Vite, pane e speranza, le vittime di ogni guerra. Parla il vescovo bosniaco Pero Sudar.

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Pero Sudar è stato vescovo ausialiare di Sarajevo, Bosnia Erzegovina

Pero Sudar è un vescovo cattolico. Nato in Bosnia Erzegovina, è stato consacrato vescovo il 6 gennaio 1994, quando il suo paese e la capitale Sarajevo vivevano l’inferno di una guerra che somiglia proprio tanto a quella che sta devastando l’Ucraina. Fino al 2019 è stato vescovo ausiliare della diocesi di Sarajevo, ideatore e promotore delle ‘Scuole per l’Europa’, tra i più raffinati ed ascoltati intellettuali dei Balcani. Grazie al decennale gemellaggio con l’Azione Cattolica senigalliese, nato all’indomani del conflitto balcanico, è forte il legame con la nostra realtà ed ha accolto l’invito a farci aiutare per tentare di comprendere quanto sta succedendo in Europa, oggi.

Torna la guerra vicina (visto che non è mai sparita dal mondo…),  il male totale. Abbiamo bisogno di tentare qualche spiegazione, anche se molto è fuori dalla nostra comprensione profonda…

Per poter spiegare la guerra, bisognerebbe entrare nelle teste e negli stati d’animo di coloro che la impongono. Ho avuto abbastanza tempo nelle notti durante il lungo assedio della città di Sarajevo per pensarci sopra e ho concluso che si dovrebbe uscire dal pensare normale, perché la guerra non è uno stato normale dell’animo umano. La guerra possono imporla solo le menti uscite dal loro uso normale, perché la guerra si oppone alla logica normale, che è la logica del bene. D’altra parte, la triste verità che nella conosciuta storia umana, secondo gli esperti, sono state solo due le settimane senza una guerra, ci costringe a riconoscere che l’essere umano è molto incline ad agire contro la logica del bene. Qui si pone la domanda di fondo: perché cerchiamo di continuodi raggiungere il bene percorrendo la strada del male? L’unica risposta potrebbe essere nella logica e cultura del tutto sbagliata e disumana in cui veniamo educati e che regna tra la maggior parte degli esseri umani, e cioè che la forza e il potere siano valori positivida raggiungere ad ogni costo. La logica del potere, che si nutre approfittando della debolezza dei deboli, necessariamente porta all’aggressione e induce alle guerre che diventano così non soltanto “logiche”, ma necessarie. Può sembrare assurdo, e in queste circostanze anche fuori luogo affermarlo, ma nel contesto della logica del potere, Putin non aveva altra scelta, visto che il suo avversario numero uno, identificato sotto il nome della NATO, cercava di arrivare ai confini non del suo Paese, ma della sua “zona di caccia”. Però, la verità è che la vita regolata dalla forza e della dominanza del più forte appartiene al mondo animalesco e non a quello umano! Questa guerratragica per tutti, in cui solo il primo ed immediato prezzo verrà pagato dal popolo ucraino, è una ennesima conferma e, forse, l’ultima occasione per abbandonare la logica animalesca ed accettare quella umana, perché ormai riguarda la pura sopravvivenza umana.  In fondo, si tratta dell’invito che Gesù ha rivolto ad ogni uomo e a tutte le generazioni: convertitevi!

Trent’anni fa iniziava un altro conflitto, nella ex Jugoslavia, che pensavamo inimmaginabile: cosa dice oggi quella terribile pagina di storia?

Quella pagina racconta la sola ed unica verità esprimibile: tutte le vite spezzate, le tante persone ferite e mutilate, i milioni di cacciati dalle loro terre e diventati profughi, le intere città e zone distrutte…non sono serviti a niente! E’ rimasto solo l’odio, l’intolleranza e, nelcaso della Bosnia Erzegovina, uno Stato “Frankenstein”, invenzione e regalo degli Stati Uniti d’America, da cui fugge chi può. Il conflitto e le guerre in ex Jugoslavia, come del resto dappertutto, hanno dimostrato che la guerra non risolve le difficolta già esistenti, ma ne aggiunge altre, più gravi e più complesse.  I popoli della ex Jugoslavia, sperando con la guerra di poter liberare i propri paesi e se stessi dai governanti comunisti, si sono consegnati ai potenti del mondo e oggirimpiangono il vecchio regime. Che sconfitta!

La guerra del sangue, quella del pane e quella della speranza. Ricordiamo in molti le sue parole, testimoniando quanto accadeva in Bosnia Erzegovina: quali sono state vinte, quali invece sanguinano ancora?

E’ difficile dirlo! In un certo senso, non ci siamo più esposti alla prova del sangue, dato che non si spara più. Non so, però, se si possa dire che sia passata la prova del pane. La grande disoccupazione è una delle conseguenze della guerra che ci riduce a un Paese estremamente povero. Tutte le fabbriche in cui lavorava tanta gente e che sono state distrutte in guerra non hanno più ripresole attività. La prova della speranza non è passata per niente. Anzi! Pare che divampi in modo più devastante che durante la guerra. Come è possibile? Mi chiederà. Durante il conflitto la gente nutriva la speranza che la guerra, seppur lunga e sanguinosa, un giorno sarebbe finita e che dopo la guerra si sarebbero create le condizioni per una vita normale e migliore. Questo, però, non è avvenuto. Nello Stato fantasma la guerra continua con tutti i mezzi, tranne le armi. Non potendo più resistere a questa prova della speranza, molta nostra gente, particolarmente i giovani, lasciano la Bosnia Erzegovina. Le statistiche dicono che abbiamo perso più abitanti nel periodo del dopoguerra che durante l’intera guerra. Questo vale in modo drammatico per i Croati cattolici.       

Qual è lo sguardo di chi vive nella sua terra su quanto accade nella vicinissima Ucraina?

Temo che la maggior parte della nostra gente, dopo aver sofferto tanto e perso quasi tutto,pensa con le teste dei contrapposti politici che ci rappresentano. Come siamo divisi in tutto, secondo l’appartenenza nazionale, così siamo divisi anche sulla guerra in Ucraina. Proprio oggi (04.03.) è stata interrotta la seduta della Presidenza collegiale a causa degli opposti pareri dei suoi membri sulla posizione che il nostro Paese dovrebbe prendere a riguardo della guerra in Ucraina. Purtroppo, nonostante le esperienze tragiche della nostra guerra, non vengono prese in considerazione, prima di tutto le vite umane, la pace e la libertà dei popoli, ma ci si schiera da una o dall’altra parte, tenendo conto dei propri interessi o dei legami storici, politici e religiosi. Anche questo illustra che cosa ci ha lasciato la guerra e in che condizioni ci mantiene la pace ingiusta e la amorale soluzione politica imposta a Dayton, e ancora di più la sua dispotica implementazione. Purtroppo i “grandi” della terra ci governano servendosi dell’arroganza, tenendo conto solo degli interessi del loro potere.Questa è diventata la grande minaccia per il futuro della nostra specie checi dovrebbe svegliare prima che sia troppo tardi. Dio, a cui abbiamo attribuito di essere onnipotente, ci rivela in Gesù Cristo che il vero potere sta nella capacità e nella disponibilità a rinunciare a dominare l’altro, a favore della dignità e della libertà di ogni uomo. Il vero uomo, credente o meno, segue questa strada perché solo così, seguendo l’esempio del Figlio dell’uomo, salva la propria missione e dignità e si fa promotore attivo della libertà degli altri.

Le luci si sono spente su tanti altri terreni sconvolti e lasciati a loro stessi (Siria, Afghanistan, Yemen, Congo…). Davvero gli uomini non imparano nulla dalla storia?

Tutte queste guerre dimenticate testimoniano non soltanto che siamo pessimi alunni della storia, ma che con la guerra non si possono risolvere le difficoltà, le tensioni e le ingiustizie. La guerra è il folle tentativo di spegnere il fuoco con la benzina!

Lei si è occupato tanto di nonviolenza: suona come una provocazione o davvero è l’unica strada percorribile?

La nonviolenza è come la vita, va curata e protetta prima che diventi la vittima della violenza, come succede alla vita con la morte. Certo, gridare la nonviolenza mentre la violenza semina la morte, non soltanto sembra, ma diventa una provocazione. Chi è stato aggredito ha il diritto e il dovere di difendere se stesso e gli altri, perché non è umano lasciare che la violenza si impadronisca della vita. Però, il criterio che fa la differenza tra la violenza e la nonviolenza sta nel motivo con cui si usa la forza. Se la forza viene usata esclusivamente per fermare la violenza, la si può giustificare perché protegge e non annienta la vita. In questo senso, l’unica guerra “giusta” è quella che mira ad impedire e, se cominciata, a fermare la guerra. Una volta fermata la guerra, bisogna abbracciare la logica della nonviolenza per impedire che ricominci di nuovo. La nonviolenza non è una realtà a se stante, essa poggia sul fermo e solido fondamento della giustizia e della solidarietà. La cultura della nonviolenza è possibile solo in una cultura e in una mentalità che consideranoe praticano il poterecome servizio e non come oppressione dei deboli. Temo che siamo ancora molto lontani da questa mentalità e pratica, però i primi passi li dobbiamo fare. Per essere concreto, io mi auguro che da questa guerra insensata e dalla violenza disumana a cui stiamo assistendo, la Russia e l’Europa escano dall’epoca della pericolosa e inaccettabile diffidenza e ostilità. Venticinque anni fa posi ad un vescovo russo tuttora molto influente la domanda se lui vedesse il futuro della Russia nell’Unione Europea.Mi guardò come se gli avessi posto una domanda poco sensata e scortese. So bene, purtroppo, che anche tanti “europei” la pensano così. Però io sono convinto che questo atteggiamento è a danno di tuttie che il futuro pacifico e prospero dell’Europa è con e non contro la Russia, perché la Russia è Europa. Il popolo russo, nonostante tutti i crimini che i suoi dirigenti, solo nell’ultimo secolo, hanno commesso contro i popoli vicini, merita un trattamento di solidarietà e di amicizia, perché anch’esso è stato, e lo è tuttora, una grande vittima dei propri regimi. Questo, però, non negala necessità della condanna dell’invasione russa, che non è solo di Putin, e della solidarietà al popolo ucraino. Anzi! Infatti, intendiamoci, nessuno può far del bene a lungo ai Paesi vicini alla Russia spingendoli all’ostilità con essa. In questa luce bisogna interrogarci sulla responsabilità degli Stati Uniti d’America e dei loro alleati per la guerra in Ucraina! Che senso ha invitare o costringere un Paese a far parte della NATO rischiando il suo scontro con il “vicino nucleare”? Io non capisco coloro che oggi, con tutta ragione, condannano la Russia e mezzo secolo fa hanno appoggiato gli Stati Uniti d’America nella crisi cubana e senza riserva li appoggiano nel loro pericoloso agire nel mondo.Doppie misure così ovvie e plateali non hanno niente a che fare con la democrazia e inducono a pericoli e catastrofi “mai visti”!

La nonviolenza rimane l’unica strada che ci può portare a una civiltà della pace e della solidarietà. Ancora di più, la nonviolenza a noi cristiani è comandata; non possiamo definirci cristiani e aderire alla legge del potere come dominio e violenza. Detto questo, devo confessare che mi spaventa e mi fa pensare il fatto che prima dell’invasione russa sull’Ucraina, in “guerra” si sono trovate le Chiese sorelle, quella russo-ortodossa e quella ucraino-ortodossa che si ritiene autocefala. Abbiamo anche noi cristiani dimenticato o scartato la saggia lezione e l’invito del Profeta dei nostri tempi che, nonostante l’aver pagato sulla propria pelle la vicinanza del suo Paese alla Russia e la sua idea di un’Europa unita e democratica, insegnava che l’Europa per sopravvivere e prosperare deve respirare con i suoi due polmoni?Dio ci illumini le menti e sani i cuori per poter imboccare la strada che ci porta più vicini a Lui e tra di noi!

a cura di Laura Mandolini

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