San Carlo Borromeo, l’anima della Controriforma cattolica dipinta da Claudio Ridolfi

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Giovedì 4 novembre si è ricordata la figura di Carlo Borromeo, cardinale e arcivescovo italiano, venerato come santo dalla Chiesa cattolica. San Carlo, canonizzato nel 1610 da papa Paolo V, è considerato, assieme a San Filippo Neri e a Sant’Ignazio di Loyla, uno dei massimi riformatori della Chiesa Cattolica nel XVI secolo e uno dei principali protagonisti di quella Controriforma con la quale il Cattolicesimo, passando attraverso il Concilio di Trento, ha voluto dare una risposta alla Riforma protestante di Martin Lutero.
Tra le altre innovative proposte, San Carlo è oggi in particolar modo ricordato per l’istituzione dei seminari per la formazione e l’educazione dei presbiteri.

Un personaggio, dunque, molto importante che possiamo ritrovare, dipinto da Claudio Ridolfi, in una grande pala d’altare conservata all’interno della Chiesa di Santa Barbara a Barbara. Il Ridolfi (Verona, 1570 circa – Corinaldo, 1644), allievo di Federico Barocci, molto attivo nei territori della Diocesi di Senigallia e con tantissime committenze anche nella provincia di Pesaro e Urbino, dipinse in età matura una tela raffigurante la Madonna con Bambino, l’Arcangelo Michele, San Nicola da Tolentino, San Giuseppe e, appunto, San Carlo Borromeo, che venne successivamente poi collocata all’interno della chiesa barocca dedicata a Santa Barbara.

Madonna con Bambino, l’Arcangelo Michele, S. Nicola da Tolentino, S. Giuseppe e S. Carlo Borromeo, Claudio Ridolfi (Verona, 1570 circa – Corinaldo, 1644), Chiesa di Santa Barbara, Barbara (AN)

La chiesa che noi possiamo oggi ammirare venne ricostruita nel 1694, per opera del cardinal Carlo Barberini, sulle fondamenta della vecchia sede e non sappiamo se l’opera del Ridolfi fosse già presente nel precedente luogo di culto. È però probabile che la sua collocazione fosse altrove poiché la vecchia chiesa, che si apriva sempre sotto la volta dell’arco di Santa Barbara, non era altro che un piccolo ambiente ricavato in una casa privata quattrocentesca dallo stesso proprietario, che volle così ringraziare la Santa dello scampato pericolo durante l’assedio del 1461 da parte di Sigismondo Malatesta.

Nell’opera, che circondano le figure della Vergine Maria e del Cristo Bambino posizionate in alto a destra sopra un altare in pietra, troviamo San Nicola da Tolentino, con il giglio candido (Lilium candidum) stretto a sé con il braccio sinistro, l’Arcangelo Michele, riconoscibile per le ali, l’armatura, la bilancia, la spada e il Diavolo schiacciato sotto il suo piede, San Giuseppe, che stringe nella mano destra una verga fiorita e uno strumento da artigiano, e infine San Carlo Borromeo, solitamente identificabile per la presenza del pastorale, della mitria, del pallio, del libro o del teschio e che qui invece, poiché assenti tutti i suoi principali attributi, riusciamo a riconoscere grazie ai distintivi tratti somatici del suo volto.

Come nella restante e vasta iconografia seicentesca anche in questo caso Claudio Ridolfi scelse di raffigurare il Santo con il volto glabro; in realtà Carlo Borromeo portò sempre la barba e cominciò a radersi soltanto nel 1576, durante la prima grande peste, mantenendo poi questa abitudine negli ultimi suoi otto anni di vita in segno di penitenza.  

Marco Pettinari

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