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Tag: accoglienza

20 giugno, giornata mondiale del rifugiato: riflettere sui motivi di chi lascia il proprio paese

20 giugno: giorno in cui tutto il mondo celebra la Giornata mondiale del rifugiato, appuntamento voluto dalle Nazioni Unite per riconoscere la forza, il coraggio e la volontà di milioni di persone costrette a fuggire a causa di guerre, violenza, persecuzioni e violazioni dei diritti umani. L’inasprimento dei conflitti a livello globale, la crisi climatica e gli effetti secondari, come l’insicurezza alimentare, costringono oltre 120 milioni di persone ad abbandonare le proprie case alla ricerca di sicurezza e protezione. 

I bisogni umanitari sono sempre più ingenti, le risorse a disposizione dell’assistenza umanitaria sempre più scarse: tutto questo, insieme a una crisi di responsabilità collettiva, non fa che peggiorare la già logorata vita dei rifugiati, soprattutto di donne e bambini, le vittime principali.

Per questo oggi vogliamo ricordare e fermarci a riflettere sulla Giornata Mondiale del Rifugiato 2025, che dev’essere un’occasione per mostrare concretamente la nostra solidarietà, mettersi in ascolto e comprendere chi è costretto a fuggire. Mai come quest’anno è importante sostenere chi ogni giorno lotta per la sopravvivenza in Sudan, Etiopia, Repubblica Democratica del Congo, Ciad, paesi dove si sta consumando una terribile crisi umanitaria, aggravata dai recenti tagli agli aiuti.

I rifugiati vanno riconosciuti come risorse preziose per le comunità di accoglienza e un’occasione per promuovere l’inclusione economica e sociale di chi cerca un nuovo inizio. Con il giusto supporto, le persone rifugiate possono contribuire in modo significativo all’innovazione, allo sviluppo economico e alla costruzione di società più inclusive.

I due SAI (Sistema di accoglienza e integrazione) che come Fondazione Caritas Senigallia gestiamo nel territorio dei Comuni dell’Unione e dell’Ambito sono dedicati agli adulti. Dal 2014 accogliamo numerosi beneficiari e beneficiarie in centri di accoglienza e appartamenti dislocati sul territorio a seconda delle esigenze individuali e familiari (Senigallia, Trecastelli, Ostra, Serra de’ Conti e Corinaldo). 

Attualmente (dati al 20/05/2025) sono 90 (39 uomini, 51 donne di cui 34 minori) e provengono da svariati paesi. La forza dei progetti SAI continua a essere l’approccio che supera la dimensione primaria per guardare all’emancipazione e fare accoglienza integrata verso il rifugiato: prevede cioè misure di informazione, accompagnamento, assistenza e orientamento delle persone, costruendo percorsi individuali che mirano alla riconquista dell’autonomia e all’inserimento sociale ed economico di ognuno nel territorio e nella comunità di appartenenza.

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Rapporto immigrazione 2024: «cittadini stranieri in aumento, occasione per parlare di accoglienza e cittadinanza» – L’INTERVISTA

Recentemente è stato presentato il rapporto immigrazione di Caritas e fondazione Migrantes. Un documento in cui si fotografa la situazione in Italia legata al fenomeno migratorio, fornendo dati e fonti. Di tutto questo abbiamo parlato con don Paolo Gasperini, sacerdote della diocesi di Senigallia e referente locale per la fondazione Migrantes. Quest’ultima è un organismo pastorale della Conferenza Episcopale Italiana che si occupa proprio di far conoscere il fenomeno delle migrazioni, stimolare riflessioni nella società civile e promuovere comportamenti di accoglienza. L’intervista è in onda venerdì 18 ottobre e sabato 19 alle ore 13:10 e alle ore 20, mentre domenica 20 lo sarà a aprtire dalle 16:50 la terza di tre interviste consecutive. Qui è presente l’audio integrale e un estratto del testo.

Partiamo intanto da ciò che c’è scritto nel report.
Tutti gli anni verso la fine dell’anno la Caritas italiana insieme alla Fondazione Migrantes, che è l’organismo che si occupa delle immigrazioni all’interno della Chiesa, presentano un rapporto immigrazione per l’anno, mettendo in evidenza la tendenza, quello che sta succedendo. È una fotografia, non si danno giudizi di valore ma sono dei numeri che però aiutano a leggere la situazione e questo è molto importante perché a volte noi abbiamo una precomprensione che non parte dai numeri reali o dalle situazioni reali, ma da una nostra idea che non sempre corrisponde alla realtà. 

Quali sono le tendenze?
I cittadini stranieri, parliamo di cittadini stranieri residenti in Italia, quindi che non hanno cittadinanza italiana, ma sono residenti, in parte hanno anche la cittadinanza, in tutta Italia sono circa il 9%, da noi nel nostro territorio sono un po’ di meno, circa il 6,5%, ma anche questa distribuzione è disomogenea in tutta Italia, sono più presenti al nord e molto meno presenti al sud. Sono leggermente in aumento, per esempio lo scorso anno sono aumentati di circa 3%, parliamo di circa 200 mila persone in più. Se teniamo conto che la tendenza della popolazione in Italia tende sempre a diminuire, ci rendiamo già immediatamente conto come di fatto i cittadini stranieri, residenti in Italia, garantiscono anche il mantenimento di certi servizi. I principali paesi di provenienza sono in Italia, ma questo lo si rispecchia anche un po’ nella nostra zona, la Romania, il Marocco, l’Albania, l’Ucraina, la Cina, l’Egitto, l’India, il Bangladesh, le Filippine, con percentuali diverse. 

E per quanto riguarda il lavoro di queste persone?
Aumenta anche il tasso di occupazione dei cittadini stranieri residenti in Italia, con nuove assunzioni che tutti gli anni aumentano di qualche punto percentuale. Dall’anno scorso sono aumentate circa il 4%, sono 2 milioni di assunzioni in più di fatto, molti nella cura dei lavori domestici, un 10%, molti negli alberghi e nei lavori stagionali, anche nell’agricoltura e anche nelle costruzioni. Un dato molto interessante è la presenza dei giovani. 

Che ripercussioni sull’aspetto religioso?
Anche l’appartenenza religiosa è un dato interessante, perché abbiamo una percezione molto forte dei musulmani, ma in realtà la maggior parte delle persone sono cristiane, in maggioranza è di religione ortodossa, ma i cristiani sono più del 50%, in percentuale i musulmani sono di più degli ortodossi, sono quasi il 30%, però i cristiani sono il 50% e questo ci dà anche come chiesa un’indicazione su come intervenire, noi pensiamo sempre a un dialogo interreligioso, c’è anche un dialogo tra le confessioni cristiane e un’accoglienza dei cattolici stessi che sono quasi il 20% di tutte le persone immigrate. 

Come fotografia in sé il report dà delle indicazioni molto importanti al mondo politico, ma le politiche poi vengono calibrate su questo report? 
Di fatto no, non c’è un ascolto, pensate che quando si fanno questi report si attingono a tutte le fonti che ci sono, ai dati… Però pensiamo all’aspetto dell’integrazione, se ne parla pochissimo, perché si è molto più sbilanciati sul discorso sicurezza, sul discorso lavoro, ma altri aspetti si considerano abbastanza poco. Si parla molto della prima accoglienza, sembra che sia la parte più consistente del fenomeno migratorio, ma in realtà rispetto ai numeri dei migranti già presenti in Italia che sono più di 5 milioni, capiamo che il fenomeno va considerato in un contesto molto più ampio, purtroppo siamo sempre presi dall’emergenza e l’emergenza non ti aiuta a progettare. 

Diciamo più che è un fenomeno ormai cronico? 
È strutturale, di fatto anche c’è un forte bisogno di lavoro, anche biecamente se vogliamo guardare l’interesse proprio, l’Italia ha bisogno di lavoratori, perché certi lavori non li fa più nessuno, pensiamo appunto al lavoro della cura delle persone e chi lo fa? Un lavoro che è andato in espansione enorme, ma che le persone italiane per tanti motivi non lo fanno o non sono in grado di farla, perché non possono stare 24 ore al giorno a casa di altri, lavori stagionali, chi fa lavori stagionali? A volte anche con una paga abbastanza bassa e non lo fa nessuno, ma abbiamo visto anche tutta la questione del turismo, molti si lamentano che non trovano persone a lavorare a livello stagionale, però concretamente le condizioni sono abbastanza faticose e quindi non tutti sono disposti ad accettare questi lavori, quindi la situazione è certo complessa, ma a volte con una scusa complessità non si affrontano neanche le cose che si potrebbero affrontare. 

Per quanto riguarda il tema della cittadinanza, cosa ci puoi dire?
Quest’anno sono state 200 mila le persone che hanno avuto la cittadinanza italiana, perché dopo 10 anni di residenza provata, il lavoro etc., di fatto ci sono persone che nascono in Italia, parlano i nostri dialetti, crescono come i ragazzi, ma hanno aspettato la maggiore età per fare domanda di cittadinanza, ma sono italiani a tutti i effetti. Tra l’altro la poca integrazione, cosa comporta? Comporta la ghettizzazione, ora ci sono, bisogna dire molto onestamente, persone provenienti da paesi che non hanno molto desiderio di integrazione, altri invece ce l’hanno molto, e a volte questo gli viene un po’ precluso, perché comunque tu non sei cittadino italiano fino alla maggiore età: si fa tutto con i cittadini italiani però non si è cittadini italiani. Io penso che lo strumento della cittadinanza non è risolutivo, ma è lo strumento che aiuta le persone a anche integrarsi, mi sento parte fino in fondo di questo paese, non sono un ospite, non devo aspettare la maggiore età, poi sappiamo quanto si anticipa anche la consapevolezza da parte dei ragazzi, un ragazzino di 13, 14, 15 anni che fa tutte le cose che fanno gli altri ragazzi, che è nato in Italia, che è stato a scuola sempre con tutti, non è cittadino italiano, devo aspettare la maggiore età e questo diventa un motivo anche di discriminazione.

Conoscere questo report potrebbe essere utile anche a tutti noi per abbattere alcune barriere? 
Penso di sì, perché quando conosci i numeri ti rendi conto di quelli che sono i fenomeni reali, si può fare una battuta, questo gran cancan di questi centri in Albania: di fatto sono arrivati in 16 in questa fase, quindi quando la realtà è superiore all’idea o all’ideologia, la realtà è molto più immediata, tant’è che nella presentazione del report, il Paese reale è molto più avanti delle idee politiche che uno può avere, perché la realtà precede sempre l’idea e va sempre avanti, è sempre più concreta, è sempre più reale, è sempre più autentica, purtroppo manca questo ascolto alla realtà e ci si fida di qualche giudizio, di qualche opinione non correlata ai fatti. Qui il report ti dà i dati, le fonti, altri fanno delle sparate che sono fondate sul nulla, o su un’idea che tu hai, ma che non corrisponde alla realtà.

Per approfondimenti: il rapporto 2024 “Popoli in cammino”.

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Bambini e ragazzi ucraini in vacanza a Senigallia per superare il trauma della guerra

Bambini e ragazzi ucraini in vacanza a Senigallia per superare il trauma della guerra (estate 2023)
Bambini e ragazzi ucraini in vacanza a Senigallia per superare il trauma della guerra (estate 2023, fonte Caritas Senigallia)

Saranno 70 bambini e ragazzi, provenienti dall’Ucraina martoriata dalla guerra, gli ospiti della nuova edizione del progetto di accoglienza temporanea “È più bello insieme” promosso dalla Caritas italiana insieme alle Caritas ucraine. L’idea è quella di permettere ai giovanissimi, traumatizzati dal conflitto in atto e dai bombardamenti russi, di passare giornate di svago e serenità attraverso campi estivi in ambienti sicuri e ospitali.

Due gruppi da 35 minori ciascuno, tra i 6 e 17 anni, arriveranno nei periodi dal 19 luglio all’1 agosto e dal 12 al 31 agosto: vivranno insieme ai coetanei italiani giornate al mare con animazione da parte dei volontari e uscite sul territorio vallivo e fino all’appennino marchigiano. Soggiorneranno a Senigallia, la località costiera tra le più suggestive delle Marche.

Per la Caritas di Senigallia è il secondo anno di partecipazione al progetto: in collaborazione con la fondazione Mirco Giacomelli, ha infatti abbracciato l’idea di offrire un periodo di vacanza in Italia a bambini e ragazzi che subiscono quotidianamente le conseguenze della guerra. Da oltre due anni il conflitto e lo stato di emergenza conseguente ai bombardamenti, agli attacchi e alle sirene si ripercuotono gravemente sullo stato psicologico degli adulti e dei minori, costretti a rifugiarsi dentro scantinati e rifugi antiatomici per ripararsi da droni e bombe. Una situazione dove viene continuamente alimentata la paura.

In Italia almeno 500 giovani potranno rigenerarsi prima della ripresa delle lezioni scolastiche. Un modo per elaborare il trauma della guerra, in un contesto di ospitalità e fiducia nella pace futura.

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Migrazioni: viaggio nella rotta balcanica. L’accoglienza che non ti aspetti (in Italia)

Il "silos" a Trieste, dove si radunano centinaia di migranti che vivono in condizioni disumane
Il “silos” a Trieste, dove si radunano centinaia di migranti che vivono in condizioni disumane

E’ Laura Mandolini, giornalista e direttrice de La Voce Misena e Radio Duomo, l’ospite dell’ultima intervista realizzata per Venti Minuti da Leone. Di recente è stata in viaggio in alcuni paesi dell’est Europa attraverso i quali si snoda la cosiddetta “rotta balcanica”, uno dei lunghissimi percorsi che vedono passare ogni anno centinaia di migliaia di migranti. In alcuni punti sono assistiti da associazioni di volontariato che preparano cibo e posti letto per i migranti in fuga dai propri paesi in guerra o dalla povertà, in altri trovano dei centri di accoglienza più o meno attrezzati ma si trovano anche numerosi rifugi di fortuna, dove le condizioni igienico sanitarie ma anche umane sono vergognose. Uno di questi è a Trieste ma è proprio la nostra direttrice a raccontarcelo.

L’intervista sarà in onda oggi, venerdì 14 giugno, alle ore 13:10 e alle 20; domani – sabato 15 giugno – agli stessi orari e infine domenica 16 a partire dalle 17:15 sempre su Radio Duomo Senigallia/In Blu (95.2FM). Per ascoltarla qui basterà cliccare sul tasto play del lettore multimediale; chi vorrà potrà anche proseguire con la lettura.

Partiamo dalle basi: cos’è la rotta balcanica?
La rotta balcanica è quel percorso che viene fatto da migliaia di persone che emigrano da vari paesi per entrare nell’unione europea. Tocca Turchia, Bulgaria, Macedonia, Serbia, Montenegro, Bosnia Erzegovina, Croazia e Italia per poi approdare nei vari paesi nel nord Europa, in particolare la Germania. Sono luoghi che pur essendo vicini fisicamente, sono in realtà molto lontani nell’immaginario collettivo. Al di là del mare Adriatico c’è la Croazia e oltre quella c’è un mondo che non conosciamo se non accade qualcosa di grave che si riverberi su di noi. Come un po’ per l’Africa.

Che viaggio hai fatto?
Assieme a due colleghi giornalisti, al delegato Caritas regionale e al direttore Caritas di Ancona e Osimo abbiamo fatto un viaggio nei luoghi in cui le Caritas di Montenegro e Serbia sono coinvolte nell’accoglienza e assistenza dei migranti. Il progetto Re-map ha portato l’anno scorso alcuni giovani delle diocesi a fare volontariato in un campo profughi in Bosnia Erzegovina dove si sono ritrovati assieme agli operatori Caritas locali. Da lì è nata una collaborazione con la Caritas delle Marche e soprattutto la volontà di raccontare la verità sulle migrazioni, senza strattonare il tema per fini politici, come nelle recenti elezioni europee. Il nostro compito era proprio quello di documentare per poi poter raccontare.

Chi percorre questa rotta balcanica?
Tantissimi sono quelli scappati dalla guerra in Siria, poi ci sono gli iraniani, gli afghani e le afghane che rischiano la propria vita per aver collaborato con i paesi occidentali prima dell’arrivo dei talebani. Ma si devono aggiungere anche coloro che arrivano coi barconi in Turchia e poi proseguono a piedi il loro viaggio dal Maghreb o da altri paesi dell’Africa, e infine anche coloro che fuggono da Ucraina e dalla Russia. C’è veramente tutto il mondo.

Uno dei centri di accoglienza gestiti dall'Unhcr per aiutare i migranti lungo la rotta balcanica
Uno dei centri di accoglienza gestiti dall’Unhcr per accogliere i migranti lungo la rotta balcanica

Lo scopo era quindi documentare e raccontare le migrazioni?
Sì ma anche e soprattutto le azioni che le Caritas di Serbia e Montenegro compiono a supporto dei migranti.

Che situazioni hai potuto toccare con mano?
Ho in mente due ragazzi, uno russo e uno ucraino, entrambi fuggiti dal proprio paese e arrivati nel Montenegro, entrambi vorrebbero vivere in pace, ma conoscono i governanti e sanno di avere poche prospettive. Uno sguardo davvero rassegnato sul loro destino.

Raccontaci cosa hai trovato in Italia
A tre metri dalla stazione centrale di Trieste c’è una struttura, un silos per i cereali dell’impero asburgico, ora abbandonato, dove i migranti trovano rifugio. Ma le condizioni sono disumane, è il posto in assoluto più brutto e degradante del nostro viaggio che non ci saremmo mai aspettati di trovare in Italia e in una società civile (FOTO in alto, Ndr). Topi, rifiuti, fango quando piove, vi lascio immaginare la situazione che si può creare. Solitamente ci rimangono due o tre mesi. Alcuni volontari la sera allestiscono una mensa per un pasto caldo, per un po’ d’acqua. C’è un’associazione, Linea d’Ombra, avviata da una signora di 82 anni e da suo marito che si occupa persino di fare il massaggio ai piedi di queste persone che camminano per chilometri. Il 7 luglio arriverà il papa a Trieste per la settimana dei cattolici italiani e si pensa che verrà ripulito tutto. Speriamo che venga chiuso del tutto, anche perché la Caritas di Trieste sta predisponendo centinaia di posti letto per un’accoglienza dignitosa.

Quando e dove racconterete ciò che avete visto tu e gli altri due giornalisti?
Inizieremo il prossimo 17 giugno a Filottrano (Ancona) con i giovani che hanno preso parte a quel progetto di cui sopra e poi toccheremo varie località delle Marche per raccontare un fenomeno che ha necessità di verità e dati. Incontreremo anche le prefetture, ma non solo per promuovere esperienze e percorsi e parlare così di migrazioni senza strumentalizzazioni.

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A Montemarciano accolti sei giovani migranti salvati dalla Ocean Viking nel Mediterraneo

Migrazioni, profughi, rifugiati

Tra i 32 minori non accompagnati sbarcati al porto di Ancona lo scorso 18 marzo, sei sono stati affidati alla fondazione Caritas Senigallia, come disposto dalla Prefettura di Ancona. Ora sono accolti in una struttura, il centro di accoglienza straordinario a Montemarciano (Ancona) dove la fondazione senigalliese ha già accolto altri ospiti minorenni.

«Siamo stati contattati dalla Prefettura – ha spiegato il presidente della fondazione Caritas Senigallia Giovanni Bomprezzi – per dare una mano nell’accoglienza dei giovani migranti. I nostri operatori si sono resi subito disponibili per essere presenti e collaborare durante lo sbarco ad Ancona».

Sono sei ragazzi provenienti dalla Siria, hanno un’età compresa tra i 14 e i 17 anni, e sono stati salvati dalla nave umanitaria Ocean Viking della ong europea Sos Mediterranée in due distinte operazioni tra il 13 e il 14 marzo scorsi. Oltre al gruppo di 32 minori non accompagnati, sulla nave erano presenti anche altri 21 minori assieme alle loro famiglie. Gli adulti in totale erano 283 (31 donne e 252 uomini) provenienti anche da Pakistan, Egitto e Mali.

Ai sei ospiti di Montemarciano sono stati consegnati i kit di accoglienza. «Ancora non si sono aperti con i nostri operatori – spiega ancora Bomprezzi – ma è presto, sono appena arrivati e quindi abbiamo poche informazioni, ma sono contenti di essere rimasti insieme tutti e sei della stessa nazionalità». Non è stata ancora specificata la durata dell’accoglienza a Montemarciano, che può variare da pochi giorni ad alcuni mesi in base alle indicazioni della Prefettura dorica.

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Cas migranti: siglato un protocollo d’intesa tra Prefettura e Comune di Serra de’ Conti

L'ex hotel de' Conti in via Santa Lucia a Serra de' Conti potrebbe trasformarsi in un centro di accoglienza straordinario per migranti
L’ex hotel de’ Conti in via Santa Lucia a Serra de’ Conti

Buone notizie per Serra de’ Conti, dove la questione migranti era entrata forzatamente nel dibattito cittadino. Da tempo infatti si parla del Cas – centro di accoglienza straordinario – che dovrà sorgere al posto dell’ex hotel De’ Conti, lungo via Santa Lucia. Una questione che aveva fatto subito rimanere perplessi molti cittadini per via del numero di persone straniere, tra 50 e 100, da integrare in una popolazione di appena 3.550 abitanti. Da qui la nascita di un apposito gruppo, il comitato 13 Marzo, che da mesi monitora la vicenda.

Ma il comitato è andato oltre, sollecitando la Prefettura dorica con risposte che prima non erano arrivate da altre parti. E così ha elaborato un protocollo d’intesa che è stato siglato nei giorni scorsi, il 23 febbraio 2024 per la precisione, dal nuovo prefetto Saverio Ordine e dalla sindaca serrana Letizia Perticaroli.

Il protocollo d’intesa è finalizzato a concordare e specificare gli aspetti concernenti l’accoglienza dei migranti nel CAS a Serra de’ Conti. «Il documento – si legge in una nota stampa – si pone l’obiettivo di procedimentalizzare alcune attività relative all’accoglienza, in via prioritaria di nuclei familiari, anche monoparentali, e di richiedenti protezione internazionale in generale, al fine di garantire un più agevole inserimento degli ospiti della struttura nel tessuto sociale del Comune. In particolare, il protocollo si propone di garantire servizi specifici concernenti i minori stranieri non accompagnati».

Tra i compiti, la Prefettura di Ancona si impegnerà a sensibilizzare le forze dell’ordine per prevenire e risolvere problematiche eventualmente insorte nel territorio e ad effettuare periodici controlli sulla struttura; contemporaneamente ci sarà l’impegno da parte dell’amministrazione comunale nella mobilitazione di una rete di volontari e cittadini. Lo scopo sarà quello di facilitare i percorsi di autonomia anche lavorativa e di inserimento dei richiedenti asilo nella comunità. A QUESTO LINK, il testo dell’accordo.

Soddisfazione è stata espressa dunque dal comitato 13 Marzo che rimarca la vicinanza della prefettura ma anche l’immobilismo del primo cittadino. L’organizzazione che oggi conta oltre 750 aderenti, è nata non per ostacolare l’arrivo di migranti nel territorio, come disposto dalle autorità governative, ma per riequilibrare la presenza di richiedenti asilo in base alla popolazione locale, così da non turbare la comunità e agevolarne l’inserimento.

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Turismo e servizi: a Marotta sventolerà la bandiera dell’accoglienza

A Marotta e Fano sventolerà la bandiera dell'accoglienza
A Marotta e Fano sventolerà la bandiera dell’accoglienza

Anche a Marotta di Mondolfo sventolerà la ‘Bandiera dell’accoglienza’. Si tratta di un vessillo a simboleggiare l’offerta di servizi inclusivi, l’accessibilità, l’informazione e la promozione. Un riconoscimento che ha impegnato stabilimenti balneari, strutture ricettive, attività commerciali di Mondolfo e Fano a diventare più inclusive, offrendo un’ampia varietà di servizi di qualità per tutti, in primis per diversamente abili e per i turisti che vanno in vacanza con i loro amici a quattro zampe. E ancora baby sitter, dog sitter, accompagnatore bike e tanti altri.

L’iniziativa è stata ideata da Alberghi Consorziati, Federalberghi e Confcommercio Marche Nord con il sostegno di numerose associazioni e realtà locali. «Ci lavoriamo da due anni – ha esordito il presidente provinciale di Federalberghi Luciano Cecchini – e finalmente è realtà questa bandiera che parla di turismo a 360 gradi. La consegneremo in questi giorni a chiunque offra servizi inclusivi e si impegna ad accogliere i turisti fornendo loro informazioni sul territorio. Un grande ringraziamento va a tutti coloro che hanno collaborato all’iniziativa che qualifica la città». 

Soddisfatto il direttore generale di Confcommercio Amerigo Varotti: «Una iniziativa che va nella direzione di migliorare l’accoglienza. Siamo contenti che si concretizzi in due città che fanno parte dell’Itinerario della Bellezza. Con questa bandiera il messaggio che lanciamo è chiaro e importante: nel nostro territorio il turista, qualunque esso sia e qualunque vacanza cerchi, è ben accolto grazie a servizi per tutti». 

Tanto è stato fatto e altrettanto verrà fatto, come ha evidenziato la presidente dell’Associazione genitori e figli per l’inclusione Francesca Busca: «Grazie a un bando regionale siamo riusciti a far realizzare delle passerelle, ma anche a ottenere delle sedie job e soluzioni per far accedere i nostri ragazzi non solo in spiaggia, ma anche in acqua. La novità è la bicicletta per tutti, a pedalata assistita a guida posteriore, che garantisce la guida in tutti i sensi. La bellezza del territorio è illimitata e noi ci adoperiamo affinché possa essere vissuta da tutti».

Sulla stessa lunghezza d’onda l’assessore del Comune di Mondolfo Davide Caporaletti: «Un progetto lodevole che abbiamo subito condiviso. Servizi fondamentali per lo sviluppo turistico. E’ un percorso che abbiamo iniziato da tempo, anche con l’ingresso dell’Itinerario della Bellezza di Confcommercio con cui siamo molto felici di collaborare».

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Giornata mondiale del rifugiato, a Senigallia un centinaio di persone seguite dai progetti Sai

L'accoglienza al Cas Futuro di Senigallia dei migranti minori non accompagnati (gennaio 2023)
L’accoglienza al Cas Futuro di Senigallia dei migranti minori non accompagnati (gennaio 2023)

Anche Senigallia celebra la giornata mondiale del rifugiato. Si tratta di un appuntamento che ricorre ogni 20 giugno, promosso dall’UNHCR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite) per ricordare i milioni di persone nel mondo che sono costrette a fuggire a causa di guerre, violenze, persecuzioni e violazioni dei diritti umani.

Persone quotidianamente seguite dal personale dei vari progetti SAI, il Sistema Accoglienza Integrazione, con l’obiettivo di agevolare le loro condizioni, permettere di ricostruirsi la vita lontano da casa, le relazioni affettive e sociali nella comunità, di formarsi e trovare lavoro per quanto riguarda gli adulti o di andare a scuola e completare l’istruzione per i minori.

I numeri diffusi dalla Caritas senigalliese sono questi: attualmente il SAI Senigallia e il SAI Ambito Territoriale 8 accolgono 83 persone, prevalentemente provenienti da Ucraina, Nigeria e Afghanistan. Il SAI minori conta invece 25 giovani stranieri non accompagnati (di cui solo due ragazze), giunti in Italia dal Gambia, dall’Egitto, dall’Albania e dal Bangladesh.

La giornata mondiale del rifugiato a Senigallia verrà celebrata il 22 giugno, nella biblioteca Antonelliana, grazie a un programma di iniziative elaborato dalla fondazione Caritas e dalla cooperativa sociale Casa della Gioventù (enti gestori dei SAI territoriali), in collaborazione con altre realtà del territorio.
La mattina si terrà un incontro formativo dedicato a operatori sociali, sanitari e legali che lavorano a contatto con i migranti. Seguirà la presentazione della mostra collettiva “Trasguardi” a cura di Cristina Panicali, Andrea Simonetti e l’associazione Lapsus, a cui hanno partecipato anche i beneficiari del SAI.
Nel pomeriggio eventi aperti a tutta la cittadinanza: si inizia con la presentazione del progetto “Comunità in crescita”, si continua con la storia della popolazione Hazara e si concluderà al foro annonario con il concerto di Javad, musicista afgano scappato dalla persecuzione talebana e oggi accolto nella nostra città.

Laura Mandolini

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Migranti, «no all’accoglienza industriale». La protesta da Serra de’ Conti si sposta in Prefettura

Due striscioni a Serra de' Conti per ribadire la volontà di accoglienza dei migranti ma in logica compatibile con la sicurezza del territorio
Due striscioni a Serra de’ Conti per ribadire la volontà di accoglienza dei migranti ma in logica compatibile con la sicurezza del territorio

Serra de’ Conti e accoglienza: da anni costituiscono un binomio segno della volontà di un intero territorio di offrire il proprio contributo sulla tematica delle migrazioni. Un contributo che però non deve divenire possibilità di lucro da parte di enti di qualsiasi genere, né “sfogo” per le istituzioni che non sanno dove posizionare le persone che approdano sulle coste italiane. Questo il senso della protesta che va avanti nel borgo di 3600 persone dove si sta concretizzando il progetto di realizzazione di un centro di accoglienza straordinario all’ex hotel De’ Conti, struttura a ridosso del centro storico che potrebbe ospitare dalle 50 alle 100 persone.

La mobilitazione dei cittadini che hanno costituito il comitato “13 marzo” continua tanto che, oltre alla raccolta firme arrivata a superare quota 560 sigle, la questione è stata trattata in Prefettura ad Ancona. Sono proprio le prefetture a dover reperire, tramite bandi, le strutture dove far trasferire migranti e richiedenti asilo.

Il prefetto di Ancona Darco Pellos ha incontrato mercoledì 19 aprile i rappresentanti del comitato 13 marzo per chiarire al meglio la questione, partendo dalle ragioni che hanno spinto i cittadini alla mobilitazione. Tra le preoccupazioni c’è il rischio che l’accoglienza si trasformi in un ennesimo episodio – come tanti in tutta Italia, ma anche nelle stesse Marche – di abbandono dei migranti in strutture fatiscenti o prive di alcuni servizi che spetterebbero loro. Inoltre c’è la possibilità che un numero alto di persone sia poco incline a integrarsi con ripercussioni sugli aspetti sociali del vivere quotidiano.

Dal canto suo il prefetto dorico ha rassicurato sul tenere in alta considerazione le ragioni del comitato che propone da giorni un modello di accoglienza rispettoso di ospiti e ospitanti con un’integrazione diffusa di piccoli gruppi sul territorio, al pari di quanto sta avvenendo in Toscana. «Nessun atteggiamento razzista – ha detto il prefetto riconoscendo la legittimità della posizione del comitato – ma la seria volontà di un territorio di privilegiare la qualità di un gesto nobile, come l’accoglienza, rispetto alla quantità. Vigiliamo settimanalmente sulla corretta gestione dei centri della nostra provincia e, se si riscontrano inadempienze, sono previste sanzioni e commissariamento. Nei cittadini di Serra de’ Conti abbiamo trovato degli interlocutori validi e sensibili e valuteremo tutte le richieste avanzate per conciliare la sicurezza con l’accoglienza».
Tra le possibili misure per limitare i disagi legati all’accoglienza di famiglie per massimo circa 50 persone, potrebbero arrivare anche due carabinieri e un agente di polizia locale in più.

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Migranti, Centro Astalli: “L’Italia non impara da esperienza ucraina, ancora logica emergenza”

Nel 2022 il numero di persone in fuga nel mondo ha superato la soglia dei 100 milioni ma solo una piccola percentuale di questi cerca una vita migliore in Europa. In Italia sono arrivati via mare 105.129 migranti, di cui 13.386 minori non accompagnati. Alla fine dell’anno erano nel circuito dell’accoglienza 107.677 persone. Altri 170.000 sono arrivati dall’Ucraina, di cui solo il 20% ospitati in strutture d’accoglienza; la maggior parte è stata accolta da familiari e connazionali. L’esperienza positiva con i profughi ucraini, che hanno usufruito della protezione temporanea, di contributi economici e della possibilità di entrare da subito nel mondo del lavoro, non è stata però messa a frutto con tutti gli altri arrivati dal Mediterraneo o dalla rotta balcanica: afgani, siriani, somali, nigeriani, anche loro in fuga da conflitti.

“I primi passi del nuovo governo, dopo l’ennesimo braccio di ferro compiuto mentre i migranti erano sulle imbarcazioni in attesa di un porto sicuro – afferma il Centro Astalli -, si sono concentrati su una rinnovata lotta alle ong che si occupano del salvataggio in mare. E neanche le vittime del naufragio di Cutro hanno sortito alcuna reazione politica di umanità, nonostante la società civile abbia chiesto con forza un cambiamento”.

Nel 2022 sono stati 18.000 gli utenti degli 8 enti della rete del Centro Astalli, di cui 10.000 a Roma. Oltre 700 i volontari, 46.313 i pasti distribuiti, 27.855 gli studenti incontrati nell’ambito dei progetti didattici sul diritto d’asilo e il dialogo interreligioso in 18 città italiane.

Il Centro Astalli gestisce sia Centri di accoglienza straordinaria (a Trento, Vicenza, Padova) che centri del Sistema accoglienza e integrazione – Sai (a Bologna, Palermo, Roma, Trento), che alla fine del 2022 accoglieva in totale solo 33.848 persone. È il Sai, suggerisce il rapporto, “il sistema da ampliare e su cui investire, affinché a tutti possa essere garantito un efficace supporto all’integrazione, secondo standard nazionali uniformi”. A Roma, Trento, Vicenza, Padova molte congregazioni religiose hanno aperto le porte all’accoglienza di rifugiati. Delle 1.308 persone accolte in totale dalla rete del Centro Astalli, 240 rifugiati sono state inseriti in percorsi di semi-autonomia in comunità di ospitalità in collaborazione con ordini religiosi, in cui si sono sperimentate, con buoni risultati, anche forme di co-housing tra studenti universitari rifugiati e italiani.

Aumentano le vulnerabilità dei rifugiati. Nel rapporto si evidenzia anche un aumento delle vulnerabilità fisiche e psicologiche dei rifugiati, a causa di violenze e torture nei Paesi di origine e transito (Libia e Balcani): il 50% delle persone accolte nei centri romani del Centro Astalli si trova in queste condizioni. Molti ospiti soffrono di patologie gravi. Per questo il servizio dei gesuiti auspica la progettazione di “nuove modalità di presa in carico e accoglienza che tengano conto di percorsi e tempi personalizzati e della necessità di professionalità dedicate”.

Emergenza casa e costo della vita. Per i rifugiati, come per le fasce più deboli della popolazione, è inoltre difficile trovare casa e pagare le bollette, a causa dell’aumento del costo della vita. “Persone rifugiate con contratti di lavoro stabili e processi di integrazione avanzati si trovano di fronte all’impossibilità di poter avere un’abitazione autonoma, senza dover ricorrere a contratti capestro, in nero, alloggi abusivi, subaffitti o soluzioni di fortuna”. Da Trento a Catania, da Bologna a Palermo, il grido d’allarme è lo stesso: “la casa in Italia per i rifugiati è un diritto ancora non esigibile”, sottolinea il rapporto. Le famiglie e le donne sole con bambini (un terzo delle persone seguite dal servizio di accompagnamento sociale a Roma) hanno subìto maggiormente gli effetti negativi della crisi economica, come pure i rifugiati che chiedono il ricongiungimento familiare: “Al termine di iter lunghi e costosi, la famiglia ricongiunta si trova di fatto sola ad affrontare una situazione nuova, con pochi strumenti a disposizione”.

Burocrazia italiana e digital divide. Per poter accedere alla protezione internazionale e ai percorsi di integrazione migranti e richiedenti asilo sono costretti a ritardi e percorsi ad ostacoli all’interno della burocrazia italiana. Un terzo degli utenti dei servizi a bassa soglia del Centro Astalli rientra nella categoria “permesso di soggiorno in via di definizione”. Nel 2022 il Centro Astalli, grazie al sostegno dell’Elemosineria Vaticana, ha erogato contributi per il pagamento delle tasse necessarie al rilascio del permesso di soggiorno e titolo di viaggio per 586 rifugiati riconosciuti. Chi ha perso il lavoro ha anche avuto difficoltà ad avere un indirizzo valido di residenza, un requisito fondamentale senza il quale non si può fruire dei diritti sociali e dei percorsi di integrazione.  Inoltre l’informatizzazione di tante piattaforme di servizi pubblici e privati sta provocando un divario digitale che rischia di aumentare disuguaglianze sociali e marginalità.

Il Centro Astalli ricorda che il Terzo settore non può farsi carico da solo per percorsi di inclusione sociale e inserimento nel mondo del lavoro: serve “una cabina di regia pubblica in grado di costruire soluzioni concrete e accessibili”. Anche il Piano nazionale di integrazione scritto lo scorso anno dal Tavolo Asilo e Immigrazione, “ad oggi rimane lettera morta”.

Patrizia Caiffa

Serra de’ Conti, cittadini mobilitati contro il mega centro per migranti. Ecco le ipotesi alternative

L'incontro promosso dal Comitato 13 Marzo sull'hotel De' Conti e sul possibile arrivo di quasi 100 migranti
L’incontro promosso dal Comitato 13 Marzo sull’hotel De’ Conti e sul possibile arrivo di quasi 100 migranti

Si è svolto il 5 aprile scorso a Osteria di Serra de’ Conti l’incontro promosso dal “Comitato 13 marzo” sul centro di accoglienza straordinario che si dovrebbe aprire nei prossimi mesi in paese. L’Hotel de’ Conti, la futura sede del CAS, potrebbe potenzialmente ospitare fino a cento migranti e richiedenti asilo, il che ha fatto sorgere più d’un dubbio nei cittadini per le possibili ripercussioni sociali.

«Un CAS di tali proporzioni è del tutto incoerente con la storia e la tradizione solidale di Serra de’ Conti, che ha sempre accolto famiglie e piccoli gruppi di migranti in una prospettiva di aiuto e integrazione» spiegano dal comitato costituitosi recentemente. Il motivo è l’alta concentrazione di persone straniere in un piccolo paese di appena 3650 abitanti. 

«Costituisce un cambiamento radicale, collocandosi nella logica di una “accoglienza industriale” orientata al solo profitto di pochi – continuano i cittadini serrani. Sembra ormai impossibile evitare questo epilogo, dato che la proprietà dell’immobile Hotel de’ Conti sta per perfezionare la vendita con la Eurolex Servizi S.r.l., incurante delle ricadute sociali ed economiche».

Durante il focus, è stato sottolineato anche il possibile rischio di incuria verso gli ospiti che fuggono da miserie, guerre e difficoltà, come accaduto altre volte anche nelle stesse Marche o nella vicina Fratte Rosa. La stessa realtà gestisce diverse altre strutture cas nelle province di Ancona e Pesaro Urbino.

In poco tempo, alla mobilitazione hanno aderito oltre 500 firmatari, nel timore di possibili tensioni sociali «sia all’interno del CAS, tra immigrati costretti a condividere per lungo tempo gli stessi spazi vitali e appartenenti ad etnie spesso in contrasto tra loro, sia all’esterno del CAS verso i residenti». 

Durante l’incontro pubblico, i membri del Comitato hanno poi spostato l’attenzione sulle possibili destinazioni d’uso alternative dell’immobile Hotel de’ Conti: un centro residenziale diurno; una struttura socio-sanitaria per cittadini e famiglie con qualche difficoltà non grave; un Caffè Alzheimer.

Di tutto ciò il “Comitato 13 marzo” vorrebbe parlare con tutte le autorità preposte (Comune, Prefettura, Ministero) per suggerire anche di suddividere gli arrivi in piccoli gruppi diffusi in un territorio più ampio in modo da scongiurare tensioni e pericoli.

 All’orizzonte anche una “raccolta fondi” finalizzata ad una destinazione “sociale” coerente con la storia “sociale” dell’Hotel de’ Conti.

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Accoglienza migranti, situazione delicata a Serra de’ Conti: a rischio la tenuta sociale

L'ex hotel de' Conti in via Santa Lucia a Serra de' Conti potrebbe trasformarsi in un centro di accoglienza straordinario per migranti
L’ex hotel de’ Conti in via Santa Lucia a Serra de’ Conti potrebbe trasformarsi in un centro di accoglienza straordinario per migranti

Situazione difficile e complessa a Serra de’ Conti dove, oltre alla questione migranti che da qualche settimana sta tenendo banco, si aggiunge anche l’aspetto sanitario e amministrativo legato alla “partenza” del dottor Vinicio Costarelli. Proprio quest’ultimo, con un pubblico avviso affisso nei locali del poliambulatorio, ha voluto informare che «dopo 7 mesi di regolare presenza e attività svolta a fronte di appena 350 pazienti diventa ovvio ragionare sulla reale necessità della mia presenza a Serra de’ Conti. Il resto è storia recente e comunque ho provveduto, affinché nessuno rimanesse ‘a piedi’, a chiamare la collega Dr.ssa Sarah Galassi al subentro sempre nella sede del distretto».

«Una decisione sofferta quanto necessaria» continua Costarelli che precisa come «l’interruzione della mia attività professionale a Serra de’ Conti [sia] dettata dallo scarso interesse della popolazione che migrata ad Arcevia, Barbara, Ostra Vetere ha preferito questa soluzione itinerante rispetto alla presenza di un medico in loco. Della questione ho portato a conoscenza il sindaco Letizia Perticaroli che è rimasta alquanto meravigliata, in quanto mia sostenitrice, delle numerose richieste di assistenza ricevute che poi si sono dimostrate fittizie». Un vero e proprio sfogo quello del dr Costarelli. Senza di lui, rimangono dunque in servizio a Serra de’ Conti solo la dr.ssa Jamila Panza, a tempo pieno, e la dr.ssa Sarah Galassi, quest’ultima solo il lunedì dalle ore 16:30 alle ore 19 e il venerdì dalle ore 10 a alle ore 12:30. Per quanto riguarda i pediatri, si registra invece l’arrivo della dr.ssa Riccarda Tesse che sarà presente nel poliambulatorio tutti i mercoledì, dalle ore 9:30 alle ore 12:30.

Per ciò che concerne invece la questione migranti è il “Comitato 13 Marzo” a raccogliere le preoccupazioni della comunità e a farsi promotore di un dialogo, in primis, con l’amministrazione comunale e, in secundis, con tutte le autorità che intervengono nello stabilire la destinazione di chi arriva in Italia fuggendo da altri paesi. «La notizia della futura destinazione dell’Hotel de’ Conti quale Centro di Accoglienza Straordinaria per migranti (CAS) sta destando non poca sorpresa e preoccupazione nell’intera comunità» si legge in una nota stampa. L’avvio di una trattativa già da febbraio 2022 per la compravendita della struttura in via Santa Lucia, proseguita con un preliminare di vendita a dicembre scorso ma senza che ancora sia conclusa, ha fatto il paio con la notizia della partecipazione della società acquirente al bando prefettizio per l’accoglienza, in scadenza il 15 dicembre 2022, di stranieri per una capienza fino a 50 persone e un secondo bando da 51 a 100 ospiti. 

«Pur ritenendo doverosa ogni azione solidale verso popolazioni in estrema difficoltà che cercano di fuggire da guerre e carestie, e ricordando che Serra de’ Conti ha già offerto prova, in molte occasioni, di generosità e accoglienza (popolazioni balcaniche, rifugiati ucraini, migranti attualmente ospiti in frazione Osteria con il progetto SAI)», dal Comitato 13 Marzo si ritiene giusto che i residenti e le attività economiche nelle immediate vicinanze dovessero essere avvertiti. Famiglie ed esercizi commerciali «subiranno un inevitabile deprezzamento del valore economico delle loro proprietà e attività e questi “effetti collaterali” non possono essere sacrificati a vantaggio del solo “business”». 

La comunità è preoccupata per i rischi che l’inevitabile senso di diffidenza e timore produrrà: condizionamenti nelle abitudini anche per via del numero così concentrato di persone provenienti da altri paesi con altri stili di vita e altri valori, ma anche limitazioni per possibili e spiacevoli fatti di cronaca. Episodi che inducono i cittadini a pensare che «la dislocazione di questo CAS nel centro abitato» sia «del tutto inidonea per tale struttura e per la sicurezza della collettività». Da qui l’appello a ridistribuire le presenze per non gravare troppo sulla comunità serrana che si ribadisce solidale ma che non vuole rinunciare alla sicurezza.

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