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Tag: Chiesa di San Martino

E’ morto padre Giuliano Grassi, per tanti anni parroco a San Martino e assistente Scout Agesci

Giovedì 3 luglio 2025, alle 21.59 presso l’Ospedale civile di Senigallia, è deceduto Padre Giuliano Maria Grassi, dell’Ordine dei Servi di Maria della Provincia di Romagna, parroco di San Martino dal 1967 al 1978 e dal 1998 al 2020.

La salma sarà nella chiesa di San Martino venerdì 4 luglio, dalle ore 18.00 alle ore 20.00, per la visita e la preghiera personale e comunitaria. Il funerale sarà celebrato dal vescovo Franco e concelebrato dal Provinciale Padre Ricardo e dai confratelli religiosi e diocesani nella chiesa di San Martino sabato 5 luglio 2025, alle ore 10.00. La chiesa sarà aperta dalle ore 9.00. Padre Giuliano verrà sepolto nella tomba di famiglia nel cimitero di Sant’Angelo in Vado.

Nato in Ancona l’8 novembre 1932, è stato ordinato presbitero il 17 marzo 1956. E’ stato parroco di San Martino in Senigallia dal 1967 al 1978 e dal 1998 al 2020. La parrocchia di San Martino, eretta da Papa Pio IX il 24 aprile 1852, sia per la ristrutturazione pastorale del centro cittadino sia per la mancata presentazione di un nuovo parroco da parte del benemerito ordine dei Servi di Maria, è stata soppressa il 31 dicembre 2020 e il territorio e la cura pastorale delle persone sono entrate a far parte della Parrocchia di San Pietro Apostolo ed è affidata ai sacerdoti del Duomo.

Padre Giuliano è stato un grande punto di rifermento come parroco di san Martino per la città di Senigallia, in modo particolare per molti dei suoi giovani. Nella parrocchia di San Martino è nata la prima scuola nazionale di tennistavolo, la prima conferenza cittadina di “Insieme per la Pace”, l’esperienza del gruppo Scouts Agesci innovativa e capace di mobilitare impegni sociali, politici e di volontariato. A San Martino si sono tenuti gli incontri delle “Donne in nero”, testimonianze delle conseguenze sulle donne dei conflitti armati, l’accoglienza di migranti e di donne soprattutto provenienti dall’est Europa, l’attenzione a tante persone fragili.

Nel periodo nel quale non è stato a Senigallia è stato vicedirettore  del Convitto di Budrio – Misano Adriatico e ha fatto un’esperienza straordinaria a Roma nella Parrocchia di santa Maria in Via, con Palazzo Chigi come parrocchiano. Anche qui ha lasciato la sua impronta realizzando alcune docce per le numerose persone sen za dimora della capitale. La diocesi di Senigallia, nell’esprimere il suo cordoglio per questa perdita, dice il suo “Grazie Padre Giuliano per la tua vita, il tuo servizio, il tuo stile… e come dicono gli scout “Buona strada”!

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Una Madonna di Carlo Maratta a Senigallia: autenticità o lavoro di bottega?

In foto, l’appassionato d’arte Piero Sbaffi e l'opera in questione, una Madona al seplocro, probabilmente attribuibile al pittore Carlo Maratta
In foto, l’appassionato d’arte Piero Sbaffi e l’opera in questione, una Madonna al sepolcro, probabilmente attribuibile al pittore Carlo Maratta

Recentemente è emersa un’interessante questione nell’ambito dell’arte a Senigallia. Si tratta di un piccolo dipinto su tela raffigurante una Madonna che orienta uno sguardo di toccante dolcezza verso il vuoto sepolcro dove era custodito il corpo del Figlio. L’opera è contenuta, ma non esposta al culto, nel convento dell’Ordine dei Servi di Maria (adiacente alla chiesa di San Martino a Senigallia): è di dimensioni contenute, presenta nel retro una firma non perfettamente leggibile ma probabilmente attribuibile all’illustre pittore Carlo Maratta. E sta destando un acceso dibattito tra gli esperti del settore e gli appassionati d’arte. Ecco perché.

L’opera in questione presenta alcune singolari somiglianze con il dipinto “Visitazione al Sepolcro con la Vergine e tre Marie” della fondazione Sorgente Group di Roma, anche se la versione di Senigallia risulta meno dettagliata e più scarna di particolari. Alcuni esperti sostengono che la qualità artistica del dipinto sia sufficientemente alta da poter essere attribuita direttamente alla mano del Maestro, mentre altri sono più scettici e ipotizzano che possa trattarsi di una copia o di un lavoro eseguito da un altro artista sotto la sua supervisione.

Carlo Maratta, talvolta menzionato anche come Carlo Maratti, è stato uno dei più eminenti artisti del tardo barocco italiano, nato a Camerano il 13 maggio 1625. La sua fama e la sua abilità gli valsero il titolo di principe dell’Accademia di San Luca a Roma, dove visse e lavorò per gran parte della sua vita. Sempre a Roma morì nel 1713. Le sue opere adornano importanti musei in Italia e all’estero e la sua firma su un dipinto suscita sempre grande interesse nel mondo dell’arte.

La Diocesi di Senigallia ha avanzato una richiesta di prestito all’Ordine dei Servi di Maria, detentore dell’opera, per esporla in pinacoteca in occasione dell’anno giubilare 2025. Anno che coincide con il quarto centenario della nascita dell’artista. Questo evento potrebbe fornire l’occasione ideale per approfondire lo studio e la discussione sull’autenticità del dipinto.

L’indagine sul dipinto di Carlo Maratta rappresenta un affascinante enigma che potrebbe essere risolto solo attraverso un’analisi approfondita da parte di più critici d’arte. «L’interesse per quest’opera – afferma l’appassionato d’arte Piero Sbaffi, in FOTO con l’opera in questione – potrebbe portare ulteriori riflessioni sul dipinto, fornendo preziosi elementi di conoscenza del periodo artistico a cui appartiene. Inoltre – conclude – sarebbe auspicabile riuscire ad allestire un’esposizione presso la pinacoteca diocesana, magari proprio in occasione dei 400 anni dalla nascita dell’artista, nella quale il quadro senigalliese possa essere messo in comparazione diretta con il dipinto di proprietà della fondazione romana». 

Oltre alla “Madonna della Risurrezione”, la chiesa di San Martino di Senigallia, affidata in cura ai Servi di Maria, custodisce altri tesori artistici: tra questi vi sono la recentemente restaurata pala d’altare del Guercino (al secolo Giovanni Francesco Barbieri, nato a Cento nel 1591 e morto a Bologna nel 1666) e un olio su tela di Girolamo Donnini da Correggio (Correggio, 1681, morto anch’egli a Bologna, nel 1743), raffigurante “I Sette Santi Fondatori dell’Ordine dei Servi di Maria”. Opere che testimoniano la profonda devozione religiosa e la ricca tradizione artistica della città di cui sarebbe bene avere una conoscenza più approfondita.

Marco Pettinari

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Chiesa di San Martino: qui il dipinto di Girolamo Donnini da Correggio

Nella seconda metà di febbraio, precisamente il giorno 17, la Chiesa ricorda i Santi Sette Fondatori, ovvero i primi padri fondatori dell’Ordine dei Servi di Maria. A Senigallia l’ordine è presente dal 1468 e la chiesa affidata in cura ai Servi di Maria è l’attuale chiesa di San Martino, fatta ricostruire dai frati nel XVIII secolo al posto della precedente costruzione voluta dal Duca Guidobaldo II della Rovere nel 1563, dopo che la struttura di culto originaria venne fatta demolire durante la ristrutturazione delle mura cittadine.

All’interno della chiesa, risalente al 1741, caratterizzata da linee neoclassiche e annessa al convento di San Martino, è collocato nel primo altare della navata di destra un grande olio su tela di Girolamo Donnini da Correggio, raffigurante “I Sette Santi Fondatori dell’Ordine dei Servi di Maria”.

Girolamo Donnini, nato a Correggio nel 1681 e morto a Bologna nel 1743, è stato un pittore barocco molto attivo in Romagna e nel Nord Italia. Allievo di Carlo Cignani, considerato il più grande pittore bolognese del XVIII secolo, le sue opere sono oggi distribuite a Torino, a Bergamo, a Pescia, a Reggio Emilia, a Faenza, a Rimini, a Tivoli e, dalla documentazione in nostro possesso, due importanti lavori del Donnini sono presenti anche a Senigallia.

I Sette Santi Fondatori dell’Ordine dei Servi di Maria, Girolamo Donnini, olio su tela, XVIII secolo, Chiesa di San Martino, Senigallia

La grande pala d’altare ci mostra l’esatto momento in cui i Sette ebbero la visione che determinò poi la Regola che il nuovo Ordine avrebbe dovuto seguire. I sette patrizi fiorentini, che durante la Festa dell’Assunta del 1233 caddero in estasi e in seguito a una visione comune (la prima) decisero di consacrarsi al servizio di Dio ritirandosi in solitudine, sono raffigurati dal Donnini ai piedi della Vergine Maria che si manifesta loro, su un trono di nubi, con in mano la veste nera che diverrà l’abito religioso dell’ordine, circondata da otto Angeli: alcuni di questi recano i simboli della Passione di Cristo, come il calice dell’Ultima Cena – lo stesso con cui Giuseppe d’Arimatea raccolse poi il sangue di Gesù quando fu colpito al costato con la lancia dal militare romano -, la Croce o il Velo della Veronica, mentre l’Angelo alla sinistra di Maria mostra il libro con la Regola di Sant’Agostino. 

Ai piedi dei Sette troviamo il cilicio, che i frati indossavano sotto le vesti, il teschio, simbolo della mortalità dell’uomo, e un libro aperto, a rappresentare le Sacre Scritture. 

Marco Pettinari

Anna, la madre di Maria

Particolare del dipinto Madonna con Bambino e Sant’Anna di Giovanni Francesco Barbieri, detto il Guercino – 1642 – Chiesa di San Martino, Senigallia

Nella chiesa di San Martino a Senigallia, nella seconda cappella a destra, è conservato il quadro della “Madonna con Bambino e Sant’Anna” di Giovanni Francesco Barbieri, detto il Guercino, eseguito nel 1642. Il dipinto fu commissionato dal nobile Tommaso Balducci in ricordo della figlia defunta Anna Teresa e raffigura in primo piano, sopra uno scalino, la Madonna seduta su di un semplice trono con il bambino sulle sue ginocchia e Sant’Anna inginocchiata con un libro aperto in mano, nell’atto di insegnare a Gesù. Partendo da questa prestigiosa opera inserita nel contesto cittadino senigalliese, si vuole analizzare la figura di Sant’Anna, madre della Vergine e nonna di Gesù.

La vita, la figura e le opere terrene della santa ci sono poco note dalle fonti ufficiali. Troviamo sue notizie solo nei Vangeli apocrifi che con perizia raccontano di questa grande donna e del suo sposo, Gioacchino. A queste fonti si è rifatta la tradizione e perfino la Chiesa ha accettato tali notizie (così come accadde per l’Assunzione di Maria e altri episodi della vita di Cristo o della Madonna). È il protovangelo di Giacomo a trasmettere la più grande mole di notizie sulla santa, sulla sua vita e soprattutto sull’infanzia di Maria. Certo è che Anna visse tra il primo secolo avanti Cristo e il primo dopo Cristo. Figlia di Achar e sorella di Esmeria (madre di santa Elisabetta e quindi nonna di Giovanni Battista), Anna si sposa con Gioacchino, un uomo benestante e virtuoso appartenente alla tribù del Regno di Giuda. Dopo vent’anni di matrimonio, però, non riescono ancora ad avere figli, a causa della sterilità di Gioacchino. Per questo suo marito viene pubblicamente umiliato con il divieto di fare sacrifici al tempio, poiché non ha dato figli a Israele, e si ritira tra i pastori nel deserto in preghiera. Anna, nella sofferenza della sterilità ma sostenuta da ardente fede e speranza, dopo aver implorato Dio, riceve la visita di un angelo che le annuncia il concepimento imminente di un figlio. Lo stesso angelo contemporaneamente appare anche a Gioacchino in sogno. Marito e moglie, ricongiuntisi, si incontrano vicino alla Porta Aurea di Gerusalemme dove, secondo la tradizione medievale, un casto bacio dà vita al concepimento immacolato della loro figlia. Chiamano la bambina “Maria”, che vuol dire “amata da Dio”. Gioacchino porta al tempio i suoi doni, insieme con la bimba. Più tardi Maria è condotta al tempio per essere educata secondo la legge di Mosè. Sant’Anna muore intorno agli ottant’anni.

Il suo culto si diffonde in Oriente e successivamente in Occidente. La prima manifestazione di culto risale al 550, quando Giustiniano fa costruire una chiesa in suo onore a Costantinopoli. Le sue reliquie sarebbero state custodite a lungo in Terra Santa, poi traslate in Francia durante le Crociate e tumulate in una cappella scavata sotto la cattedrale di Apt. Il ritrovamento e l’identificazione, in seguito, sarebbero stati accompagnati da alcuni miracoli e ciò ne ha accresciuto il culto. In Italia sono molte le città ad averle dedicato una chiesa. In Bretagna viene invocata per la raccolta del fieno. La devozione ai nonni di Gesù, Anna e Gioacchino, si è sviluppato prima in Oriente poi in Occidente e nel corso dei secoli la Chiesa li ha ricordati in date diverse. Con la riforma liturgica seguita al Concilio Vaticano II, nel 1969, i genitori di Maria sono stati “ricongiunti” in un’unica celebrazione il 26 luglio. Per tale motivo i nonni sono ricordati e celebrati anche in questa data, oltre che il 2 ottobre, festa degli Angeli Custodi. Sant’Anna è patrona della località spagnola di Mainar, è invocata contro la sterilità coniugale e nei parti difficili, è protettrice delle nonne, delle madri e delle partorienti, in quanto madre di Maria e nonna di Gesù (non a caso negli ospedali molti reparti di ostetricia e ginecologia sono dedicati a lei). Inoltre, è considerata la patrona di tornitori, carpentieri, falegnami, ebanisti, minatori, bottai e orefici, poiché custodì Maria come fosse un gioiello in uno scrigno. Sant’Anna, inoltre, è patrona dei tessitori, dei fabbricanti di scope, dei commercianti di biancheria e dei sarti, poiché insegnò alla Vergine a tessere, cucire e pulire casa. Il suo ruolo educativo fu indubbiamente importante per Maria e Gesù e di certo c’è una ragione se fu scelta da Dio per essere la madre della Mamma Celeste.

Barbara Fioravanti