Gli anziani e la pandemia: non lasciamoli soli

Scritto il . Pubblicato in , .

Molti hanno avuto il grande privilegio di vivere e crescere con i propri nonni. Quanto tempo trascorso insieme, quando i genitori erano al lavoro e che belli i ricordi legati alla loro casa, ai pranzi della domenica, al Natale insieme. Sempre presenti a ogni compleanno, a ogni evento importante della vita, sulle foto ricordo ma soprattutto parte quotidiana della nostra esistenza e delle nostre famiglie. Persone che hanno vissuto nel loro lungo percorso di vita gli eventi più significativi della storia, anche in prima persona, come la guerra, i campi di prigionia, l’emigrazione. Persone e personaggi perché punti di riferimento non solo delle famiglie ma anche di interi paesi. Se ne conoscono diversi di questi “simboli viventi”, sempre in mezzo ai giovani, come se non avessero età. Infatti erano e sono proprio loro che con quella straordinaria forza interiore danno l’impulso ai più giovani per andare avanti. Ne hanno viste tante nella vita, ne hanno superate molte, anche l’ultimo terremoto che ha costretto alcuni, nelle zone colpite dal sisma, a lasciare la propria casa, il proprio mondo, seppure solo temporaneamente, e lo hanno fatto con accettazione, con lo spirito di chi, nonostante l’età, spera sempre nel domani e confida fortemente in Dio. Sì, perché è proprio la fede a sorreggere la loro esistenza, la preghiera costante, quotidiana. Ci hanno insegnato tutto i nonni, il rispetto per la vita e per gli altri, l’amore per Dio che vede e provvede. Insieme ai nonni sono diversi gli anziani che fanno parte della nostra realtà, come i molti ospiti delle Rsa presenti sul nostro territorio. Loro, i più deboli della società, a cui serve una mano, che sia una parola, un aiuto nel lavarsi, un supporto per passeggiare, sono quelli che ricambiano questi semplici favori con doni molto più grandi, di cui non riusciremmo a fare a meno: l’esempio, l’amore, la forza. Alcuni di essi non sono più presenti fisicamente, ma tutto quello che ci hanno lasciato non lo dimenticheremo mai. E quando non ci sono più, è come se mancasse tutto, perché sono loro che reggono il mondo, i pilastri della società. Le nuove generazioni non possono fare altro che imparare. “Il giovane cammina più veloce dell’anziano, ma l’anziano conosce la strada”, recita un proverbio africano.

L’ultima prova che hanno e che abbiamo dovuto affrontare è stato il diffondersi del coronavirus. E purtroppo le maggiori vittime di questa situazione sono stati proprio loro, i nostri amati “vecchietti”, costretti a restare mesi chiusi in casa o nelle camere delle Rsa, lontani dai loro affetti, troppo estranei alle nuove tecnologie che utilizziamo per vederci e comunicare a distanza. In fondo hanno bisogno solo di presenze, di qualcuno che gli dedichi un po’ di tempo, di qualcosa che li tenga impegnati, nei limiti del possibile, e che li faccia sentire ancora “utili” e “vivi”. Sono fortunati quegli anziani che ancora sono in salute e che possono trascorrere il tempo magari dedicandosi alla cucina, alle attività agricole o semplicemente godere dell’aria aperta. Le statistiche ci dicono che in Italia più dell’80% delle persone che hanno perso la vita aveva più di 70 anni. “Non lasciamo solo gli anziani, perché nella solitudine il coronavirus uccide di più”, è l’appello della Santa Sede che richiama l’attenzione su una generazione che “sta pagando il prezzo più alto della pandemia”. Agli anziani il Vaticano volge un “pensiero preoccupato e grato, per restituire almeno un po’ di quella tenerezza con la quale ciascuno di noi è stato accompagnato nella vita”. “E’ la piaga della solitudine quella che colpisce, meno visibile delle altre, persone avanti con gli anni e per le quali questa condizione di abbandono è in molti casi la patologia pregressa. Di fronte allo scenario di una generazione colpita in maniera così pesante, abbiamo una responsabilità comune, che nasce dalla consapevolezza del valore inestimabile di ogni vita umana e dalla gratitudine verso i nostri padri e i nostri nonni.” E’ questa la parola chiave: “gratitudine”. Non faremo mai abbastanza per ricambiare il loro amore, non saremo mai bravi nell’affrontare la vita quanto le generazioni passate. Ma, augurandoci che la situazione al più presto si evolva in meglio, possiamo continuare a custodire questo immenso tesoro delle nostre famiglie e dell’intera società e non lasciarli mai soli.

Barbara Fioravanti

ASCOLTA IN STREAMING