato Apostolico per i cattolici ucraini di rito bizantino residenti in Italia è stata annunciata da Papa Francesco nel 2019: questa unità territoriale ecclesiastica copre l’intera Italia, con circa 70.000 fedeli riuniti in 146 comunità. Una è quella di Senigallia ed è seguita a livello spirituale da don Pavlo Zavysliak (a sinistra nella fotografia con il vescovo della Diocesi di Senigallia mons. Franco Manenti). Al sacerdote 27enne abbiamo rivolto qualche domanda.

«Il mio servizio pastorale nella Diocesi di Senigallia consiste nell’assicurare l’adeguata cura spirituale ai fedeli cattolici ucraini di rito bizantino presenti sul territorio. Di solito, i fedeli ucraini si riuniscono per la preghiera e gli incontri nei templi della Chiesa italiana. Siamo stati calorosamente accolti dai vescovi e dai sacerdoti italiani, e siamo molto grati a mons. Franco Manenti, vescovo di Senigallia e a mons. Andrea Andreozzi, vescovo di Fano e in loro nome ai sacerdoti che ci offrono la loro disponibilità e ci aiutano a sentirci parte della famiglia della Chiesa Cattolica, alla quale appartiene anche la Chiesa Greco-Cattolica Ucraina. A Fano, ci riuniamo nella chiesa dell’Istituto Don Orione, mentre a Senigallia, fino a poco tempo fa, grazie a Padre Giuliano Grassi, la nostra comunità celebrava la Divina Liturgia (così viene chiamata la Santa Messa nel rito bizantino) due giovedì al mese nella Chiesa di San Martino dei Servi di Maria. Ora, poiché abbiamo la possibilità di celebrare l’Eucaristia ogni Domenica grazie alla generosa disponibilità di Don Paolo Gasperini, io risiedo nella Parrocchia di Santa Maria della Neve e per le celebrazioni ci riuniamo nella Chiesa del Portone».

Cosa significa poter garantire una presenza spirituale per le persone ucraine che vivono qui?
«Prima di tutto, significa stare vicino ed essere disponibile come presbitero. Con la presenza del sacerdote connazionale, i fedeli hanno la possibilità di ascoltare la Parola di Dio e vivere la loro fede nella propria lingua». «Posso affermare con certezza che tutti gli ucraini che vivono qui hanno parenti, amici o conoscenti coinvolti nel conflitto. Perciò, durante le celebrazioni liturgiche, preghiamo in modo particolare per coloro che sono in servizio militare e per la pace in Ucraina e nel mondo. È importante anche essere disponibili per l’ascolto empatico, che può fare una differenza significativa nella vita di chi sta affrontando la sfida di avere persone care in guerra. Insomma, in questo periodo oscuro per la nostra terra….»

Continua a leggere nell’edizione digitale di giovedì 21 dicembre 2023, cliccando qui.
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In Ucraina la pace si può: a Senigallia l’incontro con Rosalba Armando, operatrice Avsi

Il tema della guerra in Ucraina mantiene ancora la sua drammaticità e non possiamo spegnere i riflettori su ciò che sta accadendo a pochi passi da noi. Per questo Avsi, che opera in numerosi progetti di cooperazione allo sviluppo, propone all’interno della campagna Tende, un pomeriggio molto interessante dal titolo “In Ucraina. La pace si può” insieme a Rosalba Armando. Sabato 18 febbraio 2023, alle ore 17.30, all’auditorium San Rocco di Senigallia, Rosalba racconterà il suo punto di vista di donna che ha vissuto in Russia e in Ucraina.

Originaria di Cuneo, Rosalba Armando è stata per più di 20 anni a Novosibirsk, capitale della Siberia, occupandosi di progetti sociali per l’integrazione delle ragazze madri e dei ragazzi vulnerabili, attraverso l’organizzazione di una Ong locale. Rientrata in Italia è qui rimasta per ostacoli legati alla pandemia; oggi vive e lavora a Milano, implementando progetti AVSI contro la povertà educativa e occupandosi dell’accoglienza dei profughi ucraini a livello nazionale.

Il pomeriggio del 18 febbraio vede la collaborazione di AVSI con la Scuola di Pace “Vincenzo Buccelletti” e con Caritas Senigallia, che per il Comune gestisce il progetto SAI (Sistema Accoglienza Integrazione), grazie al quale sono attualmente accolti nel territorio alcuni nuclei familiari di profughi ucraini.

Francesco Conigli

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Oliviero Forti (Caritas italiana): “Positivo il decreto accoglienza profughi”

Arrivo di alcuni profughi ucraini in un centro di accoglienza italiano

“Valutiamo positivamente queste misure, che sono frutto di un percorso condiviso tra le realtà del terzo settore, la Protezione civile, i Ministeri del Lavoro e dell’Interno. Per la prima volta vengono messe al centro le realtà del terzo settore come soggetti con i quali interloquire e attrezzare una accoglienza in emergenza come quella degli ucraini. C’è una co-progettazione e una co-gestione che vede tutti partecipare congiuntamente a questo sforzo”. Così Oliviero Forti, responsabile dell’area immigrazione di Caritas italiana, commenta le misure contenute nel Decreto Ucraina relative all’accoglienza dei profughi ucraini nei territori, che ha ottenuto giovedì 31 marzo 2022 la fiducia in Senato, dopo quella della Camera dei deputati.

Nei giorni scorsi sono già usciti un Dpcm che disciplina il permesso per la protezione umanitaria temporanea e l’Ordinanza 881 approvata dal Commissario straordinario della Protezione civile Fabrizio Curcio, che stabilisce uno specifico sistema di accoglienza di 15.000 posti per gli ucraini, da attuare mediante gli enti del terzo settore, compresi quelli religiosi, presso strutture come appartamenti privati, famiglie, parrocchie, a patto di garantire alcune condizioni, standard di accoglienza e fornitura di servizi aggiuntivi come i corsi. Ad oggi sono 75.000 i profughi ucraini in Italia, di cui 5600 già inseriti nel circuito di accoglienza tradizionale (Cas e Sai). “Non sappiamo ancora se sarà necessario o meno attivare corsi di inserimento lavorativo o corsi di lingua intensiva perché dipende da come evolverà la situazione – osserva Forti -. Quindi proviamo a rispondere all’emergenza con uno strumento flessibile, ossia un sistema di accoglienza esterna complementare ai Cas (Centri di accoglienza straordinaria) e ai Sai (Sistema accoglienza integrazione), che dovranno avere posti liberi per i migranti e richiedenti asilo che arrivano via mare”. Le nuove normative prevedono anche, oltre alla protezione umanitaria temporanea per un anno rinnovabile per un altro anno, anche la possibilità, per gli ucraini che alloggiano in maniera autonoma o presso amici e familiari, di ricevere per tre mesi un contributo di 300 euro mensili ogni adulto e di 150 euro per ogni minore. Nel frattempo la rete Caritas ha già accolto 5.500 persone nelle proprie strutture diocesane: “Ora faremo una verifica su quanti posti ulteriori attivare – conclude Forti -. Presenteremo le nuove norme alle Caritas diocesane chiedendo di farsi avanti, a patto di avere certi requisiti. Ad esempio la presenza di mediatori culturali, o la possibilità di fare inserimenti lavorativi. Non è uno spontaneismo fine a sé stesso”.

P.C.

Vite, pane e speranza, le vittime di ogni guerra. Parla il vescovo bosniaco Pero Sudar.

Pero Sudar è stato vescovo ausialiare di Sarajevo, Bosnia Erzegovina

Pero Sudar è un vescovo cattolico. Nato in Bosnia Erzegovina, è stato consacrato vescovo il 6 gennaio 1994, quando il suo paese e la capitale Sarajevo vivevano l’inferno di una guerra che somiglia proprio tanto a quella che sta devastando l’Ucraina. Fino al 2019 è stato vescovo ausiliare della diocesi di Sarajevo, ideatore e promotore delle ‘Scuole per l’Europa’, tra i più raffinati ed ascoltati intellettuali dei Balcani. Grazie al decennale gemellaggio con l’Azione Cattolica senigalliese, nato all’indomani del conflitto balcanico, è forte il legame con la nostra realtà ed ha accolto l’invito a farci aiutare per tentare di comprendere quanto sta succedendo in Europa, oggi.

Torna la guerra vicina (visto che non è mai sparita dal mondo…),  il male totale. Abbiamo bisogno di tentare qualche spiegazione, anche se molto è fuori dalla nostra comprensione profonda…

Per poter spiegare la guerra, bisognerebbe entrare nelle teste e negli stati d’animo di coloro che la impongono. Ho avuto abbastanza tempo nelle notti durante il lungo assedio della città di Sarajevo per pensarci sopra e ho concluso che si dovrebbe uscire dal pensare normale, perché la guerra non è uno stato normale dell’animo umano. La guerra possono imporla solo le menti uscite dal loro uso normale, perché la guerra si oppone alla logica normale, che è la logica del bene. D’altra parte, la triste verità che nella conosciuta storia umana, secondo gli esperti, sono state solo due le settimane senza una guerra, ci costringe a riconoscere che l’essere umano è molto incline ad agire contro la logica del bene. Qui si pone la domanda di fondo: perché cerchiamo di continuodi raggiungere il bene percorrendo la strada del male? L’unica risposta potrebbe essere nella logica e cultura del tutto sbagliata e disumana in cui veniamo educati e che regna tra la maggior parte degli esseri umani, e cioè che la forza e il potere siano valori positivida raggiungere ad ogni costo. La logica del potere, che si nutre approfittando della debolezza dei deboli, necessariamente porta all’aggressione e induce alle guerre che diventano così non soltanto “logiche”, ma necessarie. Può sembrare assurdo, e in queste circostanze anche fuori luogo affermarlo, ma nel contesto della logica del potere, Putin non aveva altra scelta, visto che il suo avversario numero uno, identificato sotto il nome della NATO, cercava di arrivare ai confini non del suo Paese, ma della sua “zona di caccia”. Però, la verità è che la vita regolata dalla forza e della dominanza del più forte appartiene al mondo animalesco e non a quello umano! Questa guerratragica per tutti, in cui solo il primo ed immediato prezzo verrà pagato dal popolo ucraino, è una ennesima conferma e, forse, l’ultima occasione per abbandonare la logica animalesca ed accettare quella umana, perché ormai riguarda la pura sopravvivenza umana.  In fondo, si tratta dell’invito che Gesù ha rivolto ad ogni uomo e a tutte le generazioni: convertitevi!

Trent’anni fa iniziava un altro conflitto, nella ex Jugoslavia, che pensavamo inimmaginabile: cosa dice oggi quella terribile pagina di storia?

Quella pagina racconta la sola ed unica verità esprimibile: tutte le vite spezzate, le tante persone ferite e mutilate, i milioni di cacciati dalle loro terre e diventati profughi, le intere città e zone distrutte…non sono serviti a niente! E’ rimasto solo l’odio, l’intolleranza e, nelcaso della Bosnia Erzegovina, uno Stato “Frankenstein”, invenzione e regalo degli Stati Uniti d’America, da cui fugge chi può. Il conflitto e le guerre in ex Jugoslavia, come del resto dappertutto, hanno dimostrato che la guerra non risolve le difficolta già esistenti, ma ne aggiunge altre, più gravi e più complesse.  I popoli della ex Jugoslavia, sperando con la guerra di poter liberare i propri paesi e se stessi dai governanti comunisti, si sono consegnati ai potenti del mondo e oggirimpiangono il vecchio regime. Che sconfitta!

La guerra del sangue, quella del pane e quella della speranza. Ricordiamo in molti le sue parole, testimoniando quanto accadeva in Bosnia Erzegovina: quali sono state vinte, quali invece sanguinano ancora?

E’ difficile dirlo! In un certo senso, non ci siamo più esposti alla prova del sangue, dato che non si spara più. Non so, però, se si possa dire che sia passata la prova del pane. La grande disoccupazione è una delle conseguenze della guerra che ci riduce a un Paese estremamente povero. Tutte le fabbriche in cui lavorava tanta gente e che sono state distrutte in guerra non hanno più ripresole attività. La prova della speranza non è passata per niente. Anzi! Pare che divampi in modo più devastante che durante la guerra. Come è possibile? Mi chiederà. Durante il conflitto la gente nutriva la speranza che la guerra, seppur lunga e sanguinosa, un giorno sarebbe finita e che dopo la guerra si sarebbero create le condizioni per una vita normale e migliore. Questo, però, non è avvenuto. Nello Stato fantasma la guerra continua con tutti i mezzi, tranne le armi. Non potendo più resistere a questa prova della speranza, molta nostra gente, particolarmente i giovani, lasciano la Bosnia Erzegovina. Le statistiche dicono che abbiamo perso più abitanti nel periodo del dopoguerra che durante l’intera guerra. Questo vale in modo drammatico per i Croati cattolici.       

Qual è lo sguardo di chi vive nella sua terra su quanto accade nella vicinissima Ucraina?

Temo che la maggior parte della nostra gente, dopo aver sofferto tanto e perso quasi tutto,pensa con le teste dei contrapposti politici che ci rappresentano. Come siamo divisi in tutto, secondo l’appartenenza nazionale, così siamo divisi anche sulla guerra in Ucraina. Proprio oggi (04.03.) è stata interrotta la seduta della Presidenza collegiale a causa degli opposti pareri dei suoi membri sulla posizione che il nostro Paese dovrebbe prendere a riguardo della guerra in Ucraina. Purtroppo, nonostante le esperienze tragiche della nostra guerra, non vengono prese in considerazione, prima di tutto le vite umane, la pace e la libertà dei popoli, ma ci si schiera da una o dall’altra parte, tenendo conto dei propri interessi o dei legami storici, politici e religiosi. Anche questo illustra che cosa ci ha lasciato la guerra e in che condizioni ci mantiene la pace ingiusta e la amorale soluzione politica imposta a Dayton, e ancora di più la sua dispotica implementazione. Purtroppo i “grandi” della terra ci governano servendosi dell’arroganza, tenendo conto solo degli interessi del loro potere.Questa è diventata la grande minaccia per il futuro della nostra specie checi dovrebbe svegliare prima che sia troppo tardi. Dio, a cui abbiamo attribuito di essere onnipotente, ci rivela in Gesù Cristo che il vero potere sta nella capacità e nella disponibilità a rinunciare a dominare l’altro, a favore della dignità e della libertà di ogni uomo. Il vero uomo, credente o meno, segue questa strada perché solo così, seguendo l’esempio del Figlio dell’uomo, salva la propria missione e dignità e si fa promotore attivo della libertà degli altri.

Le luci si sono spente su tanti altri terreni sconvolti e lasciati a loro stessi (Siria, Afghanistan, Yemen, Congo…). Davvero gli uomini non imparano nulla dalla storia?

Tutte queste guerre dimenticate testimoniano non soltanto che siamo pessimi alunni della storia, ma che con la guerra non si possono risolvere le difficoltà, le tensioni e le ingiustizie. La guerra è il folle tentativo di spegnere il fuoco con la benzina!

Lei si è occupato tanto di nonviolenza: suona come una provocazione o davvero è l’unica strada percorribile?

La nonviolenza è come la vita, va curata e protetta prima che diventi la vittima della violenza, come succede alla vita con la morte. Certo, gridare la nonviolenza mentre la violenza semina la morte, non soltanto sembra, ma diventa una provocazione. Chi è stato aggredito ha il diritto e il dovere di difendere se stesso e gli altri, perché non è umano lasciare che la violenza si impadronisca della vita. Però, il criterio che fa la differenza tra la violenza e la nonviolenza sta nel motivo con cui si usa la forza. Se la forza viene usata esclusivamente per fermare la violenza, la si può giustificare perché protegge e non annienta la vita. In questo senso, l’unica guerra “giusta” è quella che mira ad impedire e, se cominciata, a fermare la guerra. Una volta fermata la guerra, bisogna abbracciare la logica della nonviolenza per impedire che ricominci di nuovo. La nonviolenza non è una realtà a se stante, essa poggia sul fermo e solido fondamento della giustizia e della solidarietà. La cultura della nonviolenza è possibile solo in una cultura e in una mentalità che consideranoe praticano il poterecome servizio e non come oppressione dei deboli. Temo che siamo ancora molto lontani da questa mentalità e pratica, però i primi passi li dobbiamo fare. Per essere concreto, io mi auguro che da questa guerra insensata e dalla violenza disumana a cui stiamo assistendo, la Russia e l’Europa escano dall’epoca della pericolosa e inaccettabile diffidenza e ostilità. Venticinque anni fa posi ad un vescovo russo tuttora molto influente la domanda se lui vedesse il futuro della Russia nell’Unione Europea.Mi guardò come se gli avessi posto una domanda poco sensata e scortese. So bene, purtroppo, che anche tanti “europei” la pensano così. Però io sono convinto che questo atteggiamento è a danno di tuttie che il futuro pacifico e prospero dell’Europa è con e non contro la Russia, perché la Russia è Europa. Il popolo russo, nonostante tutti i crimini che i suoi dirigenti, solo nell’ultimo secolo, hanno commesso contro i popoli vicini, merita un trattamento di solidarietà e di amicizia, perché anch’esso è stato, e lo è tuttora, una grande vittima dei propri regimi. Questo, però, non negala necessità della condanna dell’invasione russa, che non è solo di Putin, e della solidarietà al popolo ucraino. Anzi! Infatti, intendiamoci, nessuno può far del bene a lungo ai Paesi vicini alla Russia spingendoli all’ostilità con essa. In questa luce bisogna interrogarci sulla responsabilità degli Stati Uniti d’America e dei loro alleati per la guerra in Ucraina! Che senso ha invitare o costringere un Paese a far parte della NATO rischiando il suo scontro con il “vicino nucleare”? Io non capisco coloro che oggi, con tutta ragione, condannano la Russia e mezzo secolo fa hanno appoggiato gli Stati Uniti d’America nella crisi cubana e senza riserva li appoggiano nel loro pericoloso agire nel mondo.Doppie misure così ovvie e plateali non hanno niente a che fare con la democrazia e inducono a pericoli e catastrofi “mai visti”!

La nonviolenza rimane l’unica strada che ci può portare a una civiltà della pace e della solidarietà. Ancora di più, la nonviolenza a noi cristiani è comandata; non possiamo definirci cristiani e aderire alla legge del potere come dominio e violenza. Detto questo, devo confessare che mi spaventa e mi fa pensare il fatto che prima dell’invasione russa sull’Ucraina, in “guerra” si sono trovate le Chiese sorelle, quella russo-ortodossa e quella ucraino-ortodossa che si ritiene autocefala. Abbiamo anche noi cristiani dimenticato o scartato la saggia lezione e l’invito del Profeta dei nostri tempi che, nonostante l’aver pagato sulla propria pelle la vicinanza del suo Paese alla Russia e la sua idea di un’Europa unita e democratica, insegnava che l’Europa per sopravvivere e prosperare deve respirare con i suoi due polmoni?Dio ci illumini le menti e sani i cuori per poter imboccare la strada che ci porta più vicini a Lui e tra di noi!

a cura di Laura Mandolini