Suasa, la città romana senza mura che rinasce dagli scavi
Si è conclusa la 38esima campagna di scavi nell’antica città romana di Suasa, un sito che da decenni rivela i segreti di un insediamento molto particolare nel panorama archeologico italiano. L’Università di Bologna, con il supporto del Comune di Castelleone di Suasa, prosegue un lavoro che dal 1988 sta portando alla luce le peculiarità di una città apparentemente priva di mura, ma ricca di storia e commercio. L’intervista al sindaco di Castelleone di Suasa Carlo Manfredi e al professor Enrico Giorgi, docente di archeologia dei paesaggi all’ateneo bolognese nonché direttore degli scavi, è andata in onda nei giorni scorsi su Radio Duomo Senigallia (95.2 FM), ma sarà in replica domenica 13 luglio alle ore 17 circa ed è inoltre disponibile su VoceMisena grazie al lettore multimediale.
Una campagna di scavi prolungata e ricca di scoperte
Quest’anno, la campagna di scavi si è estesa per ben cinque settimane, coinvolgendo un nutrito gruppo di circa venti studenti, oltre a collaboratori e docenti dell’Università di Bologna, provenienti sia dalla sede principale che da Ravenna. Enrico Giorgi, archeologo dei paesaggi e direttore degli scavi, ha sottolineato l’importanza di questa sessione: «Abbiamo voluto porci una domanda particolare: Suasa, nota per i suoi mosaici, aveva davvero delle mura? E qual era il limite tra la città dei vivi e quella dei morti?».
Le risposte emerse dagli scavi sono state sorprendenti. «Suasa si conferma una città romana atipica, priva di mura», spiega il professore. Questa caratteristica suggerisce un modello di sviluppo urbano basato sull’apertura e sul commercio, piuttosto che sulla difesa. L’assenza di mura è legata alla funzione di Suasa come crocevia commerciale, situata nel fondovalle del Cesano e collegata da una fitta rete di strade romane. «Era un luogo di mercato, un punto di incontro, vocato all’apertura», ha ribadito Giorgi, evidenziando come la città ospitasse un grande foro commerciale e un anfiteatro paragonabile a quello di Ancona, a servizio di una popolazione prevalentemente rurale e sparsa nel territorio circostante.
Tra l’area abitata e la necropoli, gli archeologi hanno rinvenuto un “quartiere produttivo” caratterizzato da una grande quantità di pozzi, cisterne e aree di lavorazione. Una scoperta che apre nuove prospettive di studio per la fase invernale, dedicata all’analisi dei reperti e alla documentazione topografica.



L’impegno del Comune e la visione per il futuro
Il sindaco di Castelleone di Suasa, Carlo Manfredi, ha ribadito il sostegno dell’amministrazione comunale al progetto. «L’impegno del Comune è stato sia logistico, mettendo a disposizione l’ostello per gli studenti universitari, sia economico per ospitare i docenti e tutta la squadra» ha affermato. Un investimento in cultura che, seppur non ripagando in termini economici diretti, comunque serve a valorizzare il sito archeologico dal punto di vista storico e turistico, oltre a creare un polo culturale che ormai è conosciuto da anni, promuove il territorio e genera anche benefici per le attività locali. In ottica futura sarà sempre maggiore l’implementazione di strumenti tecnologici sia per gli scavi, come già sta avvenendo sul campo con i droni, sia per la fruizione della domus e del polo museale: l’intelligenza artificiale e le ricostruzioni in 3D agevoleranno i visitatori, facendo comprendere meglio la magnificenza delle strutture oltre i mosaici oggi visibili.
Un appello alle istituzioni sovralocali: la necessità di un sostegno strutturale
Entrambi, il sindaco Manfredi e il professor Giorgi, hanno lanciato un appello alle istituzioni regionali e nazionali per un maggiore e più strutturato sostegno ai parchi archeologici marchigiani. «Le Marche furono tra le prime regioni a istituire una legge sui parchi archeologici regionali, un’iniziativa innovativa che poi è venuta meno» ha ricordato Giorgi, auspicando «un sostegno strutturale che permetterebbe ai piccoli comuni di sostenere le ingenti spese di tutela e valorizzazione». Il sindaco ha evidenziato come un finanziamento annuo di appena 20mila euro per ciascuno dei sette parchi archeologici marchigiani sarebbe importante per garantire manutenzione ordinaria e straordinaria, oltre alla promozione.
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