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Tag: Duomo

Nomine in diocesi: don Andrea Falcinelli a Serra de’ Conti, don Davide Barazzoni a Senigallia

Il vescovo di Senigallia Franco Manenti ha nominato don Andrea Falcinelli vicario parrocchiale a Serra de’ Conti, Piticchio, Montale e San Ginesio che inizierà il suo nuovo servizio dal 1 settembre 2025. Ha nominato altresì don Davide Barazzoni vicario parrocchiale del Duomo, Grazie, Porto e Roncitelli, anche in questo caso dal prossimo 1 settembre.

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Sisma 2016: incontro tra i vescovi e il commissario Castelli, presente anche mons. Manenti

Roma, 23 luglio 2024: incontro con Cei per ricostruzione luoghi di culto danneggiati da sisma con mons. Giuseppe Baturi, Guido Castelli ed i vescovi – (Foto Calvarese/SIR)

È tornata a riunirsi il 23 luglio la Consulta per i beni culturali di interesse religioso (sisma 2016). All’incontro, che si è tenuto presso la sede della CEI di Circonvallazione Aurelia 50, hanno partecipato il Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana, Mons. Giuseppe Baturi, il Commissario Straordinario del Governo per la riparazione e la ricostruzione dei territori interessati dal sisma 2016, Sen. Guido Castelli, il Soprintendente Speciale per le aree colpite dal sisma del 24 agosto 2016 (Mic), Dott.ssa Claudia Cenci, i Vescovi o loro rappresentanti di 19 Diocesi interessate dal terremoto e fr. Francesco Piloni, ministro della Provincia dei Frati Minori dell’Umbria. Tra i partecipanti, anche il vescovo di Senigallia Franco Manenti.
“Ci ritroviamo insieme, ad un anno di distanza, attorno allo stesso tavolo, per fare il punto sulla situazione attuale e individuare prospettive di futuro per i nostri territori: alla gratitudine per la disponibilità all’ascolto e al confronto, in un clima di collaborazione e fiducia, si aggiunge la consapevolezza di dover continuare a impegnarci per dare risposte concrete alle comunità che ancora mostrano le ferite del sisma”, afferma il Segretario Generale della CEI.
“Ringrazio la Consulta e Monsignor Baturi, in particolare, per questa nuova, utile, occasione di confronto e aggiornamento avvenuta in un clima collaborativo. Lo spirito costruttivo che muove tutti noi per restituire i luoghi di culto presenti nell’Appennino centrale alla comunità dei fedeli sta producendo risultati positivi, che spingono a proseguire e insistere. Rispetto ai 1.251 interventi complessivi previsti, infatti, è stato avviato il 90% delle opere. Inoltre, il 56% delle 165 conferenze permanenti dei servizi dedicate ai luoghi di culto è avvenuto negli ultimi 12 mesi. Segnali che confermano come il cambio di passo impresso alla ricostruzione cominci a far sentire i suoi effetti in modo sensibile”, sottolinea il Commissario Castelli.
Composta dalla Conferenza Episcopale Italiana, dai Vescovi delle Diocesi colpite dal terremoto del 2016, dal Commissario Straordinario del Governo e dal Ministero della Cultura, la Consulta rappresenta uno strumento di confronto per affrontare e risolvere congiuntamente le questioni relative alla ricostruzione dei beni culturali di interesse religioso. Gli interventi ancora da avviare sono scesi al 10,6%, mentre sono aumentati, rispetto allo stesso periodo del 2023, gli interventi in corso raggiungendo quasi il 10%. I progetti approvati relativi agli interventi previsti per gli edifici di culto sono prossimi alla metà (46%); quelli conclusi rappresentano oltre il 13% del totale.

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Paolino da Nola e la Trinità

San Paolino da Nola, il Santo Patrono di Senigallia, viene tradizionalmente celebrato il 4 maggio, poiché in quella data era già ricordato il precedente Patrono, San Paolino I vescovo, ma la data in cui la Chiesa Cattolica omaggia il Santo nolano è il 22 giugno, il giorno successivo al solstizio d’estate.

La Trinità con San Paolino e Santa Maria Maddalena, Domenico Corvi, olio su tela, XVIII secolo, Cattedrale di Senigallia

Questa ricorrenza ci permette di cogliere l’occasione per parlare di un’importante opera pittorica collocata nel Duomo della città di Senigallia in cui la figura di San Paolino da Nola è stata magistralmente rappresentata. Nella quarta cappella della navata di sinistra della cattedrale senigalliese, dedicata a San Pietro apostolo, è conservata la grande tela del pittore viterbese Domenico Corvi (1721-1803), in cui sono raffigurati, in dolorosa contemplazione del Cristo morto, Santo Paolino e Santa Maria Maddalena.

Domenico Corvi, del quale nel 2021 sono stati festeggiati i 300 anni dalla nascita, è stato un pittore italiano degno di nota, allievo del maestro Francesco Mancini, quest’ultimo molto stimato dai suoi contemporanei come uno dei migliori pittori barocchi e rococò della sua epoca, tanto da essere accolto tra i membri dell’Accademia di San Luca, alla quale venne ammesso anche il Corvi il 9 novembre del 1756, e dell’Accademia di Belle Arti e Letteratura dei Virtuosi al Pantheon.
Domenico, dopo aver ottenuto importanti lavori a Roma, per Palazzo Borghese, Palazzo Doria Pamphili e Palazzo dei Conservatori, nella seconda metà del 1700 spostò la sua attività nelle Marche per rispondere alle numerose committenze del Conte e Cardinale Bernardino Antonelli. Tra queste nel 1773 dipinse quella che è possibile considerare forse la sua più bella pala per la Chiesa dei Conti Antonelli presso il loro palazzo, oggi Palazzo Antonelli Augusti Castracani, a Trecastelli.

L’olio su tela senigalliese, ospitato nel Duomo dell’architetto Paolo Posi, è una pala d’altare di grandi dimensioni in cui compare San Paolino da Nola rappresentato, a figura intera, come un uomo anziano vestito con il piviale dorato, l’ampia veste liturgica di stoffa pregiata, e alcuni degli oggetti simbolici del suo ruolo di vescovo: la mitra, il copricapo alto e rigido di forma pentagonale utilizzato durante le celebrazioni, il pastorale, o vincastro, il bastone dall’estremità ricurva e riccamente decorata, e la croce pettorale.
Accanto al Santo Patrono troviamo un putto seduto a terra e Santa Maria Maddalena, raffigurata nel gesto di genuflettersi e baciare, affranta dal dolore, un piede del Cristo morto.
Sopra i due santi il Corvi colloca la Trinità. L’intera scena è osservata dall’alto da cinque serafini mentre due angeli aprono il cielo e altri due trasportano, su di una grande nuvola, verso la colomba, simbolo dello Spirito Santo, il corpo cinereo del Cristo sorretto da altri due angeli, dai tratti femminili, e dal Padre Eterno. Quest’ultimo poggia un gomito su un grande globo e tiene in mano una sorta di scettro, a indicare l’Universo e il potere sul creato. 

Marco Pettinari

Il fonte battesimale in Cattedrale

All’interno della Cattedrale di San Pietro Apostolo di Senigallia, nella prima cappella di sinistra, è collocato, sopra il fonte battesimale scolpito da Silvio Forlivesi di Lugo, un dipinto murale del noto pittore e decoratore bolognese Achille Casanova.

La cappella, inaugurata nel 1892 e realizzata dall’architetto bolognese Edoardo Collamarini, oggi celebre per aver curato la parte artistica e architettonica del restauro della Cattedrale di Bologna e per aver progettato il Santuario della Madonna del Sangue della Diocesi di Novara, è illuminata dai meravigliosi dipinti di Achille Casanova (1861-1948), primo tra tutti la tempera su muro del 1896 raffigurante il Battesimo di Gesù Cristo.

Battesimo di Gesù Cristo, Achille Casanova, 1896, tempera su muro, Cattedrale di San Pietro Apostolo, Senigallia

L’opera, di grandi dimensioni, alta più di 2 metri, ci mostra Gesù, coperto solo in vita con le mani giunte e il capo chino, nell’atto di ricevere il battesimo da San Giovanni Battista nel fiume Giordano, mentre dal cielo compare, perfettamente al centro del dipinto e in conformità col racconto evangelico (Marco 1,9-11), la colomba dello Spirito Santo, che inonda i due protagonisti di luce divina.

In quei giorni Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, uscendo dall’acqua, vide aprirsi i cieli e lo Spirito discendere su di lui come una colomba. E si sentì una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto».

La figura di San Giovanni Battista, o San Giovanni Decollato in ricordo del suo martirio, è perfettamente riconoscibile anche grazie ad alcuni tipici attributi iconografici legati al santo, che ritroviamo nell’opera: il vestito di pelli, la ciotola per l’acqua, retta con la mano destra, e una croce di canne molto lunga ed esile che termina con un cartiglio in cui compare la frase “ECCE AGNUS DEI”, l’incipit delle parole evangeliche pronunciate da Giovanni Battista all’indirizzo di Gesù, “Ecce agnus Dei, ecce qui tollit peccatum mundi”.

Del pittore bolognese Achille Casanova sono anche i tre dipinti murali collocati nelle lunette della volta, realizzati sempre nel 1896, in cui sono rappresentati San Giovanni Evangelista, con in mano il libro delle Sacre Scritture, la Madonna immacolata, nella lunetta centrale sopra il Battesimo di Gesù Cristo, e il ritratto di Papa Pio IX, che venne qui in Duomo battezzato nel giorno stesso della nascita, il 13 maggio 1792, dallo zio canonico Angelo Mastai-Ferretti.

Marco Pettinari

La nostra storia guardata in faccia

La Cattedrale e il Palazzo Episcopale della Diocesi di Senigallia

A distanza di circa un secolo si è tornati, dopo i lavori di restauro seguiti al terremoto che nel 1930 ha colpito Senigallia, a intervenire sulle facciate della Basilica Cattedrale di San Pietro Apostolo e del Palazzo Episcopale, il cui piano nobile accoglie dal 1992 la Pinacoteca Diocesana d’Arte Sacra.

Il Palazzo Episcopale, realizzato dall’architetto senese Paolo Posi in uno stile che anticipa l’architettura neoclassica, presenta una facciata scandita da due ordini principali di finestre interposte da un mezzanino, incorniciate da elementi in pietra d’Istria e, in corrispondenza del piano nobile, sormontate da timpani piuttosto pronunciati.
Al centro della facciata troviamo un grande e solenne portale ad arco, con sovrastante trabeazione e balcone, sorretti da massicci pilastri in stile dorico, anch’essi in pietra d’Istria.
In corrispondenza del balcone possiamo inoltre notare che il finestrone è sormontato da un timpano arcuato, mentre l’arco dell’ampio portale d’ingresso del palazzo porta in chiave lo stemma del cardinale vescovo di Senigallia Bernardino Honorati, che inaugurò l’intero complesso il 4 luglio 1790.

La facciata del Duomo, in stile neoclassico, la cui ultima manutenzione è avvenuta in occasione del Giubileo del 2000, si mostra con un primo livello di semicolonne e paraste doriche, che si innalzano da un vasto basamento, sormontate da un’ampia trabeazione lapidea e da semicolonne ioniche, incorniciate da imponenti volute laterali, da un cornicione e da un timpano sommitale recante lo stemma di Papa Pio IX.
La cattedrale ha tre porte lignee di ingresso, incorniciate da portali in pietra arenaria, e quello centrale di maggiori dimensioni è timpanato e allineato con una grande finestra rettangolare incastonata nella porzione superiore della facciata.

L’intera esecuzione delle varie fasi di restauro, condotte sotto la vigilanza e con l’approvazione del Ministero della Cultura, sono state eseguite da maestranze specializzate e da una ditta edile qualificata, affiancata da un’impresa di restauratori esperti. L’indagine preliminare, eseguita dall’ing. arch. Stefania Copparoni, che ha poi diretto i lavori, ha fatto luce sul precedente intervento della prima metà del ‘900, rivelando come alcune porzioni ed elementi degli edifici, anche decorativi, siano stati ripristinati mediante l’impiego di malte a base cementizia.

Gli elementi lapidei presenti nel complesso monumentale sono risultati affetti dalla presenza di patine dovute al deposito di polveri, al dilavamento e, in alcune parti, alla presenza di elementi biotici.
Le superfici intonacate della basilica sono risultate, in fase di indagine, per la maggior parte in buone condizioni conservative, anche se pure qui presenti alcuni fenomeni di dilavamento e di distacco, mentre il paramento in laterizio della facciata dell’Episcopio si è rivelato in discrete condizioni, necessitando soltanto di operazioni di pulizia superficiale, fissaggio di parti incoerenti e stuccatura.
È possibile dunque configurare entrambi gli interventi nella fattispecie della manutenzione ordinaria, trattandosi, tanto per il Duomo quanto per il Palazzo Vescovile, di operazioni di pulitura e trattamento superficiale dei manufatti.

Marco Pettinari

Arte che racconta: San Sebastiano e la Senigallia del 1600

Sebastiano nacque a Narbona, in Francia, nel 256 e dopo essere stato educato e istruito ai principi della fede cristiana a Milano, si spostò a Roma dove, entrato nella cerchia militare dell’imperatore, divenne prima alto ufficiale dell’esercito e poi capitano dei pretoriani, ossia dei soldati che costituivano la guardia del corpo degli imperatori romani.
Nonostante la sua alta posizione, forte dei propri principi di fede, Sebastiano iniziò ad assistere i carcerati cristiani, a occuparsi della sepoltura dei martiri e a diffondere il Cristianesimo fra i funzionari e i militari. Venuto a conoscenza dell’operato del capitano delle sue guardie, l’imperatore Diocleziano lo convocò e, dopo averlo fatto denudare e legare a un palo sul colle Palatino, lo diede in bersaglio agli arcieri di Mauritania.Si narra che Santa Irene, la notte successiva all’esecuzione, andata a prelevare il corpo di Sebastiano per dargli una degna sepoltura, lo trovò ancora vivo e dopo averlo portato nella sua casa lo guarì.
Tornato in salute Sebastiano decise di non fuggire dalla città ma di aspettare l’imperatore sulla gradinata dove era solito passare, per testimoniare a Diocleziano, attraverso le cicatrici delle frecce sul proprio petto, la grandezza del Dio Cristiano. L’imperatore però, convinto che il suo primo ordine non fosse stato realmente eseguito, lo fece condurre nell’ippodromo e uccidere a colpi di daga. Il corpo venne poi gettato in una cloaca. Era il 20 gennaio del 288.


Madonna con Bambino, San Carlo Borromeo e San Sebastiano, ambito marchigiano, olio su tela, secolo XVII (1600 – 1649), Pinacoteca Diocesana Senigallia

Ricordiamo la figura di San Sebastiano, il santo patrono dei sofferenti e protettore dalle epidemie, analizzando una interessante opera di ambito marchigiano del XVII secolo, conservata presso la Pinacoteca Diocesana di Senigallia, in cui l’artista ha dipinto la Madonna in trono con Gesù Bambino tra San Carlo Borromeo, la cui iconografia è già stata trattata in un precedente articolo, e San Sebastiano, rappresentato così come l’iconografia classica lo ha portato dentro all’immaginario occidentale, ovvero legato a un palo, denudato e trafitto da decine di frecce. 

Nell’olio su tela, collocato all’interno della galleria d’Arte Sacra, troviamo raffigurata al centro della scena la Madonna, seduta su un trono di nubi e circondata da un cielo dorato con quattro angeli, con in braccio Gesù Bambino che porge la corona a San Carlo Borromeo, uno dei principali protagonisti della Controriforma cattolica. La Vergine rivolge invece il proprio sguardo a San Sebastiano al quale dona la foglia di palma, simbolo del martirio. 
San Sebastiano, dipinto secondo l’iconografia tradizionale ma con un tronco d’albero invece di un palo, denudato delle proprie vesti, con le mani legate dietro alla schiena e tre frecce che gli trafiggono il corpo (una alla spalla, una al petto e una terza alla coscia), guarda con grande dignità la Madre di Cristo. 

La particolarità di quest’opera, oltre alla presenza in basso a destra della committente, purtroppo a noi ignota, è la rappresentazione, tra San Sebastiano e San Carlo, della città di Senigallia così come poteva essere ammirata da un abitante del 1600. In primo piano è infatti riprodotto, sulla sponda del fiume Misa, un lavatoio e subito dietro le mura interne della cinta muraria pentagonale a bastioni e baluardi realizzata nel XVI secolo. 
Nel dipinto è anche possibile osservare l’antico Duomo di Senigallia, costruito con l’importante contributo di Giovanni della Rovere, nipote di Papa Sisto IV e Signore della città dal 1474, collocato a ridosso delle mura sull’attuale Corso 2 Giugno, all’incirca all’altezza dell’odierna Piazza Doria. 

Marco Pettinari